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L’Iva aumenta ma il Ministero della Difesa non bada a spese. Nuovi investimenti in vista

Sarebbe bastato un miliardo di euro per impedire, almeno per il momento, l’aumento dell’Iva. Gli stessi soldi che servivano per proseguire negli acquisti di armamenti. La tassa è aumentata come sono stati effettuate anche le spese pazze della difesa. E nei prossimi anni si prevede un aumento di spesa ancora maggiore.

 

Il tutto è avvenuto con due provvedimenti del Governo Letta. Che di fatto hanno blindato con sue decreti legislativi una spesa extra in nuovi sistemi militari per un totale di 975 milioni di euro: elicotteri, aerei, apparati elettronici per l’Esercito.

A chi sono andati i soldi? Tutti ad aziende di Finmeccanica che hanno prodotto gli acquisti:

Agusta, Selex, Alenia Aermacchi. L’esecutivo ha sottolineato che c’è un prioritario interesse pubblico nella realizzazione di questi programmi. E tutto questo non è l’unico provvedimento in lavorazione.

Nel mese appena trascorso la corsa alle armi sembra avere subito un’accelerazione improvvisa. Stando alle indiscrezioni pubblicate da L’Espresso il governo è pronto a firmare i contratti per altre due fregate Fremm con un costo di circa un miliardo. La Marina ne ha ordinate sei.

C’è di più: il ministro della Difesa Mario Mauro sta sponsorizzando un nuovo aereo da addestramento dell’Aermacchi l’M 345. La scorsa settimana ne ha annunciato persino l’adozione da parte delle Frecce Tricolori. Iniziative per le quali mancano le certezze. Mentre lo schema dei due decreti legislativi è stato già inoltrato alla presidenza di Montecitorio.

Gli atti sono stati già firmati da tre ministri: quello dello Sviluppo economico, Flavio Zanonato; quello dell’Economia, Fabrizio Saccomanni, e quello della Difesa. In pratica funziona così: i militari scelgono, lo Sviluppo Economico paga e Saccomanni autorizza perché “non derivano effetti peggiorativi sui saldi di finanza pubblica”.

E’ una richiesta dei generali che fa nascere l’esigenza di comprare armi. Il 4 giugno hanno messo tutto nero su bianco partendo da urgenza e priorità. Con alcuni programmi da finanziare con i fondi stanziati dalle leggi speciali varate prima della crisi. Si tratta dell’acquisto degli elicotteri Agusta AW-101 per il Combat Sar dell’Aeronautica: 15 velivoli d’ultima generazioni per le missioni di soccorso armato dei piloti caduti dietro le linee nemiche.

L’Italia finora non si era mai trovata in questa situazione: quando nel 1991 venne abbattuto sull’Iraq il cacciabombardiere degli ufficiali Cocciolone e Bellini nessuno ne tentò il recupero.
Nel 1992 in Bosnia un Mig jugoslavo distrusse un aereo da trasporto italiano, ma non ci furono superstiti. E oggi in teoria i nuovi elicotteri non dovrebbero occuparsi di intervenire in aiuto di naufraghi o in calamità naturali: la competenza per queste operazioni infatti non è più delle forze armate, anche se non è ben chiaro a spetta questa missione. Ora i due decreti prevedono di spendere 408 milioni di euro solo per la terza trance del contratto degli elicotteri AW-101, in tante rate fino al 2027. Nella nuova ondata di fondi statali ci sono poi i nuovi addestratori avanzati Alenia Aermacchi M-346: aviogetti per la formazione dei piloti militari, considerati tra i migliori al mondo: li ha acquistati pure Israele e sono in valutazione anche da parte degli americani.

L’Italia volle comprare quindici aerei. Il nuovo decreto ha finanziato il secondo lotto con 160 milioni di euro. Le previsioni però sono chiare: si prevede di pagare 9 milioni il prossimo anno, 60 milioni nel 2015 e altri 25 nel 2016. Vista la difficoltà per trovare questi soldi, non si capisce come farà il ministro Mauro a far passare i contratti per un altro modello di addestratore, il più piccolo M-345 progettato dalla stessa azienda lombarda. Ben 307 milioni finiranno a Selex per la terza fase del programma Forza Nec, ossia la digitalizzazione dell’Esercito. Si tratta di creare il “soldato futuro”: dotare i fanti di gadget tecnologici come mirini, visori, sistemi di interconnessione satellitare. Materiali interamente progettati dall’azienda di Finmeccanica, anche se finora la messa a punto dei congegni ha incontrato parecchie difficoltà.

Alcuni dei prodotti made in Italy non hanno superato i test operativi ed è stato necessario sostituirli con apparati comprati all’estero. E molti sono scettici sulla possibilità di costruire complessi così sofisticati senza una cooperazione internazionale: gli investimenti rischiano di non portare a risultati convincenti e non imporsi sui mercati. Non sarebbe la prima volta che i fondi del governo si trasformano in meri sussidi alla ricerca di Finmeccanica o si traducono in macchine che non vengono esportate.

Ci sono casi clamorosi come i carri armati Oto Melara Ariete – prodotti in soli 200 esemplari a fronte di investimenti colossali – e le autoblindo Puma – di fatto in gran parte rottamate dopo gli attentati in Afghanistan. Infine 100 milioni andranno sempre a Selex per il secondo stadio dello sviluppo del Sicote: un software per il controllo del territorio e il supporto alle indagini ad uso dei carabinieri, che sono parte delle forze armate. Il Sicote dovrebbe permettere di aggregare ed elaborare in chiave territoriale le informazioni raccolte dall’Arma.

Inizialmente era stato approvato con una dominante funzione anti-terrorismo, ma adesso si pensa di farne uno strumento per la lotta e la prevenzione della criminalità. Il problema fondamentale resta quello del “prioritario interesse pubblico” per questi programmi.