Putin ha predetto la nascita dell’ISIS nel 1999
Vladimir Putin aveva predetto la nascita dello Stato Islamico già nel lontano 1999, come dimostra questa video intervista. Fu rilasciata alla vigilia del passaggio di poteri con Boris Eltsin alla Presidenza della Russia. Ecco l’incredibile profezia.
ISIS, o lo Stato Islamico dell’Iraq e della Siria (Daesh) non è un fenomeno nuovo.
Si tratta di un culto salafita-jihadista, appoggiato dallo stato saudita e finanziato con dollari USA.
Si prefigge determinati obiettivi di politica estera che sono in larga parte alla luce del sole, come dimostrano gli ultimi avvenimenti.
La Russia ha già combattuto contro il suo predecessore, Al Qaeda.
Entrambe le guerre cecene degli anni 1990 sono state finanziate e sostenute da Arabia Saudita e Stati Uniti.
È stato provato come alcune ONG abbiano contrabbandato rifornimenti ai ribelli ceceni. A costo di centinaia di migliaia di vittime su entrambi i lati del conflitto.
IL PASSAGGIO DI CONSEGNE TRA ELTSIN E PUTIN
La vigilia di Capodanno del 1999, Vladimir Putin avrebbe ereditato la presidenza russa. E con essa, un paese molto danneggiate e stanco, visto che il presidente uscente, Boris Eltsin, non aveva il physique du rôle per governare un territorio così vasto e complicato come la Russia.
È del tutto evidente che il lavoro di Putin è iniziato molto prima del suo incarico presidenziale.
Nel 1990 e nei primi anni del 2000, la Russia è stata afflitta da orribili attentati terroristici (Beslan, Nord-Ost, ecc), che sua media occidentali venivano propagandati come atti da parte di ceceni che combattevano in nome e per la libertà.
Se i ribelli avessero prevalso, Putin prevedeva una vasta perdita di territori della Russia e la possibilità che nascesse un vero e proprio Stato islamico.
Ecco perché, con il senno di poi, i risultati della nuova geopolitica di Putin furono eccezionali.
Non solo il governo russo ebbe successo nella campagna militare, nonostante un’economia che all’epoca era in rovina; ma il Presidente fu anche in grado di ricucire i legami con i leader ceceni, che oggi si oppongono strenuamente all’Islam radicale.
Da questa esperienza nasce la decisione di Putin – attuale e del tutto logica – di impegnarsi nella campagna siriana.
LA STRATEGIA GEOPOLITICA DI PUTIN
La Russia ha tagliato le entrate dell’ISIS – su tutte l’estrazione illegale di petrolio, che l’alleanza occidentale invece permetteva – e interrotto il frazionamento della Siria.
Questa strategia ha frenato l’espansione di uno Stato islamico estremista, con l’auto-proclamata capitale dell’ISIS a Raqqa.
Ricordiamo che il programma di allevamento jihadista in Siria era pressoché identico a quello in Cecenia.
Avendo pagato un prezzo molto alto nel 1990 e nel 2000, la Russia ha deciso che non vorrà mai più combattere i jihadisti sul proprio suolo. Meglio prevenire questa ipotesi, che curare le ferite, com’è invece costretta a fare l’Europa.
Quella stessa Europa che, anziché sostenere le azioni russe in Medio-Oriente, continua la cieca politica delle sanzioni.
Gli attentati sul suolo europeo sono una conseguenza di questa politica, che risponde agli attentati con le fiaccolate.