Chi ha paura della seconda religione del Paese? Luci e ombre dell’Islam in Italia
Secondo i dati 2012 riportati dalla Caritas, l’islamismo è in costante e forte crescita al punto che quasi il 33% della popolazione italiana è di religione musulmana. Una situazione complessa – per via della forma mentis diversa rispetto a quella occidentale – e controversa, al limite dell’intollerabilità al punto che, nella maggior parte dei casi, sfocia in islamofobia. L’ombra più pesante che la religione musulmana si porta addosso è l’aspetto legato al terrorismo: secondo la Relazione annuale 2012 dei DIS, il rischio in Italia cresce in relazione alla crisi economica. Intanto la paralisi è anche politica con proposte di legge abolite ed altre due ddl ferme in Parlamento.
Mancano 10 giorni alla fine del mese sacro del Ramadan che impone il mufti, ovvero il digiuno arabo. Ce lo racconta uno dei tanti giovani musulmani che lavorano come vu cumprà sulle spiagge italiane. In questi giorni di solleone, come lui, molti altri venditori ambulanti camminano sulle coste italiane senza poter né bere e né mangiare. Il rischio malori è alto, soffrono per la penitenza, contano i giorni dalla fine dell’astinenza ma, nonostante tutto, resistono perché il Ramadan è sacro e lo si fa come sacrificio per Allah: fino al tramonto nessun musulmano deve bere, deve mangiare, potrà fumare o consumare rapporti sessuali.
ISLAMISMO, SECONDA RELIGIONE IN ITALIA – Stando agli ultimi dati ufficiali resi noti nel Dossier Statistico Caritas Migrantes 2012 n.XXII, il numero dei cittadini italiani di religione musulmana è nettamente cresciuto al punto che, l’islamismo è la seconda religione d’Italia. Al primo posto ci sono i cristiani con il 53,9%, subito dopo i musulmani – 32,9%, a seguire gli ebrei – 0,1%. Considerando che, però, i cristiani si dividono tra un 29,6% di ortodossi e 19,2% di cattolici, la percentuale di musulmani del Bel Paese è davvero in escalation ed è relazionata all’aumento dell’immigrazione. Una massiccia presenza che si quantifica in un numero di 700/ 800 mila musulmani italiani e che le Istituzioni non possono continuare ad ignorare.
MASCHILISMO ISLAMISTA E I MARTIRI SUICIDI – Bisogna prendere coscienza che l’islamismo, seconda religione più diffusa in Italia, ha delle norme e delle credenze che differiscono dal modus operandi occidentale. Uno dei cardini principali della religione islamica è l’organizzazione maschilista della società. Lo dice il Corano e così ci si comporta: “Ammonite le donne di cui temete l’insubordinazione, lasciatele sole nei loro letti, battetele” (Sura 4;34). Le restrizioni continuano in un passo che da manforte all’obbligo, per le donne islamiche, del velo o del burqa: “E di alle credenti di abbassare i loro sguardi e di essere caste e di non mostrare dei loro ornamenti se non quello che appare” (Sura 24;31).
Altro principio importante nell’islamismo è lo spirito di sacrificio del credente, uno spirito così spiccato che può manifestarsi in atti di terrorismo. Un capitolo delicato è appunto quello dei martiri suicidi che, nel gergo, sono gli shahid o kamikaze, secondo l’accezione occidentale. Il martire suicida è colui che decide di imolarsi per la Jihad, ovvero per la guerra santa in nome di Allah. In realtà, Corano alla mano, Allah non ha mai parlato di una guerra in nome della religione e così il kamikaze è il prodotto di una distorsione religione che si trasforma in un guerriero attivo: “Combattete sulla via di Dio, coloro che vi combattono ma senza oltrepassare i limiti, chè Dio non ama gli eccessi” (Sura II;90).
ISLAMOFOBIA IN ITALIA – La paura dello straniero, tanto più se è un musulmano, in Italia è in crescita. Lo testimoniano anche siti ufficiali come Islamitalia.it che spiegano il riformismo islamico, l’esegesi del Corano e l’islamologia. Nonostante tutto, a livello d’Intelligence non si abbassa la guardia: secondo i dati trasmessi dai DIS – Dipartimento Informazioni per la Sicurezza – l’allerta terrorismo in Italia è alta. Nella Relazione Annuale sulla Politica dell’Informatica per la Sicurezza del 2008 si accennava a focolai innocui di musulmani fanatici e tenuti facilmente sottocontrollo perché “jadista fai da te”. La situazione è cambiata nel giro di poco: nella Relazione 2011 l’allerta è diventato un allarme: non più un alone terrorist, bensì gruppi di shahid organizzati in modo radicato su tutto il territorio.
In Italia il rischio è alto: la sezione UCIGOS antiterrorismo della Digos di Cagliari, ha sventato la più importante operazione di terrorismo. L’Operazione Niriya ha fatto emergere un entourage di 10 persone tutte italiane e incensurate – dal professore di Lettere in un Liceo Classico, fino all’operaio ventottenne – e convertite all’islamismo pronte per imolarsi per la loro ‘guerra santa’ nel nostro Paese.
Nell’ultima Relazione 2012 si evidenzia soprattutto la presenza di black-hat o cyber-criminali, quelli che si avvalgono del web per far passare il messaggio qaidista. Ecco perché la diffusione spiccata del terrorismo, che si rafforza grazie alla crisi economica e al senso di disperazione diffuso.
LA POLITICA ITALIANA E LA XENOFOBIA ISLAMICA – La società italiana sta cambiando, le coordinate geopolitiche anche. Eppure i governi restano in fase di stallo sul tema delle diversità religiose. Che sia una paralisi volontaria o no, certo è che nessuna legislatura si è veramente interessata a regolamentare la massiccia presenza delle comunità islamiche nel Paese. Non immune il Governo Letta che, dopo gli ultimi episodi di razzismo contro il Ministro delle Politiche Giovanili Cécile Kyenge, si è limitato a dire:“Da oggi in Italia più nessun figlio di serie B”, parole pronunciate all’indomani dell’approvazione, da parte del Consiglio del Ministri, di un decreto legislativo in materia di filiazione. Nessuna differenza tra figli legittimi e illegittimi. Nessuna considerazione, però, i figli dei Paesi Islamici che, ancora oggi, non possono essere accolti nelle famiglie italiane perché non c’è stata la ratifica della Convenzione sulla protezione dei minori fatta a l’Aja il 19 ottobre 1996 , nonostante ci siano due DDL sui problemi di filiazione bloccate in Parlamento. In questo modo il Governo Letta-Alfano non si distingue dalla chiusura precedente del duo Maroni-Berlusconi.
Ma non solo, tante sono state le proposte di legge per regolamentare il rapporto tra la crescente presenza di musulmani in Italia e lo Stato italiano: il ddl presentato l’11 giugno 2008 dal senatore Cossiga ripresa qualche mese dopo, ed arricchita con uno Statuto Provvisorio per i musulmani italiani, dal deputato Renato Farina.
Eppure la xenofobia islamica parte proprio dall’interno: nell’editoriale sul Corriere della Sera, il politologo Giovanni Sartori ha lanciato un messaggio forte condannando il processo di: “italianizzazione rapida di chi – bene o male – si è accasato a casa nostra”. In più distingue tra due sentimenti diffusi: la xenofobia e la xenofilia – ammirazione per lo straniero e – molto diplomaticamente Sartori non condanna nessuno dei due. Repentina la risposta della CO.RE.IS – Comunità Religiosa Islamica Italiana che condanna la chiusura religiosa proprio dall’alto, atteggiamento che favorisce le ostilità e gli scontri.
Intanto a livello normativo bisogna regolarizzare la presenza di una comunità religiosa che sta sempre più prendendo piede in Italia.