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Codice identificativo sulle divise dei poliziotti: ecco la decisione del Governo

Il tema del codice identificativo sulle divise dei poliziotti continua a far discutere. Le forze dell’ordine sono in linea di massima contrarie all’utilizzo, mentre una parte dell’opinione pubblica è favorevole. A metterci una pietra sopra ci ha pensato il Governo, con una decisione che non passerà sotto silenzio, come scrive Adriano Biondi per Fanpage.

codice identificativo sulle divise dei poliziotti
Celerini della Polizia in assetto anti sommossa

È in discussione in questi giorni il decreto Minniti (Disposizioni urgenti in materia di sicurezza delle città), che reca le tanto dibattute norme che danno nuovi poteri ai Sindaci e stabiliscono le linee generali delle politiche pubbliche per la promozione della cosiddetta sicurezza integrata.

Nel corso dell’esame il Governo aveva presentato un emendamento che introduceva una modifica lungamente attesa: l’introduzione del codice identificativo sulle divise della polizia.

L’emendamento, accolto dalla solita coda polemica, è stato però immediatamente ritirato per “ragioni tecniche”.

LE RAGIONI DEL NO

Il sottosegretario Filippo Bubbico ha spiegato che alla base della decisione vi sarebbero “mere questioni tecniche”, promettendo di reinserire l’emendamento nel testo di legge quando il decreto approderà al Senato.

Va peraltro detto che non si sarebbe trattato neanche di un “codice personale”, dal momento che il numero sulle divise avrebbe permesso solo di risalire al reparto di appartenenza (che può essere composto anche da 40 soggetti) e che sarebbe stato un apposito decreto a stabilire i criteri generali sull’obbligo di utilizzo e sulle modalità generali di applicazione.

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Poliziotti in sfilata durante il 160° anniversario della festa della Polzia

IL CODICE IDENTIFICATI NON S’HA DA FARE?

Si sarebbe trattato di un primo passo, che avrebbe rappresentato un elemento di civiltà, oltre che di tutela stessa nei confronti degli stessi agenti. Per ora, invece, un nulla di fatto e un ennesimo rinvio, che ormai assume i contorni dell’atto di fede.

Come ha spiegato Bubbico in Aula:

“La volontà del Governo è introdurlo e nel proseguo del percorso di conversione del decreto sarà cura dell’Esecutivo agire perché quella norma possa essere inserita in questo provvedimento.”

In effetti della questione si discute ormai da anni e in più di una occasione non solo l’opposizione, ma parte della maggioranza ha fatto capire qual è la linea sull’argomento.