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La Camorra a Palazzo Chigi: arrestati due poliziotti in servizio alla Presidenza del Consiglio

L’avevamo scritto e documentato diversi anni fa: “Cosa dobbiamo aspettare prima di accorgerci che sono entrati a Palazzo?”. Gli arresti. Dovevamo aspettare gli arresti. Che, puntuali, sono arrivati: due poliziotti in servizio alla Presidenza del Consiglio sono accusati di avere avuto rapporti con la Camorra. Oramai lo Stato ha spalancato le porte di casa alle mafie…

Una notizia che dovrebbe campeggiare su tutte le prime pagine – per importanza, rilevanza e implicazioni sociali, economiche, politiche – viene nascosta all’interno del Corriere Fiorentino. Perché non faccia troppo rumore, non richiami l’attenzione, non spaventi i cittadini.

Come ha scritto Matteo Leoni, le indagini coordinate dalla Dda di Napoli hanno portato a 18 arresti, da parte delle squadre mobili di Firenze e Caserta. Il quadro emerso dalle attività investigative ha portato in cella “imprenditori campani trasferitisi da trent’anni in Toscana al servizio del clan dei Casalesi, per favorire le infiltrazioni della camorra in Versilia.”

E fin qui, purtroppo, una notizia come altre in passato sulle ramificazioni delle mafie, in tutta Italia, e in particolare nelle zone ricche e fertili.

Ma c’è un aspetto che sconcerta e getta pesantissime ombre sulle istituzioni: due degli arrestati, “finiti ai domiciliari con l’accusa di avere rivelato informazioni coperte da segreto istruttori”, sono “poliziotti in servizio alla Presidenza del Consiglio e alla camera dei deputati”.

La Camorra è entrata nelle porte del palazzo, non solo grazie a qualche onorevole troppo compiacente ma persino con uomini che dovrebbero impedire le infiltrazioni criminali.

Come può uno Stato combattere se stesso? Come diavolo è stato possibile lasciare che ciò avvenisse nel più totale disinteresse? E come mai questa notizia non campeggia sulle prime pagine dei giornali?