La storia segreta di Stella Rimington, la donna a capo del MI5
A volte la realtà riesce persino a superare l’immaginazione: ecco la storia segreta di Stella Rimington, la donna a capo del MI5, come racconta Paolo Bertinetti sul sito della Sicurezza Nazionale.
A partire da Casino Royale del 2006, e nei due successivi film di James Bond con Daniel Craig nella parte di 007, il capo dell’MI6 è una donna.
Al tempo, molti spettatori pensarono che la trovata fosse una strizzata d’occhio al pubblico femminile, una concessione alle posizioni di area seppur vagamente femminista, ma del tutto priva di verosimiglianza. Di più.
Non mancò chi considerò la cosa come un’offesa postuma a Ian Fleming, che aveva ritratto il capo dei Servizi come un tipico rappresentante della vecchia Inghilterra, un uomo ultra tradizionalista che incarnava la mentalità e i principi dell’ormai tramontato Impero Britannico.
Come immaginare che al posto di quell’uomo ci fosse una donna?
LA REALTÀ OLTRE L’IMMAGINAZIONE. DA NUOVA DELHI ALLE STANZE DEL POTERE DELL’MI5
Il fatto è che la produzione sapeva benissimo che per anni a capo dell’MI5 (seppure non a capo dell’MI6 da cui dipendeva Bond) vi era stata una donna, Stella Rimington.
Nel 2001 la Rimington, dopo essersi dimessa di Servizi e diversi anni prima che venisse girato il primo film con Daniel Craig, aveva scritto un libro di memorie, Open Secret, in cui raccontava la sua storia.
Nata a Londra nel 1935, a trent’anni si era stabilita in India con il marito, alto funzionario britannico a Nuova Delhi, e si era poi ritrovata ad essere la rappresentante in India dell’MI5. Dopo essere ritornata a Londra nel 1968, aveva chiesto di essere assunta in pianta stabile nei Servizi.
Così è stato. E per oltre vent’anni Stella Rimington ha lavorato nel settore del controspionaggio e in quello dell’antiterrorismo. Fin tanto che, nel 1992, è stata nominata Director-general dell’MI5.
La sua è una storia che, come a volte accade, andava al di là della più fervida immaginazione. I produttori dei film di Bond non avevano fatto altro che imitare la realtà.
AUTRICE DI ROMANZI, TRA FINZIONE E AUTOBIOGRAFIA
Nel 2004, qualche anno dopo la pubblicazione del libro di memorie, Stella Rimington diede alle stampe il suo primo romanzo di spionaggio, At Risk. Protagonista ne è l’agente Liz Carlyle, una donna di 34 anni.
La stessa età che aveva la Rimington quando venne assunta stabilmente nei Servizi. Il suo compito è quello di indagare su un complotto terroristico, il suo problema quotidiano è quello di contrastare il maschilismo dei suoi colleghi. Riuscirà in entrambe le cose.
Nel romanzo più recente, Close Call (2014), Liz ha fatto carriera, anche se non tanto quanto l’autrice. Ma è pur vero che sono passati soltanto dieci anni dal suo esordio, meno della metà di quelli trascorsi dall’assunzione di Stella Rimington a Londra e la sua nomina a capo dell’MI5.
In At Risk, scritto a ridosso e con in mente l’11 settembre, la minaccia è quella di un attentato terroristico di matrice islamica sul suolo inglese. Come sappiamo, questo è quanto poi accaduto a Londra nel 2005, l’anno successivo all’uscita del romanzo.
Forse non è azzardato rilevare come l’ovvia competenza in materia di attività controspionistica e antiterroristica che nei libri di Stella Rimington sta alla base della finzione romanzesca, in questo caso le abbia suggerito l’ipotesi di un evento che, tragicamente, si è poi realizzato da lì a breve tempo.
Naturalmente non può sorprendere che il romanzo successivo, uscito nel 2006, Secret Asset, di nuovo abbia come argomento la minaccia del terrorismo islamico. Questo, in ogni caso, è il problema fondamentale che le Agenzie di tutto il mondo occidentale devono affrontare. Non sempre purtroppo, con successo.
Stella Rimington non fa altro che registrare le connessioni, gli intrecci, le complicità, le diverse facce con cui si presenta l’attività terroristica promossa dal fondamentalismo estremista islamico.
In Riptide, un romanzo del 2011, il tema è quello delle ‘relazioni pericolose’ tra organizzazioni umanitarie, pirati somali e Jihad. Mentre in Close Call, per il momento il suo ultimo romanzo, uscito nel 2014, l’argomento è quello di un traffico d’armi destinate a gruppi jihadisti in Yemen e organizzato sul suolo britannico.
STELLA RIMINGTON E L’ATTUALITÀ (INQUIETANTE) DELLE SUE NARRAZIONI
Chissà se nel prossimo libro, dopo quanto è accaduto a Parigi e Bruxelles, vedremo Liz Carlyle collaborare con i Servizi francesi e belgi. Uno dei problemi cruciali, come abbiamo saputo dalle cronache degli ultimi mesi, è quello del mancato coordinamento tra le varie Agenzie o i diversi settori di una stessa struttura di Servizi.
Questo è un problema da cui non sono immuni neppure quelli britannici, dato che i rapporti tra MI5 e MI6 sono tutt’altro che idilliaci. Stella Rimington, com’è comprensibile, non mette in luce i contrasti tra le due organizzazioni con riferimento a eventuali operazioni di sicurezza mal riuscite.
La contrapposizione è invece presentata in modo più sottile e indiretto, attraverso l’esperienza della sua protagonista. Liz Carlyle incarna il tipo della donna abile e competente che lavora in un settore completamente maschile.
Deve essere doppiamente brava per essere considerata all’altezza dei colleghi maschi a cui, maliziosamente, sono a volte attribuiti quei difetti – il gusto per il pettegolezzo, una cura di sé dettata dalla vanità – dei quali in genere sono accusate le donne. Ma alla fine, tuttavia, nel “suo” MI5 il giusto riconoscimento arriva.
Peggiore è l’atteggiamento dominante nell’MI6, che quindi, in particolare agli occhi del vastissimo pubblico di lettrici della Rimington, appare meno apprezzabile e, se vogliamo, meno moderno.
Tant’è vero che la funzionaria dell’MI6 Peggy Kingsolving, che collabora con Liz nel corso di un’inchiesta, chiede di essere trasferita all’MI5. Lì le sue indubbie capacità potranno essere riconosciute e apprezzate e, quel che più conta, potranno essere utilizzate pienamente nel lavoro di intelligence.
Anche perché, se nella finzione lì ci lavora Liz Carlyle, nella realtà lì comandava Stella Rimington.