SAN GIULIANO DI PUGLIA/ 9 anni dopo, per non dimenticare
Oggi è 31 ottobre. Per molti, nel mondo occidentale, significa giorno di festa, maschere, dolcetto, scherzetto, zucche vuote. Halloween, la festa delle paure nascoste e non più celate. Ma oggi è anche 31 ottobre. Per alcuni, nel mondo occidentale, significa ricordare la tragedia di una scuola crollata sotto l’idiozia, l’imperizia e chissà cosa altro di uomini che non hanno avuto a cuore nemmeno la vita e il futuro dei propri figli. E che costringono a questo triste anniversario il Molise e l’Italia intera, che allora si mobilitò. Perchè quei 27 bambini e un’insegnante morti straziavano i cuori di tutto il Paese. E come troppo spesso accade, a partire dal terremoto dell’Irpinia, le tragedie si trasformano in enormi macchine da soldi. Il business della ricostruzione: cemento, rifiuti, terra, macchinari. San Giuliano di Puglia non ha fatto eccezione.
di Redazione Infiltrato.it
Proprio qualche giorno fa abbiamo pubblicato l’inchiesta su “LA CRICCA e LA P3/ Tutto cominciò a San Giuliano di Puglia. Con il terremoto e la ricostruzione…”. Un’operazione che “ha visto piovere, letteralmente, sul piccolo paese molisano la bellezza di 700 milioni di euro circa. Da allora San Giuliano è diventata una terra di sperimentazioni, i soldi arrivati sono stati tanti, e andavano spesi, e più si spendevano più la politica acquisiva forza e visibilità, e più la politica acquisisce forza e visibilità più si controllano i cittadini; questo in sostanza è successo in un piccolo lembo di terra, in cui si sono testati gli affari di quella che i giudici di Roma hanno definito come “una vera e propria cricca affaristica atta a far soldi sugli investimenti pubblici”.
La cricca, of course. Anzi, la Cricca. Rimbalzano i nomi di Verdini, Balducci, Anemone, Rinaldi, l’immancabile Flavio Carboni. E poi la P3, la massoneria, che è come una piovra, ovunque muove i suoi tentacoli. Anche a San Giuliano di Puglia.
I fratelli tutto “squadra e compasso” non se la sono sentita di restare fuori dalla corsa di solidarietà ai terremotati: cosa è accaduto, quindi? Nei giorni più caldi della tragedia c’è stato un incontro, “avvenuto proprio a San Giuliano con una delegazione composta dai Gran Maestri Aggiunti Massimo Bianchi e Mario Misul, dal Primo Gran Sorvegliante Saverio Mitidieri, dal Consigliere dell’Ordine (e membro di Giunta del Goi) Mauro Lastraioli, dal presidente del Collegio Circoscrizionale di Abruzzo-Molise Guerino Diomede, dal Fratello Guglielmo Di Burra, Maestro Venerabile della Loggia “Nuova Era” (771) di Campobasso e dal Fratello Agostino Presutti, della stessa Officina. Parliamo dei massimi vertici della massoneria legata al Grande Oriente.”
E nonostante questi, ed altri, aiuti la ricostruzione è ferma al palo, checchè ne dicano i vertici della politica regionale e nazionale. Certo, a San Giuliano siamo in dirittura d’arrivo (anche se molti si trovano ancora a dormire nelle casette di legno…) ma è il Molise che ha fallito. Il 23 Giugno del 2010 pubblicavamo un’inchiesta proprio sul Modello Molise e sul Modello Abruzzo, un confronto tra due ricostruzioni che prendono il peggio l’una dall’altra. Scrivevamo: “Si spera che il modello molisano non sia imitato anche in Abruzzo. In questi giorni, infatti, il presidente della Sezione di Controllo della Corte dei Conti regionale, Mario Casaccia, ha compilato una relazione non molto confortante, se si conta che di anni ne sono passati non due, ma più di sette. “Al momento sono state soddisfatte per il Molise esigenze pari a circa il 23% del totale previsto”. Senz’altro è vero che a San Giuliano il discorso è profondamente dissimile in quanto qui la ricostruzione è al 97%, ma i paesi coinvolti sono ben 83 comuni; 83 comuni su cui, pare, l’occhio del Commissario delegato e Presidente della Regione Michele Iorio non è caduto. A San Giuliano di Puglia, infatti, la scuola è stata ricostruita, scuola che è stata definita dal ministro Gelmini e dal premier Berlusconi “la più sicura d’ Italia”.
C’è da credergli a Berlusconi e alla Gelmini? C’era da credergli al Governatore molisano uscente, Michele Iorio, quando nel 2008 dichiarava:”L’emergenza è stata gestita in maniera esemplare e che San Giuliano di Puglia e gli altri comuni del cratere sismico stanno quasi concludendo i lavori della ricostruzione pesante a tempo di record rispetto alle altre esperienze d’Italia, non ultima quella del terremoto dell’Umbria e delle Marche che, a dieci anni di distanza, ha terminato la fase dell’emergenza ma non certo della ricostruzione”? Peccato che la Corte dei Conti, due anni dopo, lo abbia sonoramente smentito.
E nel 2010 persino Report si era interessata, nuovamente, a quel terremoto che procedeva con italica lentezza e presentava troppe ambiguità per non destare le attenzioni della stampa nazionale. Bernardo Iovene, l’inviato della trasmissione condotta da Milena Gabanelli, è venuto sul posto nel 2003, nel 2005 e nel 2010. L’ultima volta si è trovato di fronte una persona anziana, che si è limitata a dire: “Qua serve il mitra, ma non sappiamo a chi sparare.” Ne parlammo con Iovene, che si limitò ad una logica riflessione: “Se una persona arriva a dire questo, una persona onesta, vuol dire che è veramente alla disperazione, e qualcuno se ne dovrebbe assumere le responsabilità. Io ho trovato il Prete (Don Antonio Di Lalla, ndr), che è una persona meravigliosa, ma evidentemente non basta. Servirebbe che la gente prenda coscienza.”
E oggi? Ricorrenze, manifestazioni, fiori, qualcuno piangerà, altri canteranno per celebrare il triste anniversario. Arriverà certamente il professore di turno a ricordare che “per San Giuliano servono più soldi, almeno altri 300 milioni di euro”. Non sappiamo se questi denari pioveranno nell’area del cratere, ma di una cosa siamo certi: che da domani San Giuliano piomberà di nuovo nel suo silenzio mediatico e l’anno prossimo, per il decennale, si farà una grande festa. Mediatica, non certo popolare. Auguriamo a noi stessi di non cadere in questa trappola, che fino ad ora siamo riusciti ad evitare, e confidiamo nella bontà del tempo, ché lenisca dolori e ferite e aiuti a ricostruire quel tessuto sociale che da troppo tempo fatica a riprendere una forma compiuta. Come raggiungere l’obiettivo?
Non serve Nostradamus per capire che quell’area del Molise, così come L’Aquila, trarrebbero sicuramente giovamento da una gestione migliore dell’emergenza, che parta dalla condivisione del dolore e non dalla spartizione degli utili.