Storytelling su Lifestyle, Sport, Tech e Food

ARRESTO PERNA/ Isernia, il risveglio di una Procura in sonno

di Andrea Succi

Se ci sei batti un colpo. E, parafrasando Guido Meda, possiamo dire che “Albano c’è“. Il Procuratore della Repubblica di Isernia il colpo l’ha battuto. E che colpo. L’arresto di Tonino Perna è una perla giudiziaria da raccontare ai nipotini. Scurdammece o’ passat, quando la Procura di Isernia era diventata un porto delle nebbie che stroncava in toto il lavoro degli investigatori, e veniamo alla cura Albano. Il suo corso, iniziato col botto – il sequestro di parte della discarica di Tufo Colonoco (poi in realtà dissequestrata), gestita dall’imprenditore isernino Antonio Lucio Valerio – si era mediaticamente affievolito. Ma ora è chiaro a tutti che il Procuratore stava lavorando sott’acqua, immerso nei meandri dello scandalo finanziario “più importante, dopo quello della Parmalat”.

La definivamo una “Procura in sonno”, quella di Isernia, perchè – scrivevamo nel dicembre 2010 – “a parte qualche rom o figlio di papà arrestato per possesso di stupefacenti, le inchieste, il marcio da scoperchiare, i criminali da arrestare sono faccende ad uso e consumo – esclusivo – della Procura di Larino, che negli ultimi anni ci ha “deliziato” con ottime indagini.”

E invece stavano lavorando, eccome, per arrestare uno dei pesci più grossi, probabilmente lo Squalo per eccellenza, che nuotano nelle rarefatte acque molisane: Tonino Perna, l’ex sarto divenuto uno dei business man più conosciuti d’Italia per il suo impegno imprenditoriale nell’alta moda. Dalle stelle alle stalle, è proprio il caso di dirlo.

Dell’arresto di Perna, oramai, si sa praticamente tutto: accusa di bancarotta fraudolenta (si stima un danno erariale per 61 milioni di euro); appartamenti e yatch sequestrati per un valore di circa 20 milioni di euro, “per rientrare in parte dal buco finanziario” come specifica Albano; altre venti persone indagate, tra cui il commercialista Simone Feig, il manager Maurizio Negro e l’avvocato Antonio Di Pasquale.

L’indagine è stata lunga – rivela il Procuratore – perché siamo partiti dal 1997, anno del collocamento in Borsa di oltre 45 milioni di azioni, per un controvalore di 212 miliardi di lire. Basti pensare che dopo la Parmalat è la più importante operazione per reati finanziari condotta in Italia”.

Ne ha fatta di strada l’ex sarto Tonino Perna, cresciuto a pane e aghi e divenuto, in un batter d’occhio, l’erede di Calisto Tanzi. Sarà un onore? Ai posteri l’ardua sentenza. Ma quello che impressiona, al di là delle risultanze investigative e di quello che saranno gli sviluppi giudiziari, è il gran goal segnato dalla Procura di Isernia e dagli investigatori della Guardia di Finanza.

“L’unica vera inchiesta coordinata dalla Procura di Isernia negli ultimi anni, vale a dire Piedi D’Argilla, sapete cosa ha dimostrato? Che l’ex Procuratore, La Venuta, sarebbe stato in combutta – secondo le accuse – con “i cattivi”; che alcuni esponenti delle forze dell’ordine (qualcuno in passato ha fatto persino i nomi) sarebbero stati sulla stessa lunghezza d’onda di La Venuta; che l’unico “sbirro” degno di questo nome, Bandelli, ha dovuto subire angherie e ingiustizie fino a pagare con il trasferimento in altra sede, da Venafro a Foggia, e con diverse altre forme di mobbing ai limiti dell’insostenibile.”

Da quando c’è Paolo Albano, che prima di venire a Isernia è stato Procuratore aggiunto in quel di Santa Maria Capua Vetere, una delle Procure più calde d’Italia, la situazione sembra essere di gran lunga migliorata. Soprattutto dal punto di vista di chi quelle indagini le ha sempre svolte, ma si è poi ritrovato con il lavoro insabbiato, o lasciato a metà, o archiviato con troppa fretta. Perchè, cerchiamo di non dimenticarlo, i finanzieri (o chi per loro) che lavorano giorno e notte, spesso con mezzi indadeguati, mettendo a repentaglio persino i legami familiari pur di essere fedeli allo Stato, fino a qualche tempo fa – almeno ad Isernia – si ritrovavano con la pistola bagnata.

Colpire i deboli e chiudere due occhi sui potenti, questo sembrava essere il diktat giunto dall’alto. E invece, finalmente, pare che l’aria (giudiziaria) da rarefatta sia diventata frizzantina, pronta a far sentire il suo peso specifico anche sui signorotti in giacca e cravatta.

E se quando c’era da criticare l’operato della magistratura non ci siamo certo risparmiati, ora è il momento di fare un plauso a chi cerca di riacquistare la credibilità – un tempo perduta – agli occhi dei cittadini, colpendo il vero Potere, quello con la P maiuscola, quello che determina, molto spesso, anche le strategie politiche. Da ieri sappiamo che anche l’altissima finanza, se corrotta, non subirà sconti di alcun tipo. E già questo è un successo.