CROLLO JOVINE/ 10 anni dopo, le scuole sono ancora insicure e i colpevoli del disastro non hanno pagato
A San Giuliano di Puglia dieci anni dopo il crollo della Jovine il sindaco parla di ricostruzione della speranza, anche se le vittime di questa immane tragedia (ventisette bambini e una maestra) sembrano essere morti inutilmente. Su di loro hanno lucrato i politici che hanno chiesto finanziamenti per progetti assurdi dimenticandosi dei parenti ancora nelle baracche. La sicurezza nelle scuole resta una chimera proprio dove il ricordo dovrebbe essere vivo. Tutto questo accade anche perché nessuno dei colpevoli della tragedia della Jovine ha pagato col carcere questa tremenda imperizia.
di Viviana Pizzi
Dieci anni esatti, è il tempo trascorso dal sisma che sconvolse il Molise proprio il 31 ottobre 2002. Erano le 11.32 quando una scossa del 5.4 grado della scala Richter fece sobbalzare quasi tutto il territorio regionale. Forte si avvertì anche a Campobasso fino ai territori interni della Puglia e della Campania Sannita.
L’epicentro dov’è? Queste le prime domande di chi si affrettava a scendere le scale del proprio condominio con la paura addosso, con la certezza che un’altra scossa di quel genere avrebbe potuto provocare molte vittime. I telefoni erano bloccati, era praticamente impossibile comunicare anche con chi abitava a 500 metri dalla nostra casa. Poi un timido segnale di ripresa delle linee ed ecco che arriva la notizia.
La scossa più forte a San Giuliano, lì il terremoto aveva colpito il paese anche la notte prima. Ma di San Giuliano ce ne sono due in Molise (San Giuliano del Sannio e San Giuliano di Puglia). Per chi vive il terremoto da chilometri di distanza sapere quale è il paese esatto non è facile. Ci vuole più di un’ora, ma quando si sa che è San Giuliano di Puglia e che probabilmente è caduta la scuola elementare l’angoscia diventa forte.
Soprattutto per chi ha i parenti che lavorano lì e si trova ancora a Campobasso. Come sta mia si chiede la figlia di una maestra? Ci sono vittime? Queste gli interrogativi che si poneva chi ancora non arrivava sul luogo del crollo, una tragedia che assume quei connotati ora dopo ora. San Giuliano di Puglia è tutto lì, nei pressi della scuola Jovine crollata, dove per circa ventiquattro ore vigili del fuoco, carabinieri, polizia, protezione civile hanno fatto di tutto per salvare il salvabile, per tentare di strappare dalla morte quanti più bambini possibili. Ancora è vivo dentro gli occhi di tutti l’emozionante momento della salvataggio di Angelo e Pompeo, gli ultimi due scolaretti che sono usciti vivi dalle macerie della vecchia scuola Jovine. Altri ventisei insieme alla maestra Carmela Ciniglio non ce l’hanno fatta, i loro corpi straziati sono rimasti senza vita, ritrovati dove si erano recati dalla mattina presto per festeggiare Halloween ma soprattutto per compiere il loro dovere di cittadini. Il ventisettesimo si aggiunge alla lista delle vittime in una fredda notte di novembre, la notizia arriva direttamente dall’ospedale di Roma dove era ricoverato in gravissime condizioni. Più di un bambino ha subito danni permanenti da quel crollo, la sua condizione fisica non potrà mai permettere al ragazzo che è diventato oggi di dimenticare quelle ore sotto alle macerie. Tutte documentate nelle immagini di tv locali ma anche di emittenti giapponesi accorse per l’occasione, non capendo come una piccola scossa potesse distruggere una scuola.
DIECI ANNI DOPO E LA RICOSTRUZIONE NON È ANCORA COMPLETA
Oggi a dieci anni esatti è cambiato qualcosa? Certo la ricostruzione post sisma va avanti soprattutto a San Giuliano di Puglia, di recente è stato restituito ai cittadini anche il palazzetto dello Sport, il luogo dove si svolsero i funerali delle vittime della scuola. Però a Larino, Rotello, Colletorto, Santa Croce di Magliano e Bonefro gli studenti seguono le lezioni nei prefabbricati mentre in comuni come Castellino del Biferno vengono costruite scuole antisismiche di alto livello che diventano delle vere e proprie cattedrali nel deserto perché a causa dell’esiguità del numero degli scolari non possono rimanere aperte.
A San Giuliano di Puglia tutti o quasi sono rientrati nelle loro abitazioni mentre negli altri comuni del cratere sismico circa mille persone vivono ancora nei prefabbricati in legno messi a loro disposizione dalla Regione Molise all’indomani della tragedia. Anziani che forse non rivedranno più la loro casa ricostruita, costretti ormai da un decennio a vivere il freddo d’inverno e il caldo asfissiante dell’estate. Per loro però l’emergenza è finita, il Governo Monti ha sospeso questo stato di cose e i cittadini sono ora anche costretti a pagare tutte le tasse dovute.
Ma di chi è la colpa? Di un governo regionale che ha speso miliardi di euro per opere pubbliche come strade e canali di scolo a San Giuliano di Puglia ma si è dimenticato di ricostruire le case dei terremotati degli altri comuni.
Le varie giunte targate Iorio, lo ricordiamo, hanno investito decine di migliaia di euro per progetti volti a rilanciare l’economia molisana quali la patata turchesca, il museo del profumo a Sant’Elena Sannita, il museo della Zampogna di Scapoli e chi più ne ha più ne metta.
Il presidente della Regione ha anche subito una richiesta di rinvio a giudizio da parte della procura di Campobasso per abuso d’ufficio, indebita percezione di erogazioni a danno dello Stato e concorso formale per reato reiterato.
Di cosa lo accusa il sostituto procuratore Fabio Papa: di aver allargato il cratere sismico dagli originari quattordici comuni agli attuali ottantaquattro utilizzando per i secondi fondi dello Stato. Il processo davanti al gup dovrà essere ancora fissato, chi aspetta giustizia spera che non finisca tutto nella consueta bolla di sapone della prescrizione dei reati.
SICUREZZA NELLE SCUOLE UNA CHIMERA
A parte il dramma del terremoto in se cosa hanno imparato i nostri governanti in materia di sicurezza nelle scuole? Poco se si considera, come abbiamo detto poco prima, che proprio in alcuni comuni dell’originario cratere sismico si studia ancora nei prefabbricati.
Purtroppo proprio in Molise l’incoscienza non si ferma qui. Un solaio vecchio e cadente il 23 ottobre di quest’anno è crollato all’interno della struttura dell’Università del Molise a Campobasso all’interno della facoltà di giurisprudenza. Solo per un caso fortuito in quel corridoio non c’era nessuno nonostante fosse in atto la discussione delle tesi di laurea. Iscritti a quell’Università, proprio dieci anni dopo, ci sono anche alcuni studenti che sono usciti vivi dalle macerie della vecchia Jovine. Proprio qui il Rettore Giovanni Cannata ha aumentato le tasse universitarie, come verranno destinati i soldi? Non certo nel garantire l’incolumità degli studenti.
Un solaio è crollato il nove novembre 2011 anche all’Istituto Pilla di Venafro, ma anche qui grazie al destino favorevole solo per un soffio è stata evitata una nuova San Giuliano di Puglia. Non basta però affidarsi al fato, qualcosa in più. Il controsoffitto era di cartongesso ma col crollo si è messa a rischio l’incolumità di quattrocento studenti delle medie inferiori, altre vite umane che hanno certamente una dignità maggiore che va preservata.
La situazione non è affatto cambiata, le condizioni di studio per i ragazzi venafrani resta precaria come ha ricordato, in occasione di questo triste anniversario anche la deputata Idv Anita Di Giuseppe.
“A Venafro – ricorda – l’edificio scolastico di via Colonia Giulia fu dichiarato inagibile, gli alunni furono trasferiti in una struttura che doveva essere meramente temporanea, il campo ‘Camelot’. Purtroppo si sa, in Italia non esiste niente di più definitivo del provvisorio, cosi da dieci lunghi anni le cose sono rimaste immutate. Oggi ci sono 5 sezioni dell’infanzia che contano 118 bambini, e 11 classi della primaria con altri 202 alunni, quindi in totale 320 ragazzi, che sono ospitati nel campo ‘Camelot’ e vivono il disagio di una struttura inadatta allo svolgimento delle lezioni”.
L’elenco purtroppo non finisce qui perché anche a Fossalto sono stati spesi 400mila euro per una scuola ancora inagibile e qualcuno pensa ancora che giocare con la vita dei bambini che hanno diritto si a un gelato ma non a studiare tranquilli.
CROLLO JOVINE, DIECI ANNI DOPO SI CONOSCONO I COLPEVOLI MA NESSUNO HA PAGATO
Perché continua ad accadere tutto questo? L’imperizia di chi non bada alla sicurezza nelle scuole deriva anche da una punibilità tutt’altro che vera in Italia. Anche sulla tragedia della scuola Jovine di San Giuliano di Puglia purtroppo ha pesato l’applicazione dell’indulto.
I colpevoli dei reati di omicidio, disastro e lesioni colpose sono stati individuati. Si tratta del progettista Giuseppe La Serra, del tecnico comunale Mario Marinaro, e degli imprenditori Giovanni Martino e Carmine Abiuso. Tutti condannati a cinque anni di reclusione dopo un iter giudiziario lungo e doloroso. Con loro fu giudicato responsabile anche l’ex sindaco Antonio Borrelli ma per lui la pena è di due anni e undici mesi. L’unico che ha pagato davvero la scelta di aprire la scuola sopraelevata con la morte della figlia Antonella, una delle nove vittime di quella prima elementare che scomparse del tutto.
In primo grado il tredici luglio 2007 furono tutti assolti dal giudice monocratico di Larino Laura D’Arcangelo, la Corte d’appello di Campobasso il 25 febbraio 2009 riconosce la colpevolezza dei cinque e condanna Giuseppe La Serra e Mario Marinaro a sei anni e dieci mesi di reclusione, Giovanni Martino e Carmine Abiuso a cinque anni e Antonio Borrelli a due anni e undici mesi. La scuola, secondo la terna di giudici Iapaolo – Di Giacomo – Parise, era caduta per effetto del malcostruire e il terremoto aveva soltanto accelerato lo sgretolamento di quella sopraelevazione in cemento armato che gravava su una struttura in ciottoli e pietra. La Cassazione il 28 gennaio 2010 conferma nel merito la sentenza dei giudici di secondo grado ma rimanda il processo alla Corte d’appello di Salerno per la rideterminazione delle pene. L’attuale ripartizione è stata decisa il 7 dicembre 2010 proprio dai giudici campani. Inutile l’ulteriore ricorso in Cassazione degli avvocati della difesa che è servito però soltanto a ritardare soltanto l’applicazione della pena.
Ai quattro colpevoli la pena è stata ridotta di tre anni per effetto dell’indulto, ne consegue che nessuno di loro, nonostante siano morti ventisette bambini e una maestra, ha mai scontato un giorno di carcere. Per i restanti due non esiste l’obbligo della detenzione dietro le sbarre. Giovanni Martino aveva anche ricevuto, durante l’iter giudiziario, anche incarichi ufficiali dai comuni del cratere. Per ora restano sospesi da arti e mestieri per cinque anni ma si tratta comunque di una pena che non ha mai soddisfatto i familiari delle vittime.
Lo ha sempre sostenuto il presidente del Comitato Antonio Morelli quando dice che “i figli non glieli restituisce nessuno ma è giusto che i colpevoli vadano in carcere”.