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Siamo circondati da teorie complottistiche. Ecco perchè

Vediamo complotti dovunque. Il Web ce li propina in grandi quantità, sempre più fantasiosi e articolati. Cosa c’è dietro questo atteggiamento? Una spiegazione ce la fornisce il professore Telmo Pievani, docente di filosofia delle scienze biologiche presso l’Università di Padova.

 

Alieni, UFO, HAARP, scie chimiche, complotti massonici – sionisti, sono solo alcune delle tante voci che potremmo digitare su Google per entrare nell’universo del cyber-complotto. Non si tratta di un piano segreto cibernetico: stiamo parlando della rete di siti e blog personali in cui sedicenti esperti in materie scientifiche ci danno spiegazioni alternative della realtà.

Il cancro? Si combatte con il bicarbonato e le industrie farmaceutiche lo nascondono. Le scie di condensa degli aerei? Un piano segreto per avvelenarci tutti.

Perché? Per quale motivo ci sono persone che dubitano delle versioni ufficiali, qualunque esse siano? Il professore Pievani ci illumina a proposito.

“Per molto tempo, nell’evoluzione umana noi siamo stati prede, e non intrepidi cacciatori. Ed era essenziale, da vittime predestinate, interpretare i fenomeni esterni (un ramo spezzato o un rumore) come il segno di una possibile minaccia. […] nella nostra storia i sospettosi sono sopravvissuti più dei fiduciosi”.

Il sospetto ci ha salvati, ma l’eccesso ci sta danneggiando. La nostra mente, spiega Pievani, ci ha aiutato a riconoscere i pericoli, ma, quando si scende nell’irrazionalità, il dubbio si trasforma in un’arma senza controllo e altamente pericolosa.

Non si crede più a nulla, alle volte anche un banale evento viene interpretato come la prova di una minaccia costante. Una mania che nel Web ha trovato un amplificatore molto potente.

In particolar modo nei periodi di crisi, quando è difficile anche per gli esperti dare spiegazioni esatte, queste leggende e queste visioni “alternative” della realtà si diffondono a macchia d’olio.

Quando la razionalità vacilla, l’irrazionale viene preso a metro di giudizio.

Di fronte a queste che potremmo definire “storie”, non possiamo che affidarci alla sola nostra ragione e utilizzare i tradizionali strumenti del ricercatore che, a quanto pare, nessuno è riuscito a mettere in dubbio.