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Torna la strategia della tensione di Cosa Nostra: le incredibili coincidenze col ’92 e quei 3 nel mirino

Prima i pm Nino Di Matteo e Nico Gozzo, poi Massimo Ciancimino, infine Beppe Grillo e Rosario Crocetta. Tutti minacciati da Cosa Nostra, peraltro senza mezzi termini poiché pare che “Matteo (Messina Denaro, ndr) abbia dato l’assenso… abbia coinvolto altri uomini d’onore anche detenuti”. La mafia, insomma, si sta riorganizzando e sta mettendo in atto una nuova strategia della tensione. Secondo il giornalista antimafia e collaboratore de Il Sole 24 Ore Biagio Simonetta “è prematuro dirlo”, anche se “lo stato di allerta non va affatto sottovalutato”. Non possono sfuggire, poi, alcune incredibili coincidenze e date su cui bisognerebbe riflettere. Ma intanto istituzioni e stampa latitano e rimangono in silenzio. E l’aneddoto che ci racconta Simonetta lascia increduli…

 

di Carmine Gazzanni

Una nuova strategia della tensione? Non più semplicemente una possibilità. Le minacce che si sono susseguite negli ultimi giorni, d’altronde, danno un’idea chiara di come Cosa Nostra si stia riorganizzando e, quello che pare, è che lo stia facendo anche rapidamente. “Parlare di strategia della tensione è prematuro – ci dice Biagio Simonetta, giornalista antimafia, autore de I padroni della crisi (Il Saggiatore) collaboratore de Il Sole 24 Orema lo stato di allerta non va affatto sottovalutato”.


“ELIMINARE IL PM NINO DI MATTEO” – “Amici romani di Matteo (Messina Denaro, ndr) hanno deciso di eliminare il pm Nino Di Matteo in questo momento di confusione istituzionale, per fermare questa deriva di ingovernabilità. Cosa Nostra ha dato il suo assenso, ma io non sono d’accordo”. Nella lettera, peraltro, si parla anche di una scadenza imminente: l’azione sarebbe fissata entro maggio.

Sono queste le parole contenute all’interno di una lettera anonima arrivata in Procura nei giorni scorsi e rivelata sulle pagine de Il Fatto Quotidiano. A scrivere la missiva sarebbe, a suo dire, uno dei membri del commando di morte che ha fornito anche una serie di notizie sugli spostamenti quotidiani del magistrato e sui punti più deboli della sua protezione. Missiva attendibile? Si direbbe proprio di si dato che Di Matteo, pm titolare dell’inchiesta sulla trattativa, sentito dai suoi colleghi di Caltanissetta, ha confermato quanto scritto analiticamente nella lettera.

NELLA LETTERA ANCHE IL NOME DI CIANCIMINO JR – Ma nella missiva non si parla solo di lui. Oltre alle minacce esplicite a Nino Di Matteo e a quelle striscianti rivolte ad un magistrato che lavora a Caltanissetta (probabilmente individuato nella persona di Nico Gozzo), vi sono quelle dirette a Massimo Ciancimino. Tanto si è scritto sul figlio di don Vito, nel bene e nel male. Ma un dato è inoppugnabile: le sue rivelazioni sono state fondamentali nel corso dell’inchiesta sulla trattativa. Cosa Nostra sa tutto questo. E, come nel caso di Di Matteo, lascia riflettere che le ennesime minacce di morte siano arrivate a pochi giorni dall’inizio del processo.


IL “COMICO” E IL ”FROCIO” – Ma ecco l’altro passaggio della missiva: “Questo Paese non può finire governato da comici e da froci”. Una minaccia vera e propria secondo Ros e Digos che subito si sono mossi. Il “frocio”, per dirla alla maniera dei mafiosi, potrebbe essere Rosario Crocetta (qualcuno pensa a Vendola, ma è poco probabile) che tanto sta facendo nella regione a tradizionale presenza mafiosa; il comico, invece, non può che essere lui: Beppe Grillo.

Ragioniamo sulla questione: può piacere o non può piacere (anche noi siamo stati tutt’altro che “soft” con il Movimento), ma che Grillo abbia instaurato un cambiamento nella politica italiana è un dato di fatto. E, come per tutti i cambiamenti (specie se politici), la mafia quasi mai è d’accordo. Significa, d’altronde, rottura dello status quo, rottura degli equilibri, perdita dei propri interessi.  E il Movimento, nonostante i tanti limiti che pure gli sono strutturali, ha determinato proprio questo.


MAFIA, CRISI E IL “CIRCOLO BASTARDO” – Che la crisi economica abbia agevolato le mafie è una dato di fatto”. Secco il commento di Biagio Simonetta a riguardo, il quale, d’altronde, ha analizzato in maniera specifica la questione nel suo ultimo prodotto editoriale. La questione, però, potrebbe in un certo senso degenerare: “si potrebbe entrare in un circolo bastardo che colpisce anche le mafie. Queste sì hanno referenti politici, ma in uno stato di ingovernabilità questi vengono a mancare e, dunque, la situazione diventa pericolosa anche per le mafie”. Davanti ad una chiusura politica – alla rottura dello status quo di cui dicevamo prima – “le criminalità diventano irrequiete”. Ed è da qui che nascono le nuove strade – più critiche – intentate da Cosa Nostra.


IL SILENZIO DELLE ISTITUZIONI – Ecco perché, come dice il giornalista, lo stato di allerta dovrebbe essere alto. Peccato, però, che le istituzioni latitino. In qualsiasi altro Paese immediatamente avrebbero lasciato perdere qualsiasi impegno e non avrebbero perso tempo nel manifestare solidarietà ai cinque bersagli di Cosa Nostra. L’avrebbe fatto il ministro della Giustizia, l’avrebbero fatto le forze parlamentari, l’avrebbe fatto la stampa. L’avrebbe infine fatto il Presidente della Repubblica: stiamo parlando, d’altronde, del garante della Costituzione. Se non è vicino lui a  chi rischia la propria vita nella difesa di quella stessa Carta, chi dovrebbe farlo?

E invece niente. Silenzio assoluto. Assordante. nessuna parola da parte di Paola Severino che anzi – come vedremo – ha elogiato Gianfranco Ciani, Pg della Cassazione, che ha aperto un fascicolo proprio su Nino Di Matteo. Ma è soprattutto il silenzio si Napolitano che lascia più increduli: il giorno dopo la lettera minatoria ha fatto sì un comunicato, ma era per zittire Matteo Renzi che intanto pressa affichè si torni alle urne. L’analisi di Simonetta, a riguardo, è cristallina: “certamente c’è stato un cambiamento con l’elezione di Laura Boldrini e Pietro Grasso, ma ancora troppo poco si sta facendo. Personalmente non sono molto fiducioso visto il silenzio delle istituzioni: dal punto di vista dell’impegno operativo lo Stato continua a latitare”. È incredibile: nella lotta dello Stato contro l’anti-Stato, il silenzio del primo fa più rumore della minacce del secondo.


DALLA STAMPA TUTTO TACE – Nessuna parola nemmeno da parte della stampa (ad eccezione de Il Fatto) che preferisce continuare ad occuparsi di beghe politiche. Ed è proprio su quest’aspetto che si concentra anche Simonetta. L’aneddoto che ci racconta lascia sgomenti: “ho parlato qualche tempo fa un caporedattore di un autorevole quotidiano italiano. Mi ha fatto tanti complimenti per il mio libro (il già citato I padroni della crisi, ndr) però non ha voluto pubblicare nulla perché, a detta sua, oggi servono solo notizie belle”. Una tesi singolare. Che però ci aiuta a comprendere perché anche la stampa preferisca tacere.


LE TANTE (TROPPE) COINCIDENZE – Nel 1992 erano tre: il supertestimone Salvo Lima e i due magistrati Giovanni Falcone e Paolo Borsellino. Oggi il copione è identico con Massimo Ciancimino, Nino Di Matteo e un “collega di Caltanissetta” (presumibilmente, come detto, Gozzo).

Ma non è questa l’unica coincidenza che lascia pensare ad un parallelismo preoccupante, tragico, con un periodo andato e che non vorremmo più rivedere e rivivere. Eppure alcuni particolari eventi sono assolutamente singolari. Come non poter pensare, ad esempio, che nella missiva si parla di un’azione pronta già per maggio, cioè proprio nelle settimane convulse, confuse, che porteranno alla scelta del premier e del Capo dello Stato. Stessa cosa che accadde con la bomba a Falcone arrivata nelle settimane dell’elezione del presidente della Repubblica (Oscar Luigi Scalfaro) e della formazione del governo. Troppe, davvero troppe circostanze che si ripetono. Allora c’era Toto Riina, era il periodo oscuro della mai chiarita trattativa Stato-mafia. Oggi, appunto, la guida è passata a Matteo Messina Denaro perennemente vicino alla cattura, ma sempre potentissimo anche dalla latitanza. Il suo regno, però, come il boss sa benissimo, potrebbe scricchiolare se non fosse più garantito dalla politica. Ecco perché Grillo, in questo, fa paura: come uomo che ha rotto gli equilibri e cambiato le carte in tavola.

Altra coincidenza che non può non far riflettere. Il due aprile arriva la lettera alla Procura di Palermo ed esattamente il giorno dopo Paola Severino decide di rispondere ad un’interrogazione parlamentare in cui si parla di Di Matteo. Si dirà: beh, che c’è di strano? C’è di strano che quella interrogazione – presentata dall’Idv per sapere se fosse vero che, dopo le proteste di Mancino e l’interessamento del Quirinale, il Pg della Cassazione Gianfranco Ciani domandò, nella riunione del 19 aprile scorso, all’allora capo della Dna Piero Grassodi dare un indirizzo alle investigazioni sulla trattativa Stato-mafia, e/o di avocare le indagini” – risale a settembre. Più di cinque mesi fa.

Per carità: sappiamo come la macchina dello Stato sia lenta. Ma una punta di sconcerto sorge se si pensa che proprio il giorno dopo le minacce rivolte a Di Matteo, la Guardasigilli si ricorda di rispondere ad un’interrogazione vecchia di cinque mesi. Anche perché, nella risposta, Paola Severino giudica “corretto” il comportamento tenuto da Ciani. Nessuna parola, invece, in solidarietà di Di Matteo.

La cosa ricorda tanto un altro “abbandono istituzionale”. Correva l’anno 1992 e costò la vita a due magistrati…