Riforma Fornero, ecco i numeri di un fallimento annunciato
Del resto lo aveva detto lei stessa, Elsa Fornero: “La mia riforma del lavoro è una scommessa”. In effetti si è rivelata davvero una scommessa fallimentare che ha mandato a casa quasi 3 milioni di lavoratori, toccando il record della disoccupazione – salita a quasi il 12%. La riforma del lavoro ha franato l’Italia, che a livello europeo sale sul podio dei senza lavoro – seconda solo alla Spagna. Oggi, dopo 9 mesi dalla riforma Fornero, le lacrime del Ministro si rivelano ‘lacrime di coccodrillo’ per un governo che sapeva già dall’inizio come queste nuove leggi avrebbero peggiorato la situazione lavoro in Italia. Dai licenziamenti della Benetton fino all’annunciata catastrofe Bridgestone, l’Infiltrato ha sempre dato voce alle storie di precariato e disoccupazione.
di Maria Cristina Giovannitti
Sul futuro dei lavoratori non si gioca, mai. Invece il Governo Monti ha affidato il destino degli italiani nelle mani di Elsa Fornero che ha ‘partorito’ una riforma del lavoro distruttiva per il Paese. Con il senno di poi, le stime europee e nazionali dimostrano come la riforma Fornero sia un fallimento completo ma questo, il Ministro lo sapeva già.
LE LACRIME DI COCCODRILLO DELLA FORNERO – Pianse pensando ai sacrifici degli italiani pur sapendo che aveva firmato una riforma che avrebbe peggiorato la situazione lavorativa in Italia. Lo sapeva a priori la Fornero che aveva dichiarato: “La mia riforma è una scommessa”. L’errore è a monte della questione: l’obiettivo principale della riforma Fornero è quello di “instaurare rapporti di lavoro più stabili” e lo ha fatto irrigidendo le clausole di contratto. In realtà questa rigidità non ha fatto altro che aggravare una già difficile situazione perché le aziende sono state messe in condizione – oltre la crisi economica – di incentivare i licenziamenti e la precarietà. Ma se la finalità della riforma era questa e se la stessa Fornero ha parlato da subito di una riforma incerta, perché il Governo Monti anziché pensare a come aumentare posti di lavoro durante la recessione ha ‘volutamente’ peggiorato la situazione?
I NUMERI DELLA RIFORMA-FALLIMENTO – Il fallimento Fornero è una certezza confermata su ogni fronte – nazionale ed europeo – che fa un resoconto della situazione a 9 mesi dalla riforma. Oggi il 27% dei lavoratori è stato licenziato con un aumento del 1% rispetto al 2011. In 3 mesi – da luglio a settembre 2012 – sono stati 57 mila persone a perdere il lavoro “a progetto” e da luglio a dicembre 2012 circa 30 mila posti di lavoro. Inoltre, secondo la stima della Banca d’Italia, la situazione futura non è delle migliori perché il picco dei licenziamenti continuerà, intanto i posti di lavoro scendono ancora, passando dallo 0,7% allo 0,5%. La riforma Fornero ha portato così all’Italia il triste primato di disoccupazione che, secondo l’Istat, è arrivato al 11,7% – rispetto al 10,7% del 2012, come non accadeva dal 1992. La nota dolente è soprattutto l’immagine di un Paese che lascia a casa i giovani: sono ben il 38,7% dei ragazzi italiani ad essere senza lavoro, un numero fallimentare che – secondo i dati europei – ci fa salire sul podio della disoccupazione, secondi solo agli spagnoli.
I PUNTI CRITICI DELLA RIFORMA DEL LAVORO – La rigidità targata Fornero è già il primo sbaglio di una riforma che avrebbe dovuto creare delle agevolazioni per far aumentare posti di lavoro. Invece la politica della casta colpisce, come sempre, il lavoratore e gli effetti sono questi: la disoccupazione arriva alle stelle, con la riforma del lavoro del Governo Monti solo il 5% dei precari si è stabilizzato mentre la metà dei lavoratori ha continuato a perdere il lavoro.
I punti critici sono questi.
- ARTICOLO 18 – Quello che da sempre è la tutela dei lavoratori anziché essere ‘fortificato’ si è rivelato un punto fallimentare. Con la riforma il licenziamento per motivi economici non permette al lavoratore la possibilità di essere reinserito nel mondo del lavoro ma al massimo – solo se dietro decisione del giudice – si può sperare n un risarcimento che va dalle 15 alle 27 mensilità. Licenziati e ‘mazziati’.
- GLI AMMORTIZZATORI SOCIALI – Secondo il ministro Fornero la richiesta di questi ‘aiuti economici sociali’ sarà attuata entro il 2017, davvero un tempo troppo lungo che non permette a imprese e lavoratori di poter superare la crisi che sta raggiungendo i suoi livelli massimi ora. Il 2017 è già troppo lontano, gli ammortizzatori sociali servono ora.
- LAVORO A TEMPO DETERMINATO – E’ già di per sé un contratto di precariato. A tutto questo la Fornero non ha fatto che tagliare le gambe tassando ancora di più questa tipologia di lavoratori: in un contratto a tempo determinato si dovrà pagare un contributo in più pari a 1,4% per finanziare l’ASPI – vale a dire i famosi ammortizzatori sociali.
- CO.CO.PRO – Anche per questi lavoratori precari, grazie alla riforma Fornero è prevista una tassazione in aumento giustificata per pagare i contributi previdenziali. Ovviamente questa tassazione, nella maggior parte dei casi non equiparata alla retribuzione dei Co.Co.Pro. non favorisce questo tipo di contratto.
- CONTRATTI DI APPRENDISTATO – Secondo il governo Monti questo sarebbe stato il canale principale d’ingresso dei giovani al mondo del lavoro. Eppure anche l’apprendistato si è rivelato un grande bluff: secondo la riforma un contratto da apprendistato non deve essere inferiore ai 6 mesi altrimenti non potranno essere fatte altre assunzioni. Cose doveva succedere anche se, all’attuazione, si è rivelato il punto della riforma più statico: è stato un contratto usato poco infatti nel 2012 ne sono stati firmati 10.300 mentre nel 2013 si stima che saranno attivi appena 8.800.
Noi de l’Infiltrato, oltre i numeri, abbiamo sempre cercato di dare voce ai lavoratori, denunciando la disoccupazione crescente e approfondendo le storie della crisi della Benetton passando per il fallimento de l’Alitalia fino alla recente crisi di Bridgestone.
Come ha potuto il ministro Fornero attuare una riforma che sapeva già in partenza essere un fallimento?
Intanto l’elenco delle famiglie italiane senza sussistenza cresce ogni giorno.