1992/ Ritratto di un’epoca: quando il mondo salì sul treno e nulla sarà mai più come prima
«Tutto era cominciato un mattino d’inverno, il 17 febbraio 1992, quando, con un mandato d’arresto, una vettura dal lampeggiante azzurro si era fermata al Pio Albergo Trivulzio e prelevava il presidente, l’ingegner Mario Chiesa, esponente del Partito Socialista Italiano con l’ambizione di diventare sindaco di Milano. Lo pescano mentre ha appena intascato una bustarella di sette milioni, la metà del pattuito, dal proprietario di una piccola azienda di pulizie che, come altri fornitori, deve versare il suo obolo, il 10 per cento dell’appalto che in quel caso ammontava a 140 milioni.»
Questo sono le parole che Enzo Biagi dipingeva nel suo “Era ieri” e che ci regalano un affresco del tempo che fu, di quell’assurdo 1992.
Il muro di Berlino era caduto da 26 mesi. Mark Zuckerberg, l’inventore di Facebook, era un bimbetto sveglio di 7 anni. C’era ancora la lira, anche se da lì a poco, nel giugno, sarebbe stata svenduta durante un incontro “sul Britannia, il panfilo della Regina Elisabetta II, in cui parteciparono George Soros, Giulio Tremonti, il Direttore generale del Tesoro Mario Draghi, Il Presidente dell’IRI Romano Prodi, il Presidente dell’ENEL Franco Bernabé, il Governatore di Bankitalia Carlo Azeglio Ciampi e il Ministro Beniamino Andreatta”.
L’obiettivo? Lo si legge in un esposto presentato alla Procura della Repubblica di Milano nel settembre del 1995: “Pianificare la privatizzazione dell’industria di stato italiana. A seguito dell’attacco speculativo contro la lira e della sua immediata svalutazione del 30%, codesta privatizzazione sarebbe stata fatta a prezzi stracciati, a beneficio della grande finanza internazionale e a discapito degli interessi dello stato italiano e dell’economia nazionale e dell’occupazione. Stranamente, gli stessi partecipanti all’incontro del Britannia avevano già ottenuto da parte di uomini di governo come Mario Draghi di studiare e programmare le privatizzazioni stesse.”
La Storia è tutto il contrario del Maestro Paganini: si ripete. Sempre. All’infinito. Con le stesse dinamiche. A volte persino con gli stessi attori protagonisti. La Storia ha due qualità che mancano ancora all’uomo: coraggio e incoscienza.
Il mondo stava cambiando e quel 1992 rappresentava un anno chiave. Ora ci si ricorda a stento di Mani Pulite ma di fatti clamorosi ne successero davvero tanti. Troppi.
Un mese prima dell’incontro sul Britannia, nel maggio, moriva – brutalmente assassinato dalle “menti sopraffine” – il giudice Falcone; e a luglio toccò al suo amico e collega Borsellino. E tra i due clamorosi attentati s’insediava il governo tecnico di Giuliano Amato, qualche giorno dopo l’incontro sul panfilo della Regina d’Inghilterra.
Berlusconi ancora non era “sceso in campo”, si limitava a vincere lo scudetto dei record con il primo Milan di Capello, eppure già meditava sul da farsi. Subodorava l’aria che stava cambiando, il crollo di un Sistema che aveva governato dalla nascita della Repubblica, preparava le sue truppe. Per difendersi dai processi, certo, ma soprattutto per governarli certi processi, compresi quelli giudiziari. Il ’92 è l’anno in cui cede la proprietà de Il Giornale, diretto da Montanelli, al fratello Paolo, per aggirare la legge Mammì e programmare il futuro degli italiani.
Marco Travaglio aveva 28 anni, era appena divenuto giornalista professionista e si occupava di giudiziaria; Giovanni Floris si era laureato da appena un anno in Sociologia Politica, con una tesi dal titolo “Capitale e Lavoro, dallo scontro alla cooperazione conflittuale?”, mentre Michele Santoro era già il Santoro provocatore di oggi (o meglio, dell’anno scorso…), che imperversava con “Samarcanda”.
Jovanotti diventa Lorenzo, pubblicando l’album omonimo, in tutta Italia esplode il fenomeno Fiorello, grazie al Karaoke che proprio nel ’92 vede la luce e Roberto Benigni vince il Nastro d’Argento e il David di Donatello come miglior attore per l’interpretazione di Johnny Stecchino.
Al cinema esordisce, con un lungometraggio, un regista che farà storia, Quentin Tarantino, con “Le iene”, mentre Tinto Brass concede uno dei suoi capolavori in “Così fan tutte”. L’estate è segnata dalla musica degli 883, oltre che dagli Europei di calcio, dove a vincere è la ripescata Danimarca (subentrata al posto della Jugoslavia afflitta dalla guerra).
Oltreoceano Bill Clinton diventa il nuovo Presidente degli Stati Uniti d’America mentre in Europa si arriva alla firma del famoso Trattato di Maastricht. Gli equilibri mondiali stavano cambiando. Gli equilibri televisivi italiani si andavano componendo e avrebbero portato nuova “luce” sul teatrino del Belpaese: nasceva la Fininvest, Mentana inaugurava il Tg5 e Fede il Tg4. C’erano Ambra e il suggeritore Boncompagni a teleguidare gli spettatori in “Non è la Rai”, il Festival di Sanremo lo vince Luca Barbarossa con “Portami a Ballare” e la Chiesa, dopo quasi 400 anni, riabilita lo scienziato Galileo Galilei.
È l’anno in cui la Cassazione conferma le sentenze del Maxi Processo a Cosa Nostra, sancendo di fatto la veridicità del Teorema Buscetta; è l’anno della commissione parlamentare d’inchiesta su Gladio; è l’anno in cui Giulio Andreotti non viene eletto Presidente della Repubblica.
“Dianne aveva ragione: il mondo sta cambiando, la musica sta cambiando, le droghe stanno cambiando, perfino gli uomini e le donne stanno cambiando.” E anche se questo è un film cult del ’96, il treno che ci ha portato fino ad oggi – e che abbiamo osservato come trainspotters – è partito proprio nel 1992.
E chissà se e quando smetterà la sua orrenda corsa.