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Tra scontenti e giochi di potere, dopo appena un mese il Governo Renzi ha già rischiato di saltare

Sostenere che il capo dello Stato è a dir poco sgomento, come riporta Dagospia, per l’attivismo parolaio di Superbone Renzi, arrivato appena un mese fa alla guida del governo, non si è distanti dalla verità.

 

Qualcuno del suo cerchio quirinalesco, scherzosamente, ha fatto pure osservare al napoletano Re Giorgio che, del resto, l’investitura dell’ex sindaco di Firenze è stata un 17 febbraio… Che nel paese di Pulcinella non porta davvero buono.

E poi le elezioni europee di fine maggio si avvicinano… e c’è un forte vento di destra e populista che spira nel Vecchio Continente come ci ricorda l’esito del voto ultimo a Parigi…

Ma a rendere inquieto il presidente della Repubblica sono innanzitutto gli annunci-spot (a raffica) che arrivano da palazzo Chigi su temi delicati (l’economia) e istituzionali (riforma elettorale e del Senato).

“Oggi abbiamo i populismi e l’antipolitica (che sono tutti e due forme di politica e di economia)”, ha rilevato su “la Repubblica” di domenica il sommo Eugenio Scalfari.
Un passaggio che non è passato inosservato alla lettura attenta di Re Giorgio, contrario anche lui sia al “populismo” dilagante sia all'”antipolitica” denunciate da Scalfari. Ma ahimè cavalcata negli ultimi vent’anni anche dal fondatore del quotidiano.

Un bla-bla programmatico che ha già provocato qualche maldipancia al neo responsabile dell’Economia, Pier Carlo Padoan.
Sul vincolo europeo del 3% messo in discussione (sempre a parole) dal premier Renzi, Padoan stava per rassegnare le dimissioni.

L’ex consulente della Banca Mondiale ed ex capo economista all’Ocse non ha alcuna intenzione, almeno a dare ascolto ai suoi collaboratori, di perdere la faccia (e la stima) di fronte ai suoi colleghi internazionali per dare corda (e fiato) al futuro statista di Pontassieve.

Padoan non ha gradito nemmeno le accuse rivolte da Renzi al suo predecessore Maurizio Saccomanni che avrebbe “barato” sui conti pubblici. E, ancora una volta, il Quirinale ci ha dovuto mettere come si dice a Roma “una pezza”.

Un altro esperto che ha pronta la lettera di dimissioni in tasca è Carlo Cottarelli, strappato nel 2013 dal Fondo monetario dall’ex premier Letta per mettere ordine nei conti del Paese (spending review).

Cottarelli non l’ha presa bene che il nuovo inquilino di palazzo Chigi abbia dichiarato che sarà lui a decidere i tagli alla spesa pubblica. Come a dire? Cottarelli si limiti a un lavoro di sherpa al resto ci penso io.

Un “piano” di risparmi che, tra gli altri, viene contestato su “il Giornale”, dall’ex ministro socialista Francesco Forte. A cominciare dalla rinuncia agli aerei F35.
“In termini finanziari, questa non è una copertura, ma un imbroglio, perché non si può finanziare uno sgravio tributario permanente con una spesa transitoria che dura cinque anni”, scrive l’ex allievo di Luigi Einaudi.

E ancora: “C’è nell’agenda Cottarelli un’altra scelta di chiara marca ideologica: la proposta di abolire l’Ice, Istituto per il commercio estero, perché ci sono troppi enti che si occupano del nostro export. Ma che senso ha eliminare l’ente statale e lasciare che ogni regione abbia delegazioni estere, anziché tagliare queste? Nulla si progetta per sfoltire enti ed aziende regionali e comunali inutili e privatizzare quelli utili in perdita”.

Anche Francesco Forte accusa di “neoperonismo” le misure economiche fin qui enunciate da Superbone: “Il premier Renzi aveva promesso una terapia da elettroshock per la crescita economica, ma questa per ora non si vede. Ciò che emerge è un modello redistributivo di tipo argentino, di ricordo peronista, a spese e a danno del ceto medio che sgobba e risparmia”.

Altro che Blair alla fiorentina!