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ELEZIONI SICILIA/ Dal Pd al Pdl, ecco gli oltre quaranta candidati condannati

Tutta la politica siciliana, ad eccezione del Partito della Sicilia, si era detta impegnata a eliminare gli inquisiti dalle liste elettorali. Parole, soltanto parole, direbbe la cantante Mina. Perché spulciando tra i candidati che corrono per un posto da deputato all’assemblea regionale siciliana sono circa quaranta tra imputati o condannati per associazione mafiosa e reati contro la pubblica amministrazione. Record, ancora una volta, per il partito di Raffaele Lombardo: nove i candidati condannati.

di Viviana Pizzi

L’ombra della mafia sulle elezioni siciliane di domenica prossima c’è e si vede: il numero degli indagati e condannati presenti nelle liste aumenta di giorno in giorno. Non perché si aprano inchieste recenti ma piuttosto l’imminenza delle elezioni porta alla luce scandali già noti e dimenticati . Su 1.629 candidati, nonostante la campagna anticorruzione portata avanti dai vari partiti scesi in campo per il dopo Lombardo, l’esercito degli indagati è davvero numeroso e si infiltra come un cancro in quasi tutte le liste elettorali che appoggiano i principali candidati. Gli unici a fare eccezione sono Idv e M5S, che invece presentano le cosidette “liste pulite”.

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GLI INDAGATI RECORD DELLE LISTE MICCICHÈ

Il record negativo spetta a Gianfranco Miccichè leader nazionale di Grande Sud, erede naturale di Raffaele Lombardo, il cui movimento oggi si chiama Partito dei Siciliani, nato sulle ceneri dell’Mpa. Nove gli “incandidabili” ma uno solo ha ricevuto una condanna definitiva: si tratta di Giuseppe Arena che deve scontare due anni e nove mesi per falso in bilancio.

C’è poi Paolo Colianni che deve rispondere di  abuso edilizio, Roberto Di Mauro Rossana Interlandi e Mario Parlavecchio indagati per omissione d’atti d’ufficio. Ma il meglio del peggio arriva con Giuseppe Gennuso indagato per presunti rapporti tra la mafia e un giro di scommesse scommesse; Riccardo Minardo rinviato a giudizio per associazione a delinquere, truffa aggravata e malversazione ai danni dello Stato; Fabio Mancuso indagato per bancarotta, e poi Giuseppe Picciolo indagato per simulazione di reato e calunnia.

E anche sul partito dello stesso Miccichè c’è tanto da ridire: tra i candidati di Grande Sud spicca Franco Mineo, indagato per trasferimento fraudolento di valori, con l’aggravante di un presunto favoreggiamento a Cosa Nostra. Lo stesso Mineo deve rispondere anche dell’accusa di usura. Sempre nelle liste direttamente collegate al  candidato presidente Miccicchè c’è anche l’ex sindaco di Milazzo, Lorenzo Italiano, indagato per tentata concussione.

Il caso più grave resta però quello di  Mario Briguglio, sindaco di Zanetta Zanaclea, comune del messinese colpito dall’alluvione del 2010. Una catastrofe naturale  che causò il pesante bilancio di 37 morti. Il coinvolgimento nella calamità gli è costato l’imputazione per disastro e omicidio plurimo colposo.

LA LISTA NERA DI MUSUMECI

Le liste di Nello Musumeci – appoggiato da Pdl e Adc – non sono da meno.  Tre gli indagati che lo sostengono, tutti del Pid (Popolari Italia Domani) il partito dell’ex ministro Romano appena assolto dall’accusa di concorso esterno in associazione mafiosa, troviamo: Santo Catalano, che ha patteggiato una pena a un anno e undici mesi per abuso edilizio; Giuseppe Drago, sulle cui spalle pesa una condanna definitiva per peculato a tre anni e otto mesi di reclusione quando era ancora nelle file dell’Udc; Rudy Maira, capogruppo all’Ars, indagato per associazione a delinquere.

Tre gli outsider candidati nelle civiche che appoggiano il candidato presidente del centrodestra: Angelo Paffumi, ex componente del consiglio direttivo del Cas rinviato a giudizio a marzo del 2011 per abuso d’ufficio e rifiuto di atti di ufficio”; Roberto Corona, indagato per truffa; Pippo Gianni, arrestato per concussione e condannato a 3 anni in primo grado.

Sono quattro, invece, i candidati del Pdl che hanno avuto problemi con la legge. Dovrà scontare sei mesi per peculato Giuseppe Buzzanca, mentre a Salvino Caputo è toccata una condanna in appello a un anno e cinque mesi per tentato abuso d’ufficio. La violenza privata è invece il capo d’imputazione per il quale potrebbe finire in carcere Girolamo Fazio, visto che la pena da scontare era di quattro anni di reclusione. Chiude l’esimio quartetto Francesco Cascio, presidente dell’Ars, indagato «per la mancata adozione di misure antinquinamento».

PD E UDC: GLI INDAGATI DI CROCETTA

Non sono indenni da indagini penali nemmeno i candidati che appoggiano Rosario Crocetta. Una sfilza di nomi che arrivano dall’Udc, il fu partito dell’ex presidente Cuffaro, come denuncia da sempre l’attuale sindaco di Palermo Leoluca Orlando.

Vediamo quali sono i nomi: Marco Forzese, indagato per l’accusa di assunzioni facili al Comune di Catania; Pippo Nicotra, sindaco di Acicatena, coinvolto nello scioglimento del comune per mafia negli anni ’90; Gianni Pompeo, indagato per affidamenti diretti di appalti a società collegate con Cosa Nostra; Nino Dino, formalmente non indagato ma considerato il tramite tra l’ex presidente Totò Cuffaro e il noto esponente della mafia Aiello; Giacomo Scala deve rispondere invece di abuso d’ufficio mentre Elio Galvano e Salvatore Termine di falso in bilancio; Giuseppe Spata figura come condannato in primo grado a un anno di carcere per abuso d’ufficio mentre Orazio D’Antoni, per lo stesso reato, ha subito una sentenza di colpevolezza in secondo grado. .

Nel trapanese è il Partito Democratico a gettare nella mischia persone che andrebbero messe altrove, come dimostra la candidatura dell’ex sindaco di Alcamo Giacomo Scala, indagato per abuso d’ufficio. E anche nelle liste civiche per “Crocetta presidente” spunta Giovanni Di Giacinto (ex Grande Sud), sindaco di Casteldaccia, finito nel mirino dalla Procura di Termini Imerese nell’ambito di un’inchiesta che riguarda un appalto per l’illuminazione pubblica da dieci milioni di euro.

GLI ALTRI INDAGATI

Cateno De Luca, candidato alla presidenza con Sicilia Rivoluzionaria, è stato arrestato nel giugno del 2011 e adesso rinviato a giudizio dal Gup di Messina per abuso d’ufficio, tentata concussione e falso, legata all’attività amministrativa di De Luca stesso come sindaco di Fiumedinisi, paese del messinese. A processo è risultato assolto.

TRA IL DIRE E IL FARE C’E’ DI MEZZO IL MARE

Fatti che parlano chiaro e che nulla hanno a che vedere con le parole spese alla vigilia delle candidature da ciascun partito, tesi com’erano nel rinnovamento dopo le gestioni fallimentari targate Cuffaro e Lombardo.

Vogliamo bonificare la politica non solo con il ricorso alla magistratura. Se si passa attraverso un codice di regolamentazione la politica riacquista il suo peso e può decidere di allontanare o premiare”. Così parlò il coordinatore del Pdl siciliano Domenico Nania.

A quelle parole si aggiunsero i buoni propositi di Simona Vicari e Dore Misuraca, gli altri due coordinatori che misero a punto un codice etico per dire no agli inquisiti per mafia. “Sarà una rivoluzione – dissero –  perché cominciamo a parlare per primi di incandidabilità” .

Passando da destra a sinistra, le stesse parole furono spese proprio da Rosario Crocetta, che si auto definisce un politico antimafia: a proposito dell’alleanza tra Pd e Udc riferiva che “è un accordo etico, neanche un indagato per mafia in lista. L’Udc non c’entra più nulla con Cuffaro, in caso contrario mai mi avrebbe appoggiato. Non possono pagare in eterno per Cuffaro”. Come abbiamo visto, si tratta di pie illusioni.

Confrontando le dichiarazioni dei politici con la numerosa schiera di candidati nei guai con la legge viene spontaneo pensare a Tomasi Di Lampedusa quando nell’ormai famoso romanzo “Il Gattopardo” coniò la filosofia del “tutto cambi affinchè tutto resti uguale”.