DDL INTERCETTAZIONI/ La legge bavaglio per falcidiare, in un sol colpo, giustizia e stampa
Silvio Berlusconi ha chiare in testa le difficoltà che gli si potrebbero presentare nel momento in cui si tratterà di tradurre in legge un ddl che possa salvarlo dalle aule dei Tribunali. Proprio per questo, accanto al processo breve, sembra intenzione del premier rispolverare anche un altro ddl, quello sulle intercettazioni.
di Carmine Gazzanni
C’è innanzitutto da sottolineare che questo disegno, qualora venga convertito in legge così come è stato concepito inizialmente, avrà pesanti ripercussioni non solo per la giustizia, ma anche per la stampa italiana, che si troverà ad essere sempre più imbavagliata.
Iniziamo dalla giustizia. Stando a quanto prevedeva il ddl originariamente, per richiedere le intercettazioni il pm dovrà avere non più soltanto “gravi indizi di reato” (come oggi), ma anche “specifici atti d’indagine”. Basta pensarci un attimo per capire l’assurdità di questa norma: le intercettazioni vengono richieste proprio per giungere a “specifici atti di indagine”. È come se si confondesse la causa con la conseguenza. E ancora: per ottenere l’ok all’intercettazione non basterà più il pronunciamento del gip, ma occorrerà il parere di tre giudici riuniti. Norma, questa, chiaramente finalizzata a rallentare le indagini. E i tempi?
Oggi a decidere la durata delle intercettazioni è il pm (di norma, logicamente, durano tutto il periodo delle indagini e, a volte, anche oltre). Con questa legge, invece, le intercettazioni potranno durare al massimo 75 giorni, 30 nella prima fase più tre proroghe da 15 ciascuna. Ma ciò è semplicemente assurdo. Pensiamo ad esempio a Calciopoli: oggi noi sappiamo che Luciano Moggi ”interveniva” su diverse partite, addirittura dal precampionato. Che senso avrebbe intercettare in questi casi soltanto per poco più di due mesi? Infine, dulcis in fundo: l’autorizzazione alle Camere andrà chiesta anche quando si intercetta un parlamentare parlare di terzi (non più solo se ad essere coinvolto è il parlamentare stesso); e simile la questione per i sacerdoti: impossibile intercettarli senza chiedere prima l’autorizzazione alle autorità ecclesiastiche superiori.
Anche per quanto, poi, riguarda la stampa il ddl sarà una vera e propria mannaia. In pratica sarà impossibile informare su inchieste giudiziarie fino alla loro conclusione: non si potranno riportare intercettazioni (si rischia addirittura il carcere se non si oblaziona; in tal caso multe salatissime fino a 5.000 euro); niente riprese e fotografie durante i processi senza il consenso di tutte le parti e vietate anche le registrazioni e riprese senza l’autorizzazione preventiva dell’interessato (la cosiddetta “norma D’Addario”). E anche qui la ciliegina sulla torta: l’editore che pubblica articoli nei quali ci siano brani di atti o di intercettazioni, rischia addirittura di pagare fino a 464.000 euro per ogni articolo.
Ergo, con molta probabilità, la chiusura del giornale stesso (è chiaro, quindi, che nessun editore pubblicherà un articolo di tale genere). Se oggi fosse già in vigore questa legge, noi non avremmo potuto sapere nulla del caso Cucchi, del Trani-gate, dell’affaire G8, di Moggi e Calciopoli, degli orrori della clinica Santa Rita di Milano, della scalate Antonveneta e Bnl. Ma non avremmo potuto sapere alcunché nemmeno dello stupro della Caffarella e del sequestro di Abu Omar. Solo per citare i casi più eclatanti.
Nonostante questo, come detto, Berlusconi sembra intenzionato ad insistere sul ddl. Soltanto due giorni fa, al congresso del movimento dei Cristiano riformisti, ha dichiarato che “andremo avanti sulla riforma per le intercettazioni perché non c’è libertà in un Paese in cui appena si alza la cornetta del telefono altre persone ascoltano e dove le persone possono essere manipolate”. Concetti che Berlusconi non esprime per la prima volta. Tempo fa parlò di “150 mila telefoni controllati”, di “7 milioni e mezzo di persone che possono essere ascoltate”, ergo: “siamo tutti spiati”. Sarà vero? Controlliamo qualche dato.
Già Alfano aveva affermato che “le persone intercettate in Italia nel 2007 sono state 124.845 […] si arriva a tre milioni di intercettazioni”. In verità i decreti emessi dai gip sono stati 45.122; le persone intercettate sono state quasi 20 mila: lo 0,03% della popolazione italiana.
Passiamo ora ai costi. Berlusconi, infatti, più volte è tornato anche sull’alto costo delle intercettazioni per lo Stato. Lo stesso Alfano disse: “La spesa sulle intercettazioni è in continua crescita: è aumentata del 50% dal 2003 al 2006” e occupa “il 33% delle spese per la Giustizia”. Chiamiamo ancora una volta i dati in nostro soccorso e facilmente ci possiamo accorgere che, in realtà, la spesa per intercettazioni non è in aumento, ma in calo: nel 2005 era di 286 milioni, nel 2006 è scesa a 246, nel 2007 a 224 (40 in meno ogni anno). E 224 milioni non sono “il 33% delle spese per la Giustizia” (7,7 miliardi nel bilancio 2007), ma il 2,9%.
E non è finita nemmeno qui. La spesa potrebbe ancora diminuire se in Italia si facesse come si fa negli altri Paesi: obbligando le compagnie telefoniche, concessionarie pubbliche, ad applicare tariffe scontate o gratuite per le intercettazioni; acquistando le attrezzature usate dagli agenti per intercettare, anziché affittarle a prezzi da favola da ditte private; recuperando le spese di giustizia dai condannati, che devono pagare i costi sostenuti dallo Stato per processarli.