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ABOLIZIONE PROVINCE/ Una bufala: il taglio è solo sulla carta, nessuna soppressione immediata.

Bisogna leggere con attenzione il testo della spending review per rendersene conto: il decreto appena licenziato dal Parlamento non prevede alcuna abolizione immediata delle province. Il taglio, insomma, è solo sulla carta. Passeranno mesi prima che il decreto diventi attuativo, semmai lo sarà. Il testo infatti parla chiaro: si dovrà formulare un nuovo disegno di legge e affrontare di conseguenza tutto l’ingarbugliato iter parlamentare. La solita manovra all’italiana: si parla di emergenza, ma per i tagli importanti ci si prende tempi lunghi. Biblici. Il motivo? L’ennesimo regalino mascherato ad ABC …

di Carmine Gazzanni

Da anni ne parlano praticamente tutti. Ieri Silvio Berlusconi, oggi Mario Monti: bisogna abolire le province, accorpare quelle piccole, sono enti inutili o, perlomeno, facilmente sostituibili da comuni e regioni. Carrozzoni in pratica. Giusto tagliare, dunque.

Nessuno avrebbe potuto mai scommettere che uno come il Cavaliere, pressato ora dagli interessi padani della Lega (che in quel del Nord amministra tante e tante province) ora dai suoi stessi uomini, sarebbe riuscito nell’ardua impresa. Tutt’altro discorso però con Mario Monti: il periodo di crisi economica legittimerebbe il suo esecutivo a prendere provvedimenti anche drastici, non è a capo di un partito che potrebbe in qualche modo frenare il suo operato se toccasse gli interessi di questa o di quella amministrazione. Politicamente libero, insomma. E sembrava quasi che, con l’ausilio del supercommissario Enrico Bondi, ci fosse riuscito. Almeno questo è quello che si è letto nei giorni immediatamente successivi all’approvazione della spending review: le province piccole saranno abolite e accorpate a quelle più grandi.

Ma occhio alla bufala. Come accade spesso con l’esecutivo targato Mario Monti, non è tutto oro quello che luccica. Pochi, infatti, si sono chiesti: ma quando accadrà tutto questo? Risposta: tra mesi. Semmai accadrà. Il dubbio è più che fondato. Per diversi motivi. Bisogna leggere con attenzione il testo per rendersi conto di alcuni passaggi che fanno sorgere pesanti dubbi sulla legittimità e sulla tempistica (ripetiamo: semmai ce ne sarà una) del provvedimento.

Articolo 17 del testo: “Soppressione e razionalizzazione delle province e loro funzioni”. Il comma uno parla chiaro: “Al fine di contribuire al conseguimento degli obiettivi di finanza pubblica imposti dagli obblighi europei necessari al raggiungimento del pareggio di bilancio, le province sono soppresse o accorpate”. Poco più avanti (comma 4) si è ancora più chiari: “Entro venti giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, con atto legislativo di iniziativa governativa sono soppresse o accorpate le province”. A leggere di getto sembrerebbe che i giochi siano fatti: venti giorni e l’assetto amministrativo dell’Italia cambierà. Falso.

Il testo, infatti, è più contorto di quanto possa sembrare ad una prima lettura. Certo, è scritto nero su bianco che le province saranno soppresse, ma – attenzione – “sulla base dei criteri e secondo la procedura di cui ai commi 2 e 3”. Ed è proprio in questi due commi (dieci righe in tutto) che c’è l’inghippo.

Il primo ostacolo è nella procedura stabilita dall’esecutivo: in dieci giorni il governo stabilirà i criteri per provvedere alla riorganizzazione del territorio che spetterà, poi, alle singole regioni. Come sottolineato dal centro studi delle due camere, non sarebbe infondato avanzare una pregiudiziale di costituzionalità. L’articolo 133 della nostra Costituzione, infatti, regola proprio l’abolizione delle province. Si legge: “Il mutamento delle circoscrizioni provinciali e la istituzione di nuove Province nell’ambito di una Regione sono stabiliti con leggi della Repubblica, su iniziative dei Comuni, sentita la stessa Regione”. Ecco, nella fattispecie nessuno ha chiamato in causa i Comuni. Né prima, né come visto dopo.

Un problema questo che tuttavia l’esecutivo ha cercato di aggirare con una furbata che lascia increduli: “il testo della deliberazione”, si legge nel decreto, “è trasmesso al Consiglio delle autonomie locali di ogni regione a Statuto ordinario”. Due osservazioni: cosa sono le non meglio precisate “autonomie locali”? Mettiamo caso siano proprio i comuni: questi verrebbero chiamati in causa non prima della soppressione (come vorrebbe la Costituzione), ma soltanto a giochi fatti, per semplice presa visione (“il testo della deliberazione” è poi “trasmesso”).

Ma andiamo avanti. Accanto ad un possibile problema di procedura, ne affiora un altro sulla tempistica. Ancora più subdolo. Ricordiamo il già citato comma 4: “Entro venti giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, con atto legislativo di iniziativa governativa sono soppresse o accorpate le province”.

Domanda: cosa si intende con “atto legislativo di iniziativa governativa”? Andiamo con ordine: non è un decreto legislativo perché non si parla di alcuna delega concessa dal Parlamento (indispensabile per un decreto legislativo); non è un decreto legge perché, come molti sapranno, il decreto legge è un atto d’urgenza e, in quanto tale, sarebbe assurdo se fosse previsto da una legge (come in questo caso).

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Non c’è via di scampo allora: non può essere altro che un disegno di legge. Ecco allora l’assurdo: nessuna soppressione lampo, dato che “entro venti giorni” dalla data di entrata in vigore della spending review, altro non sarà fatto che presentare un disegno di legge (“atto legislativo di iniziativa governativa”) che, in quanto tale, seguirà il normale iter parlamentare (se tutto andrà liscio: discussione alla Camera, approvazione, discussione al Senato, approvazione) con i suoi noti tempi biblici.

In altre parole, il governo Monti con un decreto legge (dunque urgente) com’è la spending review ha previsto la soppressione delle province rimandando la sua attuazione ad un disegno di legge ancora tutto da concepire, discutere e approvare. L’assurdo: un decreto urgente che rilancia ad un disegno di legge ordinario.

E i partiti di maggioranza? Avranno fatto notare queste incongruenze per via del loro “senso di responsabilità”?  Macchè. Silenti, hanno applaudito al decreto ed hanno approvato. Il motivo? Semplice: così come concepito il decreto potrebbe non portare assolutamente a nulla. Per quanto detto infatti tutto dipenderà dai partiti dato che il disegno legge sarà discusso e approvato in Parlamento. La riflessione è scontata: i tempi saranno lunghissimi (semmai un giorno si arriverà all’approvazione) dato che nessuno dei partiti di maggioranza avrà interesse a sopprimere quelle stesse amministrazioni provinciali rette ora dal Pd, ora dal Pdl, ora dall’Udc. L’ennesima furbata-bufala del governo firmato Mario Monti per far contenti i partiti amici. Con buona pace dei cittadini.