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Follia di Stato, risarcimento di 60mila euro a terrorista morto in Siria

Brahim Garouan

Solo in Italia può capitare che un terrorista morto in Siria avesse, in precedenza, ricevuto un risarcimento di 60mila euro per “ingiusta detenzione”: ecco la folle storia di Brahim Garouan.

La storia “mediatica” di Brahim Garouan inizia nel 2011, in provincia di Catanzaro, più precisamente a Sellia Marina, dove il giovane magrebino è conosciuto per essere figlio di Mohammed Garouan, l’Imam di una delle più importanti moschee della Calabria, quella di Sellia Marina appunto.

Il 31 gennaio 2011, però, Brahim e il padre vengono arrestati nell’ambito dell’operazione antiterrorismo “Hanein” dalla Digos di Catanzaro che fa scattare le manette per “l’Imam della Moschea di Sellia Marina (CZ), GAROUAN M’Hamed di 57 anni, di suo figlio GAROUAN Brahim di 25 anni e di DAHHAKI Younes, di 28 anni, quest’ultimo abitante in Lamezia Terme.”

Nel provvedimento restrittivo, emesso dal GIP presso il Tribunale di Catanzaro, si leggono accuse pesantissime riguardo al “al loro ruolo di promotori e diretti esecutori di attività di addestramento alle azioni violente con finalità di terrorismo posto in essere a livello internazionale attraverso la rete internet, in particolare interagendo con canali di comunicazione telematica afferenti all’integralismo islamico, e sul territorio nazionale mediante la creazione e la disseminazione di supporti di memoria informatica contenenti istruzioni e manualistica per il confezionamento e l’uso di armi ed esplosivi per rendere anonime e sicure le comunicazioni telematiche e per il compimento di sabotaggi di sistemi informatici, quali azioni strumentali o complementari rispetto alle tradizionali forme di terrorismo e, comunque, riconducibili al concetto di jihad globale”. 

Dopo 8 mesi e 8 giorni di galera arriva, ancora più inaspettato, viste le prove a carico degli arrestati, l’ordine di scarcerazione da parte dei magistrati inquirenti, cui segue anche “la richiesta della Procura per l’archiviazione, poi accolta dal Gip Giannina Mastroianni”, perché – questa la motivazione – “il terrorismo virtuale non esiste“.

Ma oltre alle scuse morali i tre magrebini ricevono anche un risarcimento economico di 60mila euro per ingiusta detenzione, che sarebbe stato versato nei mesi successivi.

Nei giorni scorsi la beffa finale, e atroce, per uno Stato capace di scovare i colpevoli ma incapace di far rispettare le leggi e far scontare i reati commessi.

Nonostante lo scorso mese di aprile Brahim sia rimasto ucciso da un bombardamento in Siria, mentre combatteva la sua guerra santa contro gli infedeli cristiani, nei giorni scorsi è arrivata una prima sentenza che ha assegnato 62 mila euro per ingiusta detenzione a Younes Dahhaki, mentre una seconda sentenza ne ha assegnati poco meno di 60 mila allo stesso Brahim Garouan, morto in Siria mentre combatteva la jihad. 

I giudici devono ancora decidere per il risarcimento al capo della moschea. Nel frattempo i legali di Brahim stanno cercando di fare in modo che il risarcimento di Brahim possa andare ai suoi familiari.

Così oggi siamo di fronte ad una situazione assolutamente paradossale per cui “mentre il Ministero si prepara a sborsare ben 180 mila euro (60 mila ciascuno) a favore dei tre magrebini dichiarati innocenti, uno di loro, Brahim Garouan, entra nella lista degli otto “jihadisti d’Italia” che risultano morti in battaglia”.