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Gianfranco Fini ad Isernia: attese deluse e noiosa retorica

Sara Barone e Andrea Palumbo, moderatori del dibattito in cui Gianfranco Fini ha incontrato gli studenti del Majorana nell’ambito del progetto “Letture Effervescenti” – il leader di FLI ha presentato il suo libro “Il Futuro della Libertà” – ci raccontano da vicino com’è andata. “Non basta il microfono ad archetto e la partecipazione in assemblee di giovani a rendere il politico credibile, tanto più se si vuole mostrare di essere alternativi al  berlusconismo.”

Entrata trionfale in stile JFK con microfono ad archetto, il Presidente della Camera dei deputati ha incontrato gli studenti  del Majorana nell’ambito del progetto “Letture Effervescenti” per ascoltare e rispondere alle impressioni suscitate dalla lettura del suo libro “Il Futuro della Libertà”.

Le premesse sembravano far pensare a un incontro poco formale che si slegasse dalle classiche etichette della politica, ma già dalle prime battute la situazione si è dimostrata ben diversa. Chi vi scrive ha moderato ed è intervenuto nel dibattito che, partendo dalla questione attualissima della Riforma universitaria, si  è snodato attraverso gli argomenti più disparati tra cui europeismo, integrazione, ideologia, bioetica e precarietà.

Il Presidente ha ritenuto doveroso iniziare rispondendo alle polemiche che erano sorte riguardo alcune sue dichiarazioni rilasciate nei giorni scorsi: parlando a degli studenti leccesi aveva espresso le sue perplessità circa la sostenibilità economica dei piccoli Atenei, come quello di Isernia, e queste dichiarazioni erano state interpretate come un attacco diretto all’università del capoluogo pentro, a cui il Rettore Cannata aveva reagito negando la disponibilità dell’Aula Magna del suo Ateneo.  E’ per questo che i ragazzi sono stati costretti ad accogliere Fini nello scenario dei “Cantieri Culturali Le Cave”, in un ambiente di certo poco adatto all’occasione. In realtà il suo intento era solo quello descrittivo, senza entrare nel merito della questione.

Pur considerando positivamente la Riforma Gelmini, il Presidente ha sottolineato come essa rischi di non essere supportata dai fondi necessari. D’altro canto ha espresso la sua approvazione per i moti di protesta degli studenti, poiché questi denotano una forma di partecipazione attiva ai problemi del Paese, purchè non sfocino in episodi di violenza come successo nei giorni scorsi.

Non intendiamo dilungarci oltre sulla cronaca dei temi affrontati durante l’incontro, ritenendo più utile focalizzare la nostra attenzione su delle considerazioni critiche riguardo l’approccio preconfezionato del porsi di fronte al pubblico. Una prima riflessione a margine: il nome della nuova formazione politica nata dalla scissione dei finiani dal Pdl ( “Futuro e Libertà”),  rievoca in maniera del tutto esplicita il titolo del libro al centro del dibattito di ieri ( “Il Futuro della Libertà”).

La somiglianza non può certo essere casuale ed evidenzia una volta di più la scarsa spontaneità dell’usus dellapolitica, visto che la pubblicazione del libro ha preceduto di vari mesi la diaspora di Fini e dei suoi. Un dato del genere dovrebbe far riflettere sulla percezione che i cittadini hanno del susseguirsi delle scelte governative, la quale non corrisponde all’effettiva attualizzazione dei moventi politici. Tali moventi percorrono una strada parallela ma inespressa, poiché oscurata dalla vuota retorica politica.

É la stessa retorica che ci è parsa una delle note dolenti dell’incontro di ieri, nonostante la distinzione formalizzata da Fini stesso nel libro, e ribadita durante la discussione, tra <<politica del fare>> e <<politica dell’essere>>. L’intento palesato dal Presidente a inizio incontro di prendere spunto dal progetto che lo ha ospitato e rendere “effervescenti” le sue tesi, si è infranto nel solito vecchio paradigma della sofistica, cristallizzandosi in forme argomentative per nulla originali e, permetteteci, decisamente noiose per la loro ridondanza.

Non basta il microfono ad archetto e la partecipazione assidua in assemblee di giovani a rendere il politico credibile, tanto più se si vuole mostrare di essere alternativi ai  clichès delle dinamiche mediatiche del berlusconismo.