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SEXYGATE 2/ Isernia: tra prostituzione, camorra e politica, entriamo in una delle case “aperte”

“Sono la pecora, sono la vacca, che agli animali si vuol donare, sono la femmina camicia aperta, piccole tette da succhiare…e una minuscola fica…”. Fernanda, la Princesa di Faber. M. , la nostra donna allegra. Perché puttana poteva dirlo solo De Andrè, e nessuno si scandalizzava. La nostra storia potrebbe cominciare così: Corso Marcelli, c’è una puttana… Anzi due, tre, quattro, dieci. A grappoli, per essere precisi. E una di queste, M. , ci ha aperto le porte di casa. Ignara che fossimo “infiltrados”, si è lasciata andare. Fino ad un certo punto. Quando siamo stati amabilmente cacciati. Dopo aver toccato il tasto più delicato: i suoi rapporti con i politici.

di Andrea Succi

I numeri della prostituzione in Italia sono impressionanti: 70 mila meretrici sparse sul territorio nazionale, di cui il 20% con età inferiore ai 18 anni. Nove milioni i clienti abituali, che – secondo Transcrime – riescono a produrre un giro d’affari tra i 2,2 e i 5,6 miliardi di euro. Un mare di denaro cui le mafie di mezzo mondo non riescono proprio a rinunciare. Tanto da far scattare inaspettate alleanze, come quelle tra la camorra e la mafia ucraina e nigeriana, o tra la ‘ndrangheta e la mafia albanese. Anche perché, come rilevato dal Copasir, il “mercato è in continua evoluzione” e il giro d’affari “è dietro solo al traffico di stupefacenti e di armi“. Insomma, c’è da mangiare per tutti.

Ovvio che il piccolo ma succulento Molise, bocconcino prelibato per le mafie italiane e straniere, non sfugga a certe criminal rules. È la Direzione Nazionale Antimafia a darne conferma, nella sua “Relazione annuale relativa al periodo 1 luglio 2010 – 30 giugno 2011”: “Il Molise, in assenza di organizzazioni criminali locali strutturate sul modello tipicamente “mafioso” e protese al controllo pervasivo del territorio, si presta all’insediamento di gruppi delinquenziali nazionali e stranieri attivi nello sfruttamento della prostituzione”. E anche in altri settori, sia chiaro, ma ora concentriamoci su questo schifoso ma redditizio business: la tratta di esseri umani. Perché di questo si tratta.

Abbiamo lasciato passare diverso tempo tra la prima e la seconda puntata del sexygate molisano. Per vedere l’effetto che fa. Per capire chi avrebbe raccolto l’invito a mettere le mani nella melma che sta soffocando mezza città. Si è smosso persino qualche organo di stampa filogovernativo, che – scopiazzando quanto da noi scritto – ha paragonato il Corso Marcelli di Isernia, la parte storica della città, alla più famosa Via del Campo cantata da Faber.

Nel merito è sceso anche Ugo De Vivo, l’invisibile candidato sindaco di centrosinistra – il 6/7 maggio ci saranno le comunali – che nel suo programma politico ha inserito la “promozione del centro storico”. Come? Primo passo: “via le prostitute”. Nessun dorme, a quanto pare.

E noi, per dare ulteriore linfa alla verve di De Vivo – e ad altri che vorranno seguirlo in questa battaglia – siamo entrati in una di quelle case del piacere che spuntano come funghi nella città vecchia. Prima però ripartiamo da dove ci eravamo lasciati: “«In fondo a quel vicolo c’è quello che cercate, ma io in questa storia non ci voglio entrare». Cicerone alza i tacchi e se ne va. Noi invece facciamo qualche passo e scoviamo il portone incriminato. La soffiata era giusta. Non resta che citofonare.”

Citofoniamo. Din don. Risponde una voce femminile. “Salite”, dice con voce assonnata. Si sente uno scatto, è il rumore della serratura di un pesante portone in legno. Che si apre. Spingiamo. Di fronte a noi una ripidissima rampa di scale, come in quasi tutti gli appartamenti del centro storico, che per motivi di spazio venivano costruiti su più piani. Nel buio – la luce non funziona – si scorgono due ingressi, uno al premier étage, l’altro al secondo

Dall’ombra della prima porticina spunta M. , mentre di sopra c’è una sua collega, con cui – ci dirà – “divido le spese. Lei è arrivata da poco, ma è molto brava. Volete provare?” Quanto? “50 euro bocca e fica.Il supermarket del sesso, il bordello a cielo aperto non ha prezzi popolari.

Siamo qui per parlare, non per consumare. E la storiella che ci inventiamo è questa: una nostra amica, italiana, divorziata, con figli a carico, non riesce più a fronteggiare la grave crisi economica che l’attanaglia. C’è l’affitto da pagare, le tasse, la spesa da portare in tavola, i libri per i figli… Vorrebbe intraprendere la strada verso il mestiere più antico del mondo.

Ah, è italiana?”. Si. “Sono le più ricercate. I clienti preferiscono quelle con la pelle bianca, meglio ancora se italiane.” Ecco. Siamo riusciti a trovare il giusto grimaldello per aprire lo scrigno in cui M. conserva i suoi segreti. Ora c’è da capire come ci si muove in questo mondo. E le domande a cui cerchiamo risposta sono diverse: può lavorare in casa? A chi deve rivolgersi per trovare un appartamento? E le spese chi le paga? C’è un protettore cui dover rendere conto? E tu M. come te la cavi in tal senso? Non vorrai mica farci credere che sei una freelance

Perché non me la fai conoscere? Possiamo fare così: se lei prende 50, dividiamo: 25 a te e 25 a me.” Pensa già al business, la nostra M., sembra più un’imprenditrice che una malafemmena. Probabilmente farà lo stesso con la collega che ospita al piano di sopra.

Ci guardiamo intorno e iniziamo a capire in quale buco siamo andati a ficcarci. Perché di un buco si tratta. Una sola stanza, con un letto matrimoniale ancora in disordine. Un pacco di salviettine detergenti e uno di preservativi sul comodino marrone. Una sedia. Un armadio. Un separé dietro cui s’intravede il cesso. Tutto qua? Si. Tutto qua. Le persiane sono ovviamente chiuse e sopra il buio aleggia uno strano tanfo in cui si mischiano la puzza di chiuso, le zaffate del sesso a pagamento e la forte fragranza della pelle di M. Che è scura, nigeriana per la precisione, e si trova da qualche anno a Isernia.

Qui si sta bene, ma sto per andare via. Anzi, quello che consiglio all’amica vostra è di andare a lavorare in un piccolo paesino.” Il perché è presto detto: meno pericoli e, probabilmente, meno concorrenza. E rieccoci piombare nel mondo di Bocca di Rosa dove “le comari” del paesino “non brillano certo d’iniziativa” e “le contromisure si limitavano all’invettiva.

Io come ho iniziato? Ho preso in affitto quest’appartamento, ho inserito gli annunci sui giornali (e infatti c’erano alcune copie di giornali locali sul letto, ndr) e ho aspettato che arrivassero i clienti.” E gli affari devono andare anche piuttosto bene, visto che ha addirittura due schede telefoniche. Quanto guadagni al mese? “Dipende, ma riesco ad arrivare anche a 3/4 mila euro al mese.”.

La nostra amica sarebbe molto interessata, insistiamo riprendendo il leit motiv della storiella iniziale, però ha paura di dover rendere conto a qualcuno. Un protettore per intenderci. “No, no, di questo non deve preoccuparsi. Mandatela da me, fatemi chiamare e l’aiuto io.” Ma tu da chi sei protetta? “Io lavoro da sola, non ho padroni”, dice M. con aria sorniona. Non vuole spaventarci e probabilmente vorrebbe utilizzare con la nostra pseudo-amica lo stesso metodo di quegli universitari che subaffittano le stanze. Accenniamo un leggero pressing: non è possibile lavorare in proprio in un mondo dove i destini vengono decisi dalle mafie.

La camorra? Non so le altre, ma io faccio tutto da me. Però…” Che cosa potrebbe mai nascondersi dietro quel però…

Però c’è crisi”, rivela M., stupendoci non poco e provando a cambiare discorso. Come crisi? Con tutti i soldi che guadagni? Con tutti i politici che vengono a trovarti? Ed è a questo punto che succede qualcosa di strano. Perché forse abbiamo toccato un nervo scoperto.

M. sembra insospettirsi e pur restando calmissima lascia trasparire un pizzico di inquietudine. Se fino ad allora eravamo seduti sul grande lettone ora M. si alza e fa un passo verso la porta socchiusa. In qualche modo ci invita ad andare o ad investire il nostro denaro senza ulteriori, per lei inutili, chiacchiere.

Azzardiamo l’ultimo colpo prima di lasciare quel mondo di perdizione. E puntiamo sul piatto l’intera posta in palio. Lo sanno tutti, a Isernia, che dietro il giro di prostituzione c’è la manina di qualche politico. E la nostra amica non vorrebbe ritrovarsi invischiata in certe brutte faccende. Come capitò alla povera Marinalba Costa Silva, la squillo brasiliana che lavorava proprio in un monolocale del centro storico di Isernia e nel 2008 ci lasciò le penne. Un caso in apparenza chiuso, con un colpevole e tanta tristezza. Ma ci sono troppi punti oscuri che ancora non quadrano. 

Non c’è più nulla da fare, la nostra M. si è chiusa a riccio e dietro un sorriso sincero riesce a nascondere, chissà per quanto ancora, i suoi segreti più reconditi.

Eppure a noi resta la convinzione che ci sia tanto marciume da proteggere, che gli affari della prostituzione non possano in alcun modo essere una sorta di fai-da-te, soprattutto se di mezzo ci sono ragazze straniere. Chi le ha fatte arrivare a Isernia? E come? Con quali documenti? Chi le protegge dai blitz delle forze dell’ordine? Sarà davvero qualche manina politica, come si dice in ambienti bene informati?