DA S. STEFANO A POGGIO SANNITA/ Viaggio nei canili lager del Molise
I randagi non sono la causa del randagismo ma le vittime della bestialità umana. Secondo il Dossier dell’UGDA 2012, non rispettando la legge n.281/91 che tutela giuridicamente i cani, la speculazione che ruota intorno ai canili è consistente e le condizioni di degrado sono ignobili. L’UGDA consegna la palma dell’inciviltà al Molise: canile Santo Stefano di Campobasso seguito a ruota da Ripalimosani, Mirabello Sannitico, Ripabottoni e il tristemente famoso lager isernino di Poggio Sannita.
di Maria Cristina Giovannitti
Un viaggio nei canili-lager italiani è come una discesa negli inferi con la differenza che la brutalità nella quale vivono gli animali è vera. Ci sarebbe da vergognarsi per la condizione in cui versano queste strutture ma ciò non accade perché l’ignoranza degli amministratori è tanta e manca la forma mentis per farlo. Il problema vero è che l’uomo non considera gli animali come degli esseri viventi e quindi come dei “cittadini animali”. Lo Stato ha tentato di riconoscere, anche giuridicamente, cani e gatti con la legge n.281 del 14 agosto 1991 in cui si cerca di tutelare gli animali, onde evitare il randagismo. Ci abbiamo provato, in quanto Paese “apparentemente civile”, ma non ci siamo riusciti. La nostra Penisola si colloca nella lista nera del randagismo ed il Molise ha ricevuto “la palma dell’inciviltà e della durezza di comprensione dei propri amministratori”; questo è quanto emerge dal Dossier dell’UGDA – Ufficio Garante degli Animali.
Ogni anno oltre 135 mila cani e gatti vengono abbandonati; 600 mila cani vengono liberati sul territorio e solo il 33 per cento di questi viene portato in un canile. Oltre il 60 per cento degli animali muore in queste strutture. I randagi raggiungono l’apice in Puglia (70.600), seguiti da Campania (70.000), Sicilia (68.000), Calabria (65.000) e Lazio (60.000). Com’è ben evidente il sud è il più colpito da questo fenomeno perché anche sul randagismo tesse la sua tela la criminalità, la corruzione e la zoo mafia.
Bisognerebbe investire sui canili, unica vera soluzione all’abbandono dei cani, considerando le giuste norme igienico-sanitarie e considerando gli animali con più umanità. Nella realtà, invece, anche i canili sono diventati dei business che fanno gola a troppi “compiacenti,” visto che il giro d’affari ammonta a circa 500 milioni. Inoltre per ogni randagio viene elargito un compenso che va dai 2 ai 7 euro al giorno per cibo, assistenza sanitaria ed il vivere civile, soldi che spariscono nella maggior parte dei casi. Spesso sono gli stessi volontari a sobbarcarsi le spese economiche primarie.
Nel dossier, ampio spazio è stato riservato ai canili lager del Molise e ai suoi ‘poco umani’ amministratori: non dimentichiamo la scandalosa ordinanza del 2008 del sindaco Di Fabio che impediva di dare da mangiare ai randagi, suscitando non poco scalpore.
Primo fra tutti il canile di Poggio Sannita, ad Isernia, di cui abbiamo già parlato, sequestrato dopo un esposto collettivo mosso proprio dall’UGDA.
Ma nel dossier c’è anche il canile di Santo Stefano a Campobasso definito il “lager dei lager”, una “deplorevole struttura” in sovraffollamento con circa 700 cani, anziché 300. Inoltre ci sono condizioni igieniche nulle, cani che si aggrediscono tra loro fino ad uccidersi, animali che ingurgitano acqua e feci in strutture fatiscenti che rischiano di crollare. Questo è in realtà un problema che dura dal 2004 e che già illo tempore il sindaco Di Bartolomeo, durante la sua campagna elettorale del 2009, aveva promesso di risolvere. Ma si sa che le promesse in campagna elettorale sono da marinai. Ora Big Gino ammette di non aver soldi per gestire adeguatamente questi canili ed ha richiesto alla Regione Molise 500 mila euro per ognuno, soldi che se non arriveranno porteranno alla chiusura delle strutture. Il problema è che chiudere un canile significherebbe far danno solo a chi vittima già lo è: gli animali. Investire in queste strutture e condannare praticamente i veri colpevoli, sarebbe la vera giustizia. E i veri colpevoli, secondo UGDA, sono i sindaci e le Asl che non praticano i giusti controlli.
Bollati come lager anche il canile di Ripalimosani – dove «non esce un cane neanche a pagarlo» – quello di Ripabottoni – una struttura in appalto ad una ditta di Napoli che non si cura della gestione e dove non c’è nessun tipo di riparo per i poveri cani che sono alla mercé di ogni intemperie – ed infine il ‘Rifiugio del randagio’ di Mirabello Sannitico dove 500 cani alloggiano nelle peggiori condizioni.