SANITÀ/ Favori ai privati, buchi nei bilanci e corrotti: caro Monti questi sono i problemi
Dopo l’apertura di Mario Monti a “nuovi finanziamenti” per garantire il servizio sanitario (peraltro ieri il Professore ha rincarato la dose), Infiltrato.it ha deciso di andare a vedere, nei fatti, da cosa dipenda il malfunzionamento (e i conti in rosso) della sanità italiana. La risposta non è imputabile – contrariamente a quanto pensa Monti – all’architettura del sistema stesso tout court, ma alla corruzione dilagante e ad incredibili sprechi. Tra favori a privati, regalie ad amici e parenti, convenzioni poco trasparenti, bilanci mai presentati e inchieste giudiziarie, ecco la realtà della sanità in giro per le regioni. Una sanità malata di sprechi e corruzione.
di Carmine Gazzanni
Ieri Mario Monti ha rincarato la dose: “La nostra sanità pubblica – ha detto il Professore – è chiamata a ripensarsi in vista di una rimodulazione e adattamenti di cui dobbiamo avere consapevolezza”. Già l’aveva detto pochi giorni fa quando parlò della ”opportunità di affiancare al finanziamento a carico della fiscalità generale forme di finanziamento integrativo”. Insomma, il Professore sembrerebbe – nonostante le varie smentite che lasciano il tempo che trovano – pronto ad aprire ai privati. Più di quanto già oggi non sia. È improbabile, però, che i desiderata di Monti trovino realizzazione. Per due ragioni. Innanzitutto perché una riforma così radicale richiederebbe molto tempo, cosa che Monti non ha disposizione. Secondo, per una ragione – diciamo così – patriottica: la sanità pubblica per gli Italiani è come un fiore all’occhiello, un tratto distintivo. Toccate la sanità e risveglierete il can che dorme (spesso troppo).
Nonostante questo, però, il problema è stato posto. La lancia, a più riprese, è stata lanciata. Non è detto che nessuno, dopo Monti, possa riprendere la sua posizione (specie se dovesse concretizzarsi il Monti-bis o, comunque, una sua versione). Ecco allora che si pone la domanda: da cosa dipendono i disservizi e gli alti costi del sistema sanitario? In altre parole, sono imputabili all’architettura del sistema stesso tout court o alla corruzione dilagante e agli alti sprechi che caratterizzano la sanità pubblica? Se nel 2010 si scopre all’Asl di Massa Carrara un buco di 300 milioni causato da comportamenti fraudolenti (e su cui sono avviate le indagini della magistratura), su regalie imbarazzanti (i soldi pubblici venivano impiegati per pagare Rolex e gioielli a amministratori e consorti) e sul mancato controllo della politica (scriveva la Commissione parlamentare sugli errori sanitari e i disavanzi regionali: “appare censurabile il comportamento dell’apparato di controllo”), di chi è la colpa, del sistema stesso o di chi c’è dentro? La risposta è quanto mai ovvia.
Qualcuno, però, insisterà: probabilmente quello di Massa è un caso isolato. Tutt’altro. Non è che uno dei tanti esempi che si potrebbero fare a testimonianza della mala gestio in cui versa la sanità italiana. Infiltrato.it ha analizzato i quadri e i rapporti sullo stato della sanità in giro per le regioni. Di esempi imbarazzanti ce ne sono a bizzeffe.
IL DEBITO CALABRESE? TALMENTE VASTO CHE NON SI SA A QUANTO AMMONTA – Prendiamo uno dei casi più incredibili, quello calabrese. È luglio 2011 quando sempre la Commissione parlamentare d’inchiesta stende la Relazione sullo stato della sanità nella regione Calabria. Quello che i parlamentari si trovano di fronte ha dell’assurdo. Si sono riscontrati “dati contabili e di bilancio inaffidabili; l’omessa attivazione e non affidabilità del sistema informativo riguardante le operazioni contabili del Servizio sanitario regionale; l’eccessivo ricorso alle anticipazioni di cassa oppure al mercato di cassa”. E ancora: “tardiva e in alcuni casi omessa approvazione del bilancio di esercizio; illegittimità rilevate nell’acquisto di farmaci”. Insomma, accanto agli sprechi anche l’impossibilità di valutarli. È scritto, d’altronde, nero su bianco: “In questi anni si sono registrati sperperi la cui entità è praticamente impossibile da valutare perché manca la rintracciabilità delle spese”. Incredibile ma vero. “Non esistono i bilanci – si legge ancora nella relazione – la Corte dei Conti parla di una mancanza di tracciatura contabile e di dati ottenuti di fatto a voce”.
Accanto a questo, ovviamente gli sprechi. Dalla relazione, infatti, emergono anche illegittimi conferimenti di incarichi professionali e consulenze, aumento dei costi per i farmaci rimasti poi inutilizzati o scaduti, per macchine obsolete e – addirittura – per il “pagamento degli affitti a canoni notevolmente elevati rispetto ai prezzi di mercato”. Non a caso, oggi, la Calabria è una delle cinque regioni commissariata.
NAPOLI E SARDEGNA. QUANTI DIPENDENTI… – Basta pensare ad un dato per porsi qualche domanda: l’Asl 1 di Napoli conta ben 13 mila dipendenti. Sarà un caso, ma è – come scrive Pierfrancesco De Robertis nel libro-inchiesta La casta invisibile delle regioni – anche “la più grande e indebitata d’Europa”. Non è questo, d’altronde, un caso isolato. Spostiamoci in Sardegna. È il marzo 2012 quando la Corte dei Conti si occupa dei conti della giunta Cappellacci. Riguardo la sanità il bilancio è impietoso: “la dotazione di personale nell’ultimo dato rilevato indica quasi 24 mila dipendenti, oltre l’11% in più rispetto alla media nazionale, con una spesa solo per il personale di 1,141 miliardi di euro”. Cifre decisamente alte, dunque. Così come lo sono state per la spesa farmaceutica: secondo il rapporto dei magistrati si è registrato addirittura un più 87,9% per l’acquisto di prodotti farmaceutici. Il tutto anche grazie a fatto che “è mancato un sistema di controlli e misure sanzionatorie da parte della regione sui comportamenti delle aziende sanitarie”. Non solo. La Corte segnala anche l’aumento di consulenze e lavori interinali, costati la bellezza di 70 milioni nel solo 2010.
AFFIDARSI AI PRIVATI? UNA SCIAGURA. I CASI DEL VENETO E DELLA LOMBARDIA – A questo punto Mario Monti potrebbe dire che proprio per questo che bisogna considerare l’opportunità di affidarsi ai privati. Nulla di più sbagliato. Buona parte del deficit sanitario, infatti, è imputabile proprio ad una particolare generosità verso le cliniche private convenzionate. Prendiamo il caso del Veneto. Nel giro di quattro anni – dal 2006 al 2010 – sono stati dirottati alle strutture private circa 200 milioni di euro: un incremento di fondi (i rimborsi ai privati sono passati dai 526 milioni del 2006 ai 578 nel 2009) proprio mentre quelli per il pubblico venivano pesantemente tagliati. Per non parlare della Lombardia, dove – non è un mistero – il sistema messo in piedi da Formigoni assicura grossi vantaggi a quelle aziende cliniche che ruotano attorno a Comunione e Liberazione. Già nel 2008, d’altronde, la Corte dei Conti parlava di uno squilibrio a favore dei privati, favorito anche dall’assenza di controlli. Sono state poi le inchieste della magistratura a chiarire meglio la questione: dalla clinica Santa Rita dove si facevano operazioni inutili e dannose solo per ottenere i rimborsi, fino al San Raffaele e alla Fondazione Maugeri con gli arresti dei ciellini Daccò e Simone. D’altronde non è un mistero: come già documentato, la Lombardia è la regione con un’incidenza maggiore di tutte per la sanità privata (43,8% della spesa sanitaria totale).
IL CASO DEL LAZIO: TRA CLINICHE PRIVATE E VATICANO – In questa querelle, infine, non può mancare il Lazio, un’altra regione in pesante deficit sanitario. Qui la questione è più strutturale: tantissimi ospedali privati convenzionati, la maggior parte dei quali in mano allo stesso soggetto, il Vaticano. Scrive De Dominicis: “non esiste una stima precisa ma si calcola che un terzo degli ospedali romani sia in qualche modo controllato da enti ecclesiastici. Un centro di potere e di interessi enormi, che nessun politico, di destra o di sinistra, ha la forza di toccare”. Basta d’altronde analizzare alcuni dati per rendersi conto di come, anche qui, i privati giochino un ruolo tutt’altro che secondario. Nel Lazio – secondo quanto ricostruito ancora da De Dominicis – esistono 1,4 posti letto ogni 1000 abitanti in strutture private, contro lo 0,3 del Veneto, lo 0,6 della Toscana, lo 0,2 della Basilicata. Questi numeri peraltro non sorprendono se rapportati al fatto che il Lazio è secondo solo alla Lombardia sui finanziamenti destinati alle strutture private (41,7%).
IL FUTURO? SARÀ ANCORA PEGGIO: COLPA DEI TAGLI DI MONTI – Se il passato e il presente del sistema sanitario non sono rosei, il futuro si prospetta anche peggiore. Il motivo va ritrovato proprio nell’operato del governo Monti. Secondo il decimo rapporto dell’AIOP (Associazione Italiana Ospedalità Privata) pubblicato proprio ieri, da qui al 2014 andremo incontro ad un taglio pare a 14 miliardi di euro. Un taglio enorme che si abbatterà sulla sanità nel giro di tre anni e che, stando agli esperti dell’associazione, potrebbero portare alla chiusura di ben 250 ospedali (quelli con meno di 80 posti letto), mandando a casa 12 mila dipendenti tra medici e personale. Il che, peraltro, significa 300 mila ricoveri in meno l’anno.
Insomma, da un’attenta analisi sembrerebbe proprio che più che cercare “nuovi finanziamenti”, bisognerebbe non tagliare gli attuali. Monitorandoli meglio.