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Il Vaticano avvisa Tsipras: “Hai sbagliato tutto. E ora in Grecia tornerà la Troika”

Papa Francesco scruta Tsipras

Il pensiero del Vaticano, espresso attraverso le colonne dell’Osservatore Romano, è disincantato, a tratti cinico, netto. Tsipras ha fatto “molto rumore per nulla” e quello sollevato da Syriza e dai suoi alleati si è rivelato nient’altro che “un circo mediatico”. Le conseguenze immediate per la Grecia saranno devastanti. E il ritorno della Troika inevitabile. Ecco lo scenario dipinto dalla Santa Sede.

L’ultimo atto della tragedia greca, tra propaganda e Realpolitik, è andato in scena a Bruxelles con il compromesso raggiunto in extremis dai leader nell’ultimo Consiglio Ue. A poco più di una settimana dal referendum nel quale i greci hanno detto no alle condizioni imposte dai creditori internazionali per un nuovo piano di salvataggio, il loro premier, Alexis Tsipras, ha dovuto cedere alle pressioni delle cancellerie e accettare un commissariamento de facto del proprio Paese. Molto rumore per nulla, quindi. Il grande circo mediatico sollevato da Syriza e dai suoi alleati è svanito. Vince l’asse Merkel-Hollande: una strategia che ha messo all’angolo i populismi, aggirato la volontà degli elettori e fatto capire che l’Europa non si decide nelle piazze bensì nei ristretti circoli dei palazzi e nei mille equilibrismi dei negoziatori. Tutto questo — si dice — in nome della salvezza dell’integrità europea.

L’EUROPA NON ESISTE PIÙ 

Ma di quale Europa? Di certo non quella di Adenauer, De Gasperi, Schuman, quella fondata sulla fiducia, la speranza e la solidarietà figlie di una grande visione internazionale, in grado di sfidare anche le opinioni pubbliche nazionali e gli interessi elettorali. Nel testo dell’accordo si chiarisce che, per ottenere un nuovo prestito da 86 miliardi, il Governo greco dovrà «consultarsi e accordarsi con le istituzioni europee su tutti i disegni di legge nelle aree sensibili, con il giusto anticipo prima che queste vengano sottoposte all’attenzione pubblica o al Parlamento». Alla Commissione Ue è stato affidato il compito di coordinare il supporto tecnico da fornire alla Grecia in tutte le fasi delle riforme.

ACCORDO O TRUFFA?

L’accordo pretende inoltre una marcia indietro del Governo Tsipras, che dovrà annullare alcune misure adottate in passato, a eccezione di quelle mirate a contrastare la crisi umanitaria dovuta alle difficoltà economiche. Sono però due gli aspetti che meglio di altri fanno capire la portata dell’accordo di Bruxelles. Il primo è la creazione di un fondo nel quale far confluire beni greci fino a cinquanta miliardi di euro. Questi dovranno servire a ripagare il pacchetto di aiuti dell’Esm (il fondo salva-Stati europeo). In sostanza, una garanzia, o meglio — dicono gli esperti — un piano di privatizzazioni forzato. Sarà infatti un fondo basato ad Atene (e non in Lussemburgo, come sembrava in un primo momento), guidato da un board di esperti scelti da Bruxelles (una nuova Troika) sotto la supervisione delle istituzioni europee.

I proventi saranno usati sia per la ricapitalizzazione del sistema bancario sia per investimenti nella crescita. Resta però ancora da capire come, ovvero che tipo di strategia economica Bruxelles ha in mente e se il Governo avrà o meno voce in capitolo. C’è poi un altro aspetto poco chiaro nell’accordo: la questione del debito greco. Il comunicato finale del vertice riconosce che «l’Eurogruppo è pronto a considerare possibili misure addizionali (grazia e periodi di pagamenti più lunghi) per assicurare che le necessità di finanziamenti lordi restino a un livello sostenibile». Ciò significa che non ci sarà nessun taglio effettivo del debito, bensì un lavoro di riscadenziamento dei pagamenti.

IL RITORNO DELLA TROIKA

Un cammino che sarà condizionato «alla piena attuazione delle misure concordate e sarà considerato dopo la prima verifica» dell’attuazione del programma. In altre parole, sul piano tecnico, il nodo più complesso di tutti è rimasto intatto: è stato semplicemente rinviato o peggio ancora rimandato al mittente. E il mittente avrà, dal canto suo, un lavoro molto difficile da compiere. L’accordo impone infatti un calendario molto preciso. Entro il prossimo ottobre il Governo ellenico dovrà affrontare il nodo del sistema pensionistico, avviare il piano di liberalizzazioni (dai traghetti alle farmacie), privatizzare la rete elettrica, rivedere la contrattazione collettiva.

Entro il 20 luglio i partner europei si aspettano la riforma della pubblica amministrazione. Se queste, dunque, sono le condizioni, quali sono ora le prospettive politiche che si aprono? Chi pensava che Tsipras, forte del referendum, avrebbe avuto un peso negoziale più forte si è sbagliato. Le immediate conseguenze dell’accordo sono già sotto gli occhi di tutti: con molta probabilità il Governo di Syriza è destinato a spezzarsi, lasciando il campo a un possibile Esecutivo delle larghe intese legato a doppio filo alla nuova Troika. Più che smorzare i populismi e le spinte anti-europeiste, dentro e fuori la Grecia, questa situazione porterà a una loro radicalizzazione dalle conseguenze imprevedibili.