50 italiani combattono in Siria e Iraq, l’identikit dei Servizi Segreti: “Anche l’Italia è nel mirino”
Sono 50 i giovani italiani, reclutati e indottrinati via Internet, che si sono convertiti all’Isis e combattono in Siria e Iraq. Quando rientreranno potrebbero decidere di emulare i fratelli Kouachi, attentatori di Charlie Hebdo: ecco l’identikit tracciato dai Servizi Segreti del nostro Paese.
La prima giornalista ad occuparsi dei cosiddetti di «foreign fighters», i combattenti italiani arruolati dal terrorismo nelle schiere dell’Isis, è stata Virginia Piccolillo sul Corriere della Sera. E il suo racconto, che si basa sulle informative dei servizi segreti è dettagliato: “Sono almeno cinquanta. Giovanissimi. Reclutati e indottrinati spesso via Internet. Vengono dalle città del Nord: soprattutto Brescia, Torino, Ravenna, Padova, Bologna, e diversi piccoli centri del Veneto. Ma anche Roma e Napoli. La gran parte, almeno l’80 per cento di loro, sono italiani convertiti all’Islam da poco. E di colpo. Ma ci sono anche figli di immigrati, di seconda generazione. Tutti sono attualmente tra Siria e Iraq, pronti ad immolarsi per la jihad: la guerra santa.”
Il Ministro dell’Interno Angelino Alfano ha confermato l’esistenza di queste frange terroristiche, definite «foreign fighters», specificando che si tratta di “un fenomeno frammentato che, però, può contare su un gruppo più consistente di residenti in Italia che fungono da ufficiali di collegamento tra il nostro territorio e il terrorismo islamico”.
Secondo la nostra intelligence, i soggetti già rientrati nel nostro Paese, e che si occuperebbero di questa importante funzione logistica di raccordo tra l’Islam e l’Italia, sarebbero almeno duecento, addestrati e ritenuti molto pericolosi.
Claudio Galzerano, direttore della divisione antiterrorismo internazionale dell’Ucigos, ci tiene a gettare acqua sul fuoco: “Abbiamo un conto preciso dei circa 50 i foreign fighters italiani arruolati nell’Isis. Nella comunità della sicurezza italiana c’è un’ottima osmosi tra il lato intelligence e il lato del law enforcement, delle forze di polizia: grazie a questo è stata creata una lista consolidata che ci permette di conoscere esattamente le dimensioni del fenomeno in tutte le sue sfumature: tra tutte le persone coinvolte siamo al di sotto delle 50”.
A sentire Giacomo Stucchi, presidente del Copasir, il Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica che funge da organo di controllo dei servizi segreti, vengono i brividi: “Anche l’Italia è nel mirino”, precisando che “c’è il massimo sforzo degli apparati di intelligence per prevenire tutto ciò che è prevedibile, ma quello che è successo ieri a Parigi, con l’azione di due o tre individui e non di reti più ampie, è difficile da prevenire.”
I «foreign fighters», dalle indagini svolte finora, “sono tutti molto giovani. Hanno tra i 18 e i 25 anni. E sono per lo più maschi. Non si hanno per il momento notizie di donne partite dall’Italia per combattere. Sono stati convertiti alla fede jihadista spesso attraverso il web. È la novità principale del fondamentalismo violento. Un’insidia molto difficile da combattere. L’indottrinamento avviene con tecniche pervasive e rapide, che in poco tempo fanno fare ai ragazzi il passo decisivo della partenza verso i teatri di guerra.
Tecniche psicologiche manipolative potenti, sperimentate in Pakistan, nei campi di addestramento per giovani kamikaze. Quando sono pronte, le reclute dell’Isis possono contare sugli ufficiali di collegamento che organizzano le loro trasferte spesso senza ritorno. Come è stato per una decina di questi ragazzi partiti dall’Italia e morti in Siria”.
C’è poco da stare allegri. Al di là degli sforzi messi in campo dagli 007 sarà molto complicato prevenire ulteriori attentati e controllare, a tappeto, tutti i sospettati. Quindi, occhi aperti e orecchie tese. E che Dio ce la mandi buona.