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Lo “strano” caso di Cepu e Vodafone che licenziano per non assumere: grazie alla Riforma Fornero.

Il Governo tecnico targato Mario Monti continua a operare a tempo indeterminato fino a quando i dieci saggi scelti da Napolitano non daranno una soluzione alternativa per l’Italia. Quale sarà una delle conseguenze inevitabili? La continuità dell’applicazione della Riforma Fornero sui lavoratori a progetto. Non essendo più possibile, almeno in teoria, continuare ad applicare questa tipologia di contratto a chi è impiegato nelle aziende molto spesso si riduce tutto al licenziamento. E’ il caso di due grandi aziende che ricorrevano spesso a questo tipo di contratti: una è il Cepu (istituto di formazione universitaria) e l’altra è la Vodafone. Tutte e due con modalità diverse hanno recepito questo dalla riforma Fornero: assumere? No, meglio licenziare. E intanto la disoccupazione arriva a quota 11,6%. Mai un valore così alto.

 

IL CASO CEPU E I 33 LAVORATORI LICENZIATI IN TOSCANA E UMBRIA

Nell’immaginario collettivo dell’italiano medio essere un insegnante significa avere un lavoro dipendente dal Ministero dell’Istruzione. Per quanto precario si tratta comunque di un impiego soggetto a regole ben precise.

Non è lo stesso per gli insegnanti Cepu che vengono assunti con contratti a progetto e spesso per tre mesi.

Alla sede di Firenze quattro insegnanti erano assunti con altrettanti co co pro. Nella riforma Fornero avevano riposto tutte le loro speranze. Avevano infatti svolto lavoro subordinato per anni e aspettavano il momento giusto per chiedere la tanto agognata assunzione. Così però non è stato perché 15 giorni dopo aver aperto una vertenza con la Cgil per migliorare la loro posizione sono state licenziate in tronco.

Le giovani insegnanti hanno spiegato all’azienda che contestavano il loro contratto.

Dal punto di vista finanziario, con un co co pro trimestrale non era facile. Il non sapere cosa mangiare il giorno dopo non è facile.

E anche dal punto di vista psicologico sentirsi sempre in bilico non aiuta a fornire con serenità l’apporto adeguato  di formazione che serve ai ragazzi che si rivolgono al centro universitario di preparazione agli esami.

Di qui la vertenza portata avanti dal segretario regionale Flc Alessandro Rapezzi inquadrata dietro una situazione più complessiva che riguarda la formazione privata. Tutto questo non è altro che una diretta conseguenza della Riforma Fornero che obbliga le aziende ad assumere o più spesso a licenziare.

Secondo Rapezzi “davanti alla più piccola difficoltà, il primo a pagare è il lavoratore, anche di fronte a semplici richieste di stabilizzazione, così come previsto dalla stessa legge Fornero”.

Da Firenze a Città di Castello cambiano soltanto i numeri ma la musica è la stessa. Perché i collaboratori a progetto che sono a casa da oggi sono 30. I loro contratti scadevano a fine marzo.

Si tratta di docenti e collaboratori vari che erano stati impiegati per cinque anni con contratti di collaborazione a progetto.

Il loro rapporto di lavoro con l’azienda è stato rescisso con anticipo. Il nidil Cgil di Perugia ha già annunciato che verranno sostituiti non con lavoratori regolarmente assunti ma con altri precari ma assunti con co co pro a tre mesi.

Cosa denuncia il sindacato? L’assurdità di quanto accade al Cepu che va in contrasto con le discussioni romane in cui si tenta di porre un freno alle assunzioni con contratti a progetto. L’istituto di Francesco Polidori invece tenta di risparmiare ancora una volta sul costo del lavoro negando il diritto alla stabilizzazione a tanti lavoratori del territorio umbro.

IL CEPU, I SUOI LEGAMI COL CAVALIERE E L’UNIVERSITÀ GRATIS ALLE DONNE DI ARCORE

Chi è Francesco Polidori da tutti conosciuto come mister Cepu? E’ un imprenditore che ha sempre sostenuto politicamente Silvio Berlusconi e il suo modo di fare politica. Dopo essere stato al centro di un’inchiesta sulla compravendita di tesi di laurea conclusa con una condanna di nove collaboratori e due studenti, ed una sulla regolarità degli atenei on line ad esso collegati, ha offerto nel 2011 corsi gratuiti (mentre altri normali studenti pagano fior di quattrini) a Renzo Bossi, a Iris Berardi, Arsi Espinosa, Ioana Visan e Barbara Faggioli tutte ragazze coinvolte nelle feste private di Berlusconi.

I costi delle loro rette, superiori ai 20mila euro ciascuna, sono stati coperti direttamente da Francesco Polidori mentre i collaboratori continuano ad essere assunti con contratti a progetto.

Polidori, stando a quanto scrive Francesco Menichella del Peccatore.gqitalia.itgodeva di un invidiabile status sociale e attorno a lui si formano i codazzi. A detta di molti è un uomo che sa fare bene i suoi affari, maneggia con cura denaro, giri di cambiali, sedi Cepu e connesse aziende satellite, sede legale a San Marino, tasse e corsi di preparazione di vario genere che spesso sono finiti sotto la lente di Mi manda Raitre per le lamentele della gente che si è sentita truffata”.

Tra le varie persone entrate nei codazzi c’è Maria Stella Gelmini che riconosce lo stato di università all’E- campus, l’ateneo telematico che vanta tra i propri docenti niente poco di meno che Marcello Dell’Utri.

Lo saprà Silvio Berlusconi che proprio mentre il suo delfino siciliano assumeva la carica di docente in un’università telematica altri ragazzi continuavano a vivere con la speranza di un’assunzione a tempo indeterminato per avere un futuro?

Probabilmente no e pure se lo sapesse non farebbe nulla per cambiare le cose. Francesco Polidori e Silvio Berlusconi sono legatissimi e il primo paga la fedeltà al secondo con rette pagate e lauree  a go go ai suoi amici. E il Cavaliere ripaga col silenzio e la valorizzazione dei campus on line.

IL CASO VODAFONE E I LICENZIAMENTI CONTESTATI

La riforma Fornero ha anche in pratica abolito l’effettività dell’articolo 18. Tutto questo significa licenziamenti più facili, discriminatori o a scopo di lucro.

L’emblema più significativo è il caso Vodafone Italia che ha licenziato oltre 100 lavoratori che erano a tempo indeterminato da 15 anni e di età media 40 anni solo a Roma. Tra il 2011 e il 2012 hanno vinto ben tre cause contro la cessione del ramo d’azienda che li aveva obbligati al trasferimento da Vodafone a Comdata Care creata nel 2007.

Un’azienda, quella di telefonia, che dichiara 9 milioni di euro di ricavo, fa uso di lavoro interinale e delocalizza in Romania e in Egitto attività di call center prima svolte in Italia. Come avviene anche in Fiat ad opera di Marchionne anche per Vodafone dopo la procedura di licenziamento collettivo 130 lavoratori sono stati reintegrati dal giudice del  lavoro di Roma.

Cosa fa a questo punto l’azienda? Non li fa ritornare a lavoro sostenendo che le attività svolte da loro in precedenza non sono più previste da Vodafone. Il lavoro sarebbe quello di call center per il quale basterebbe una formazione fatta in maniera differente per reintegrarli.

Costa troppo? Per l’azienda certamente sì e per questo motivo preferisce delocalizzare all’estero e risparmiare. Stessa procedura anche a Napoli dove un centinaio di lavoratori sono stati licenziati con le stesse motivazioni dei colleghi di Roma. Per loro si sta battendo il segretario della Camera del Lavoro Gianluca Daniele.

La fuga in avanti di Vodafone – ha sostenuto –  rappresenta perfettamente i motivi per cui da mesi, ormai, ci battiamo per l’inserimento di clausole sociali all’interno del rinnovo contrattuale delle Telecomunicazioni. Come sindacato non possiamo che scongiurare le esternalizzazioni che hanno l’unico scopo di ridurre costi a dispetto della qualità dei servizi offerti e sono contro ogni forma di tutela dei nostri lavoratori. Del resto, il caso Vodafone non fa altro che confermare i nostri timori e le nostre denunce all’alba della “Riforma Fornero” quando, a dispetto di quanto dichiarato dallo stesso Ministro, sottolineavamo la pericolosità dell’attacco alla stabilità del posto di lavoro ed in parte all’inutilità della riforma stessa”.

IL GRIDO DI DOLORE  PASSA ANCHE PER LA RETE

Passa per la rete la protesta dei lavoratori. Su facebook è nata appositamente una pagina dal titolo “Vodafone licenzia ditele di smettere”, sulla quale tutti i lavoratori ingiustamente licenziati hanno espresso il loro grido di dolore. Questo è di una dei licenziati che figura come amministratore di pagina. Noi la pubblichiamo integralmente affinché il grido di dolore arrivi a tutti.

Sono stata ufficialmente licenziata da Vodafone. E non conta sapere di aver vinto la causa ed essere stata reintegrata, non importa avere la consapevolezza che in realtà io posso dare ancora molto al mondo del lavoro, non interessa a nessuno sapere che vince sempre chi inganna le leggi ed aggira le sentenze. A nulla vale la nostra indignazione, di madri, padri, lavoratori buttati per strada senza un perché ed un percome… L’unica cosa che so con certezza è che pagheranno molto caro questo licenziamento…noi non ci facciamo dare un calcio nel didietro da nessuno, specialmente da una multinazionale come Vodafone che dichiara miliardi di utili e fa pagare la mobilità nostra ai poveri cittadini! Si, perché cari amici che mi leggete, anche voi pagherete la mia mobilità, sebbene la mia scrivania in Vodafone ci sia…ma non mi è permesso usufruirne… Questa si chiama persecuzione, non ristrutturazione…questo si chiama ricatto, non licenziamento. ANDIAMO AVANTI, LA MAGISTRATURA DIRÀ L’ULTIMA PAROLA e quel giorno dovrò essere risarcita con gli interessi per tutto quelli che ho subito e passato…e riderò!!!!!”.

Per ora a ridere sono ancora i potenti. La magistratura ha agito ma la Vodafone non reintegra ancora nessuno.