Ligresti’s , una famiglia al servizio dei poteri forti. Tra gli amici non c’era solo la Cancellieri
Hanno fatto comodo al salotto buono che ora li rinnega. O forse erano amici solo della Cancellieri?
C’è molta ipocrisia e smemoratezza nell’ultima vicenda che ha ri–tirato in ballo il clan Ligresti accostandolo al nome di Annamaria Cancellieri, Guardasigilli inscalfibile alle polemiche e alle (giuste) richieste di dimissioni. Paginate di giornale oggi ne danno conto, evidentemente piace un sacco la seconda infornata di spifferi & interrogatori data in pasto ai giornali con un tempismo giudiziario a orologeria, un’ora dopo la fiducia della Camera a Cancellieri.la Repubblicaad esempio ne dà conto in 10 pagine 10, superando nella gerarchia delle notizie la tragica alluvione sarda e gli scontri No–Tav romani. Non sono certo gli unici. Alimentando un teatrino dove si continua a parlare d’altro, mentre le larghe intese fanno acqua da tutte le parti e l’Europa e Berlino ci mettono sotto sul debito, l’austerity e la crisi economica.
Il punto, lo ribadiamo un’altra volta, non sono le dimissioni di Cancellieri che questo giornale ha chiesto fin dal primo giorno. E nemmeno la difesa improbabile dei Ligresti i cui trascorsi sono lì da vedersi fin dai tempi di Tangentopoli. È tutto scritto, agli atti. Nella lunga avventura dell’ingegnere ci sono processi in corso, condanne passate in giudicato e persino scontate in galera. In questo senso l’affannoso tentativo di imbellettare i conti di Fonsai, lo spregiudicato gioco al rialzo in borsa, il salvataggio discusso e discutibile di Mediobanca attraverso Unipol e lo scaricare vizi e capricci di famiglia sulle spalle degli azionisti è solo l’ultima stazione di un romanzone italiano.
Il punto che c’interessa ribadire è piuttosto lo strano e ipocrita rapporto italiano con il potere e i potenti, fin quando lo sono, salvo poi un minuto dopo tirare calci nella polvere. Ligresti e famiglia non li si scopre certo ora. Tutti sanno chi fossero fin da metà degli anni ’80, dallo scandalo milanese delle aree d’oro. Eppure solo ex post si è scoperta la loro scandalosa impresentabilità, spacciando verbali e intercettazioni che in realtà, più che rivelazioni, scoprono l’acqua calda. Quasi fossero dei reietti del potere e dei salotti quando invece don Salvatore è stato amico di tutti, a cominciare dagli smemorati di oggi che danno addosso alla Cancellieri non tanto per il gesto sbagliato e imperdonabile, ma perchè quella scabrosa telefonata l’ha fatta a degli impresentabili. Impresentabili del giorno dopo evidentemente.
Ci sarebbero tanti gossip e ritratti d’interno da raccontare sulla commedia umana di questi ultimi trent’anni. Direttori di grandi giornali e potenti che hanno passato le vacanze o frequentato il Tanka village dei Ligresti, sul mare caraibico della Sardegna; le tavolate domenicali vista spiaggia dove don Salvatore radunava amici e potenti; l’elicottero sempre a disposizione per Villasimius o su e giù per sciare in Engadina. Quanti potenti o giovani rampanti hanno usato i Ligresti come un taxi verso altri lidi ambiziosi? Tantissimi. E quanti sono stati i visti da vicino dell’ingegnere? Praticamente tutto il gotha, o quasi, della finanza e del potere italiano. Da Cuccia–Mediobanca a De Benedetti, da Gianni Letta fino all’Unicredit di Profumo e Palenzona, passando per la Rcs, la cordata Alitalia messa su da Intesa Sanpaolo, Geronzi fino ai giovani Nagel, Pagliaro, Cardia e via elencando. Segretezza, fedeltà nei confronti dei protettori, prontezza negli affari e ancor più nel compiere quei favori senza i quali non si va da nessuna parte nel salotto, sono sempre stati la cifra del clan dell’ingegnere. Noi crei un impero di mattoni, finanza e assicurazioni, cadendo e rialzandoti 2–3 volte, se non sei “uno di noi”, uno del sistema.
Intendiamoci così gira(va) il mondo incestuoso del salotto buono, ma proprio per questo oggi fa sorridere il tiro al piccione. Colpire Cancellieri non per l’abuso di potere o la moral suasion impropria bensì per il reato di amicizia scandalosa coi Ligresti. Incredibile! Ma che razza di paese è quello che la butta sempre in moralismo invece che guardare e migliorare le regole del gioco?
La verità è che Ligresti è stato la massima metafora del capitalismo all’italiana, coi difetti tirati all’eccesso, il familismo che antepone le relazioni alle regole, la furbizia levantina, le leggi che si infrangono perchè tanto poi tutto si aggiusta, si interpreta o si condona, quell’idea di possesso dove l’azienda è cosa mia e i manager sono solo una protesi del padrone (e i piccoli azionisti il parco buoi da spolpare). In coscienza: è solo Ligresti che faceva e fa queste cose? L’indignazione postuma, quando un ex potente è in caduta libera, è un bruttissimo vizio italiano. Se Ligresti era un reietto, lo era già da trent’anni…