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CASO ORLANDI/ C’era anche Scalfaro dentro il palazzo di Sant’Apollinare…

di Tommaso Nelli

Per ragioni professionali, nel 1983 l’ex presidente della Repubblica alloggiava nello stesso edificio della scuola di musica frequentata da Emanuela Orlandi e diretta da suor Dolores, della quale era amico e per la quale provò a informarsi sulle sorti della cittadina vaticana. Nonostante ciò, in quasi trent’anni, non è mai stato sentito dagli inquirenti.

Tutti gli uffici del presidente. Roma, palazzo di Sant’Apollinare, accanto all’omonima basilica dove dall’aprile del 1990 è sepolto Enrico De Pedis, boss della fazione testaccina della banda della Magliana. Al quarto piano dell’edificio restaurato nel Settecento dall’architetto Ferdinando Fuga, contiguo alle aule dove si svolgevano le lezioni di musica della scuola “Tomaso Ludovico Da Victoria” frequentata da Emanuela Orlandi, nel 1983 aveva i suoi uffici Oscar Luigi Scalfaro.

Nel corso delle ricerche sul campo per la stesura della tesi di laurea “Vittime di un gioco più grande – Emanuela Orlandi e Mirella Gregori: due misteri senza fine” ecco balenarsi l’ex inquilino del Quirinale (dal 1992 al 1999): una notizia inedita, che condisce l’affaire Orlandi di altri interrogativi e nuovi possibili scenari.

Ma nessun ricorso a conclusioni affrettate e oltremodo ardite. Parola ai fatti.

Da intercettazioni ambientali relative alla scuola di musica è emerso che, al tempo, capitava d’incontrare Scalfaro nell’ascensore del palazzo senza però andare oltre i saluti di circostanza: buonasera, arrivederci e nulla più. Informazioni più interessanti, invece, giungono da Valentino Miserachs, maestro di canto corale, corso frequentato anche da Emanuela Orlandi.

«Ricordo Scalfaro che si fermava, quando capitava, a parlare con suor Dolores. Ed era anche interessato alla nostra attività, tanto che – sempre compatibilmente ai suoi impegni – assisteva volentieri ai nostri saggi e ai nostri concerti».

A sostegno di queste parole, l’immagine che mostra Scalfaro, a braccia conserte, accanto a suor Dolores durante un saggio degli allievi della “Da Victoria”.

Ma in questa composizione di Miserachs c’è un acuto per troppo tempo non ascoltato. «Scalfaro offrì il suo aiuto a suor Dolores per provare a ritrovare Emanuela, ma non riuscì a fare molto» ha aggiunto, ricordando anche che l’allora vicepresidente della Camera si rammaricò molto degli scarsi risultati conseguiti proprio per l’amicizia che lo legava alla religiosa.

Questa testimonianza accende nuova luce sul caso, alimentando altre domande sul comportamento degli inquirenti. Possibile che durante le loro indagini iniziali non avessero saputo della presenza degli uffici di Scalfaro dentro Sant’Apollinare? Perché non presero in considerazione l’ipotesi di sentirlo? Non in quanto possibile indiziato nella scomparsa di Emanuela, bensì proprio in virtù dei suoi rapporti con la direttrice della scuola di musica e, soprattutto, perché dal 4 agosto 1983 (giuramento governo Craxi) ministro degli Interni, ovvero la struttura istituzionale alla quale, all’epoca, dipendevano i servizi segreti.

I quali hanno svolto un ruolo molto ambiguo in tutta la vicenda Orlandi. Pochi giorni dopo la sparizione della ragazza, Giulio Gangi si presentò a casa dei genitori come agente del SISDE, il servizio addetto alla sicurezza nazionale. Secondo quanto raccontato da Pietro Orlandi a Fabrizio Peronaci in Mia sorella Emanuela, Gangi tenne un atteggiamento criptico perché alle ricerche dei primi giorni alternò uscite verbali che lasciarono interdetti. Come il «Pietro, guarda! Quelli siamo noi…» esclamato quando la televisione, settembre 1983, annunciò la comparsa di comunicati con la firma Phoenix che, presi sul serio in un primo momento, altro non erano altro che depistaggi a cura della nostra intelligence.

Zompante investigatore e sibillino commentatore, Giulio Gangi… perché?

Più che altro: come mai i servizi segreti si presentarono subito dagli Orlandi quando era stata appena fatta la denuncia di una quindicenne che non aveva fatto ritorno a casa? Nel 1983, solo nel Lazio scomparvero 104 minori, eppure i nostri James Bond non si precipitarono struggenti e accorati dalle sventurate famiglie. Anzi, non se le filarono proprio. Un nome per tutte: Mirella Gregori.

Ma ritorniamo a Scalfaro. Quali furono le sue ricerche personali e che cosa scoprì? In che rapporti era con il direttore della struttura all’epoca, Emanuele De Francesco? E che cosa seppe su come agì il SISDE nella vicenda Orlandi? Perché un ministro non può non sapere come si muovono gli organi a lui subordinati. Altrimenti è un pessimo ministro.

A quasi trent’anni, certi interrogativi sono ancora in sospeso. Spetta alla magistratura, in questo caso ai titolari dell’inchiesta, il compito di afferrarli oppure di abbandonarli nel vuoto una volta per tutte. Magari prendendo in considerazione un senatore a vita, promotore di iniziative a tutela delle istituzioni, che negli anni ha rilasciato varie interviste a difesa della Costituzione e che, in modo involontario, ha avuto un ruolo nel caso Orlandi. Quale? Come cantò Gaber ne La legge: “Di questo Scalfaro non ha ancora parlato”. Almeno finora.