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Sanità molise: no di Cattolica e Neuromed, Iorio in bilico

Il Commissario ad Acta Michele Iorio non sa più che pesci pigliare: la Cattolica e la Neuromed hanno rifiutato l’accordo, la sanità molisana ferma al palo.

La sanità molisana vive ore decisive. Il giorno fatidico, il 30 settembre, è infatti arrivato. Ed è arrivato con il più che aspettato fallimento del Commissario ad acta Michele Iorio. Ieri i più ottimisti uomini del Presidente erano fiduciosi che entro le 12 (termine stabilito prima che il Piano di Rientro venisse trasmesso a Roma) Cattolica e Neuromed si sarebbero piegate ai tagli imposti dalla Regione. E invece niente: le due strutture non hanno firmato il contratto, visti i tagli draconiani previsti: 6 milioni di euro per la Neuromed che passa da 39 milioni a 33 milioni di euro e 21 per la Cattolica che arretra addirittura da 60 milioni a 39 milioni di euro.

E ora, cosa accadrà dopo “il gran rifiuto”? Iorio ha già predisposto il provvedimento di sospensione dell’accreditamento per le due strutture che diventerà operativo il 30 ottobre. Provvedimento che sarà discusso nel tavolo tecnico di Roma e  che potrebbe essere però revocato soltanto se i rappresentanti di Neuromed e Cattolica, anche se in ritardo, dovessero tornare sulle loro posizioni ed accettare i tagli. Se invece le due strutture non dovessero tornare sui loro passi (cosa molto probabile), saranno tagliati fuori dal sostegno del Fondo Sanitario Nazionale. In poche parole non riceveranno alcun contributo regionale. Ma questo può spaventare due istituti che godono di grande fama anche fuori dalla Regione? Probabilmente no: come accade in molte altre regioni d’Italia aziende del genere guadagnano non con i finanziamenti regionali, ma con la capacità di richiamare numerosi pazienti da altre regioni italiane.

E allora la domanda è d’obbligo: come mai Iorio ha insistito tanto affinchè Neuromed e Cattolica firmassero tale contratto? Persone ben informate rivelano che tale rifiuto potrebbe essere dannoso proprio per la sanità pubblica molisana, in quanto negli anni trascorsi molto spesso le due strutture hanno sopperito alle mancanze delle strutture pubbliche stesse. Venendo meno tale apporto, bisognerà vedere come potrà rispondere il servizio sanitario regionale.

Ma la questione del tavolo tecnico è molto più complessa, perché ad essere discusso sarà anche il futuro di Michele Iorio quale commissario ad acta. Qui le ipotesi sono le più varie: alcuni ritengono che sia possibile che Iorio rimanga al suo posto (anche per una questione di “immagine”), ma che venga spogliato dai suoi compiti che sarebbero, in questo caso, affidati ad un altro commissario esterno, nominato da Roma, che si arrogherà il potere decisionale. Insomma, in questo caso Iorio rimarrebbe commissario soltanto formalmente.

Secondo altri, invece, potrebbe esserci anche la possibilità che Michele Iorio venga sostituito in toto nel suo ruolo di commissario. Ma anche in questo caso, secondo molti, il Governatore ne uscirebbe “vittorioso”. E immacolato. Capiamoci meglio: un commissario esterno non avrà alcuna remora a imporre tagli e, nel caso, anche a chiudere gli ospedali di Venafro, Agnone e Larino. E a quel punto certamente Iorio potrà dire di aver fatto il possibile per evitare tale chiusura e che, se fosse stato per lui, non avrebbe preso una tale decisione. Insomma, se una misura di tal genere si facesse necessaria, questo sarebbe l’unico modo per il Governatore di uscire “pulito” e immune dalla questione e scaricare la colpa sulle scelte del Governo centrale.

Insomma, gli scenari sono aperti e quanto mai imprevedibili. Tutto sta al tavolo tecnico che prenderà le decisioni sul caso.

Intanto, però, Michele Iorio continua con le sue chiacchiere ad affabulare il Molise. Un esempio su tutti. Alcuni giorni fa, durante il convegno “Europa e Salute” che si è tenuto a Roma presso la Regione Lazio alla presenza anche del Ministro della Salute Ferruccio Fazio, Iorio, parlando della situazione molisana, ha affermato che “in Molise il deficit sanitario non è frutto di anni di cattiva gestione o di depauperamento della professione sanitaria”, ma è stato prodotto “dalla modernizzazione del sistema”. E’ mai possibile che “la modernizzazione” possa aver indebitato la regione in questa misura, con una media annua di indebitamento dal 2003 al 2009 di oltre 70 milioni (dati riportati dal Sole 24 Ore)? Assolutamente no.

Invece di tagliare posti letto, imporre il blocco del turn over (altra misura su cui pare ci sia il parere assolutamente contrario di Roma) e mettere in crisi il servizio sanitario probabilmente, si sarebbe potuto evitare nuove installazioni e finanziamenti inutili. Come ad esempio quello di alcuni mesi fa destinato al reparto di neurofisiopatologia, diretto dal primario Nicola Iorio, fratello del governatore. Fondi che sono stati gestiti per lungo tempo dalla direttrice del distretto sanitario regionale di Isernia, Rosa Iorio, sorella del governatore. E i due Iorio sono solo alcuni della fitta rete clientelare che si staglia sulla sanità molisana. Il tutto per ribadire un concetto: il clientelarismo – e non la “modernizzazione” – sta uccidendo questa regione.

Il tutto condito da quanto dichiarato dalla Corte dei Conti. Dichiarazioni ricordate da Di Pietro nel corso del “No Iorio Day”, ma che il Governatore ha respinto in toto. Peccato, però che nella “Relazione sulla gestione finanziaria delle regioni” (delibera n.17 del 4 agosto) redatta dalla Corte dei Conti si dice espressamente che “due regioni, il Molise e la Campania, non hanno rispettato i limiti del saldo di cassa”. E attenzione: mentre in Molise ci si vanta di molteplici e fruttuosi interventi sulla sanità, la Corte dei Conti riporta dati che sbugiardano l’esecutivo. Per quanto concerne gli interventi regionali in materia, infatti, mentre mediamente in tutta Italia sono cresciuti da 1694 a 1891, “la quota minore si registra in Molise, ferma sotto il diciotto per cento”.

Insomma, attendiamo di vedere cosa sarà deciso nel tavolo tecnico, ma preghiamo chi ha forti responsabilità di assumersene le conseguenze. Senza affabulazioni e senza “politichese”. Sarebbe il minimo.