SANITÀ e SALUTE/ Molise, anziani abbandonati a se stessi: ennesima sciabolata del Governo Iorio
di Michele Mignogna
Nonostante le dichiarazioni da marinaio dei politici di turno, è un dato di fatto che gli anziani basso molisani stiano vivendo un momento molto difficile. L’assistenza domiciliare integrata, che spesso è il rettilineo finale per una morte dignitosa, viene tolta, senza preavviso e con motivazioni insulse e offensive per l’intelligenza comune. L’ennesima sciabolata di un Governo regionale che non riesce proprio ad aver rispetto della vita umana.
“Signora la sua casa è pulita per cui non ha più bisogno dell’assistenza domiciliare”. La signora in questione, una settantenne di Larino, è affetta da morbo di Parkinson e la sua casa è pulita perché paga ogni volta una persona che gliela tiene pulita.
“Signore lei guida la sua auto e per questo non ha bisogno dell’assistenza domiciliare”. Il signore di un paese dell’hinterland larinese ha serie difficoltà motorie, che risolve grazie all’intervento dei fisioterapisti dell’ASREM che gli fanno i dovuti trattamenti, ma deve utilizzare la macchina perché se vuole fare spesa deve recarsi a Larino. Questi sono due esempi di persone anziane alle quali, nelle ultime settimane, è stata tolta l’assistenza domiciliare integrata, la famosa medicina sul territorio di cui si fanno vanto il Presidente – Commissario alla sanità Michele Iorio e l’assessore alle politiche sociali Angela Fusco Perrella. Che non fanno altro che ripetere quanto sia importante la sanità sul territorio, di come si debba potenziare questo servizio e via dicendo.
Ma come sempre accade in questa regione le cose stanno diversamente da ciò che il potere politico vuole farci credere: andiamo con ordine e cerchiamo di capire cosa debba fare l’ADI. Per definizione l’assistenza domiciliare è un servizio di assistenza presente in tutte le ASL della Regione finalizzato a fornire assistenza a persone parzialmente o totalmente non autosufficienti affetti da patologie croniche o post acute trattabili a domicilio e inserite in un contesto familiare o sociale capace di collaborare e di integrarsi con il servizio stesso. L’ADI eroga principalmente servizi di assistenza con figure assistenziali diverse a seconda della complessità del piano assistenziale messo in atto, possono essere infermieri o fisioterapisti e cosi via. Ma chi decide se un paziente ha bisogno o meno dell’assistenza domiciliare?
La valutazione del grado di autosufficienza è effettuata attraverso la U.V.G., Unità di Valutazione Geriatria, che valuta lo stato di salute funzionale-organico, le condizioni cognitive e comportamentali, la situazione socio-ambientale della persona e del suo contesto familiare. Operazione preliminare questa, di importanza estrema, in quanto decide come e di quanta assistenza gli anziani principalmente, hanno bisogno, ma nei fatti succede che il geriatra del Distretto Sanitario di appartenenza, in questo caso parliamo di Larino, non ha la costanza nelle visite domiciliari che la legge regionale del 1999, la 329 per la precisione impone infatti al medico in questione che periodicamente deve recarsi da questi pazienti per una visita e per capire se l’assistenza viene erogata o meno, per cui spesso e volentieri, a dare quelle risposte ai pazienti in cura, sono tecnici dell’ASREM, che girano nelle case di queste persone e decidono, in base alla pulizia della stessa, o in base al fatto se un paziente può guidare o meno la sua auto, se hanno bisogno o meno dell’assistenza, in base a cosa?
Probabilmente in base a richieste diciamo particolari che arrivano dal mondo della politica, infatti è da notare come le persone a cui stanno togliendo l’assistenza sono per lo più persone sole, senza nessun familiare che possa difendere la loro situazione, come bisogna fare in questa regione, e lasciandola a chi nei fatti non ne ha bisogno, come il caso di una persona che ha candidamente ammesso di “star bene ma siccome questo servizio è offerto dall’ASREM ed è gratis me lo hanno concesso” già chissà chi glielo avrà concesso. Infatti la legge parla chiaro, hanno diritto all’assistenza domiciliare quei cittadini con disabilità fisica, psichica, sensoriali o a lento recupero, richiedenti un progetto riabilitativo; e ancora, soggetti non autosufficienti affetti da grave disabilità richiedenti un alto livello di supporto assistenziale ed infermieristico a fronte di un intervento riabilitativo a bassa complessità ed intensità e senza copertura medica continuativa nelle 24 ore, non assistibili a domicilio o in forme alternative alla degenza piena. I relazione alla tipologia dei soggetti assistiti, e la durata del trattamento può essere anche permanente.
Quindi, la pulizia della casa e il poter guidare, non rientrano nei parametri della legge, il medico, che non visita i pazienti, ma manda qualcun altro, ha il dovere di verificare questi parametri, non può e non deve inventare nulla. Ma in questa vicenda si inserisce anche un dramma, quello dei sette fisioterapisti assunti dalla cooperativa che per conto dell’ASREM gestisce l’ADI, infatti spesso e volentieri restano senza lavoro in quanto, l’ASREM di Termoli, fa svolgere queste mansioni agli istituti privati, San Stefar e istituto Padre Pio, con un duplice problema, innanzitutto quello dei costi, infatti gli istituti in questione sono autorizzati a trattare i pazienti presso le loro strutture, regolarmente accreditate e ben pagate, in questo modo il sistema sanitario regionale è costretto a sborsare altre somme per un lavoro che già fanno gli altri.
Mentre l’assistenza domiciliare la fa l’ASREM tramite cooperative che partecipano ad un regolare bando pubblico, il secondo problema si pone sui metodi di intervento, nel senso che spesso si accavallano i fisioterapisti senza nessun avviso, un caos operativo dunque che mette a rischio il lavoro che gli altri già fanno per conto dell’ASREM. Non solo, i sette operatori della cooperativa, vengono pagati a prestazioni, per cui più ne fanno e più vengono pagati, non avendo uno stipendio base, e nel totale silenzio delle istituzioni, lavorano con i propri mezzi, ricevendo un rimborso spesa per la benzina di 10 centesimi al chilometro, una somma risibile, e spesso non hanno orari, in quanto una seduta non si sa quanto tempo può durare. Spesso devono andare ad elemosinare una qualche prestazione da poter fare, mentre gli istituti privati non hanno questi problemi, insomma un corto circuito di competenze dove come al solito chi ci rimette è il cittadino, in questo caso quello più debole ed indifeso, in balia di personaggi che giudicano una malattia con la pulizia della casa.