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MALA-MOLISE/ La terra divisa tra Camorra, ‘Ndrangheta e Sacra Corona Unita

«Il Molise non è più l’isola felice» queste le parole del giornalista Roberto Colella che ha parlato dei lati malavitosi del Molise, sulle note d’accompagnamento dei due musicisti Antonio Federico e Guido Bresaola. MALAMolise è il racconto di tre storie di malavita, alcune partono da Campobasso, in via IV Novembre, altre approdano sulla costa termolese. Il Molise ormai da anni è diventato terra di dominio del clan dei Casalesi, dei La Torre – che controllano il venafrano – del clan Bellocco e della Sacra Corona Unita.

 

di Maria Cristina Giovannitti

Un pub, un ambiente accogliente ed informale, una chitarra ed un flauto suonati a ruota libera, per esprimere le proprie emozioni in musica, ed una voce che racconta della criminalità e della malavita in Molise. Quella voce narrante è di Roberto Colella, giornalista molisano, che segue il problema delle infiltrazioni criminali tra Campobasso, Venafro e Termoli. Ormai da anni il Molise non è immune alla camorra ma ne è diventato terra di dominio, divisa tra il clan dei Casalesi, i La Torre, il clan Bellocco e la Sacra Corona Unita. Una regione in pasto ai gruppi malavitosi esterni e che «per fortuna non ha dei clan locali», dice Colella. Non ci manca nulla: narcotraffico, sversamento illecito dei rifiuti, infiltrazioni malavitose in alcune sale slot, gestione dello sfruttamento di extracomunitari.

Le operazioni di narcotraffico partirono in un bar, in via IV Novembre a Campobasso, nel 2001, con Antonio Anastasio, fratello di Aniello anche lui arrestato per via di venti chilogrammi di cocaina nascosti in uno scavatore di sua proprietà. Antonio Anastasio, scontata la pena in Molise, decise di rimanere perché strinse rapporti con Mario Di Lemme, faccendiere di Isernia, che aveva rapporti d’affari con Giorgio Sale, così come era scritto nella sua agenda personale che una sera dimenticò sul tavolo di un ristorante termolese. Giorgio Sale per i suoi traffici faceva da spola tra Roma, dov’è nato, e la Colombia, dov’era domiciliato. La sua figura si è legata a quella del leader del narcotraffico Salvatore Mancuso detto ‘El Mono’ grazie ad alcune intercettazioni dove i due, con linguaggio camuffato, regolavano i traffici di droga parlando di “vino/vino dolce/ formaggi forti/ dessert”. Partì da Campobasso, nel 2001, l’Operazione “Galloway Tiburon” dagli uomini della S.C.O. diretti dal sostituto commissario Mario Luzzi – di cui Infiltrato.it si è occupato – e conclusasi nel 2006 con l’arresto di 80 persone.

C’è poi Termoli, la città che fa da crocevia per il commercio della droga, entrando in quello che è definito il ‘Triangolo Nero’ che coinvolge i Paesi dell’est, attraversa l’Adriatico ed arriva in Molise, passando per Montenero di Bisaccia e, appunto, Termoli. La nuova frontiera per la malavita è diventato il gioco d’azzardo e, spodestando chi lavora seriamente, i Casalesi si sono insidiati anche in alcune sale slot costiere. Il dominio camorristico continua nella città termolese con  il suo sporco lavoro anche attraverso lo sversamento dei rifiuti, in una regione che per morfologia si presta bene a disperdere rifiuti tossici. Non solo la piana di Venafro ma anche la costa adriatica sono diventati bersagli della criminalità che riversa rifiuti tossici industriali: dalle vernici di scarto, alle scorie di grano radioattivo di Chernobil. E questo è il motivo primario per cui, anche in Molise come in Campania, aumentano a vista d’occhio i casi di tumore tanto che il consigliere dell’Udeur Giuseppe Nagni ha richiesto urgentemente il Registro Tumori per controllare l’incidenza sulla popolazione termolese.

La criminalità, al suo interno, è fatta di gerarchie ed ha una macro divisione tra “Mafie vincenti” – italiana e cinese – e “Mafie perdenti” – cingalesi e senegalesi – . Quest’ultime sfruttano davvero i più deboli: gli extracomunitari che lavorano per ore piegati a raccogliere pomodori nei nostri campi o, carichi come muli, diventano i Vu cumprà delle nostre spiagge per smerciare droga per lo sballo dei giovani. Loro guadagnano al massimo 20/30 euro -quando la giornata è andata bene- e «questo misero guadagno per la maggior parte finisce nelle tasche della criminalità» conclude Roberto Colella. Il Male c’è anche nel Molise.