Dichiarazione shock di un senatore del Pdl: “Gli immigrati irregolari sulla gru a Brescia? Lasciateli li……”
di Andrea Succi
Oramai la politica si fa anche su Facebook. Ed è proprio sul profilo personale che il senatore pidiellino Ulisse Di Giacomo rilascia questa dichiarazione-shock sugli immigrati di Brescia. L’unica critica postata viene mortificata dai fiduciari di turno, il dissidente è accusato di “velate minacce” nei confronti del senatore, che quindi “potrebbe agire a (piena e giusta) tutela dei loro diritti… con conseguenze non troppo gradevoli!”.
“Gli immigrati irregolari sulla gru a Brescia? Lasciateli lì…”
Il senatore molisano Ulisse Di Giacomo, sul suo profilo Facebook, non va tanto per il sottile, ringrazia i fiduciari “per il loro contributo” e ribadisce che “gli immigrati irregolari e senza contratto di lavoro vanno espulsi, questo dice la legge. Anche se nel nostro Paese trovi sempre qualcuno che la legge la interpreta a modo suo.”
Una dichiarazione dal retrogusto molto nero, una manganellata in pieno volto che non serve a nulla, meno che mai a risolvere un problema sociale ed economico, com’è quello dell’immigrazione. Chi dovrebbe governare secondo un codice etico e morale rispettoso della costituzione e delle altrui culture si comporta invece come un leghista ubriaco.
Ma Ulisse Di Giacomo non è nuovo a simili exploit. Famoso perché “una ne pensa e cento ne fa” – causa probabile scarsezza di neuroni – Di Giacomo si è prima reso protagonista di una clamorosa rissa con l’ex inviato di Striscia la notizia, Stefano Salvi, e poi si è divertito a interpretare la legge a modo suo. Come? Violando la Costituzione della Repubblica Italiana.
Facciamo chiarezza.
Fino al Giugno 2008 l’Assessore molisano alla (disastrata) sanità era un esterno, non eletto dal popolo ma scelto direttamente dal Presidente Michele Iorio, che puntò le sue fiches proprio sull’amico (suo) Di Giacomo, designato a partire dal 2006.
Perché questa scelta?
Le solite malelingue raccontano che Ulisse Di Giacomo è un braccio di Iorio, i suoi detrattori lo definiscono “il galoppino presidenziale”, coordinatore regionale del partito, ma soprattutto trait d’union tra il Presidente e il gruppo editoriale Pallante, che controlla Telemolise. Di Giacomo è infatti il compagno della direttrice, promoter di una linea editoriale dichiaratamente a sostegno del centro destra.
Ed ecco che, nella tornata elettorale dell’Aprile 2008, piove dal cielo anche l’investitura più attesa, quella di primo candidato molisano al Senato nelle lista del Pdl. Con le liste bloccate e senza che il cittadino possa decidere se votarlo o meno, questo regalo significa per Di Giacomo il posto assicurato a Palazzo Madama.
Non pago di cotanta fortuna, Di Giacomo si diverte a violare la Costituzione della Repubblica Italiana, più precisamente l’art. 122: “Nessuno può appartenere contemporaneamente a un Consiglio o a una Giunta regionale e ad una delle Camere del Parlamento.”
Designato senatore dal partito, avrebbe dovuto decidere subito se restare nella Giunta molisana o far carriera a Roma, senza interpretare la legge a modo suo e, soprattutto, senza aspettare il 10 Giugno 2008 quando il collega di partito Augello ne dichiara l’incompatibilità.
Per buoni tre mesi Di Giacomo infrange la Costituzione, sbeffeggiando i padri fondatori della Repubblica.
Stavolta, invece, ad essere sbeffeggiati sono quei poveri cristi che lottano per i propri diritti rischiando la vita su una gru, ma è chiaro che questo, all’esimio senatore, non importa un fico secco.
Come potrebbe essere altrimenti, per uno che si ritrova quasi per caso a sedere tra gli scranni dei senatori?