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AZIENDE IN CRISI/ At.me Pozzilli, operai ancora barricati

“Gli operai dell’AT.ME sono ancora barricati nella fabbrica di Pozzilli. Non era una fabbrica in crisi, avevamo commesse sufficienti a garantire il lavoro dei 25 operai assunti, ma un indebitamento personale dell’imprenditore ha determinato la scelta del concordato preventivo e quindi la messa in cassa di tutti gli operai che dal 2 gennaio 2011  andranno in  mobilità e di fatto si è decisa  la fine dell’attività produttiva.”

L’azienda è di nuova costituzione, ha impiantistica e macchinari moderni che sono tutti in grado di funzionare essendo nuovi e all’avanguardia. Il personale è qualificato e dopo una lunga esperienza nel settore, sicuramente è oro lasciato inattivo per scelte politiche e non certo per una valutazione economica, visto che il lavoro è stato dimesso non per carenza di commesse ma per indebitamento finanziario.

Non voglio entrare in discorsi tecnici perché non ne avrei la competenza, ma in quello umano sicuramente sì, perché è inconcepibile che una conduzione imprenditoriale non adeguata e finanziariamente disordinata, sia lasciata al libero arbitrio personale e mediante la soluzione del concordato preventivo, l’imprenditore risolva l’indebitamento a poco prezzo, lasciando in mezzo alla strada padri di famiglia che non hanno più nessuna progettualità  di vita lavorativa e alla soglia dei 40 anni  si ritrovano con  mutui da pagare e bocche innocenti da sfamare.

Sono disgustata soprattutto dalla solitudine in cui questi lavoratori si sono ritrovati a lottare e della poca visibilità che la stampa e la politica locale abbia dato ai lavoratori perché essendo pochi, non sostengono adeguatamente il progetto di campagne elettorali proficue. I lavoratori ci raccontavano che ci sono imprenditori interessati a rimettere in funzione lo stabilimento, ma non c’è ancora l’accordo economico per la rilevazione dell’attività e i committenti pur di non vedere bloccato il lavoro, si sono organizzati all’interno delle loro strutture, con l’acquisto di macchinari similari per continuare il lavoro fatto in precedente dall’azienda facon.

Mi sembra inaccettabile lo spreco di altri soldi per nuovi investimenti, quando invece si lasciano morire strutture pienamente funzionanti e si lasciano morire per l’assenza totale di una politica economica che potrebbe mediare e potrebbe imporre soluzioni di continuità. I lavoratori sono ragazzi dignitosi e competenti, che hanno buttato il sangue in questa fabbrica con turni e straordinari, per rispettare le consegne e la tempistica degli adempimenti, essi non vogliono l’assistenzialismo e l’elemosina degli ammortizzatori sociali, ma sanno che si può continuare a lavorare, se l’interesse collettivo degli amministratori trovasse una mediazione con gli imprenditori e se il sindacato unitariamente si facesse paladino della difesa del lavoro e assumesse un atteggiamento combattivo e simbiotico con il mondo reale del lavoro e non si barricasse anch’esso in una strutturazione burocratica che comincia ad allontanarsi dai lavoratori e ad assomigliare sempre più ad coacervo imborghesito di ruoli cannibalizzanti tra di loro.

Lo scollamento tra organizzazioni  e mondo reale comincia ad essere grande e chi ha la pancia piena si sta dimenticando completamente di chi comincia ad avere fame. Sì proprio fame, perché è inconcepibile che non ci sia più la punizione per chi ruba, per i cattivi imprenditori che hanno avuto contribuiti e fondi statali e regionali e li hanno distratti nei loro patrimoni personali e quando la finanza precipita ci rimette solo la classe dei poveri, mentre per loro non succede nulla e con i soldi accumulati hanno sistemato anche i figli e i nipoti, mentre i figli degli operai non hanno addirittura più il pane. La differenza di classe è diventata abissale per l’impunibilità e soprattutto perché ormai il rischio di impresa è scaricato solo sui lavoratori e non più su chi ha gestito in modo profittevole solo per le sue tasche, abbandonando a propri destini di poverissimi coloro che hanno determinato con il lavoro la sua ricchezza e assunto completamente sulla propria pelle il fallimento e le conseguenze dell’attività economica.

Tutta la nostra solidarietà a Peppe…a Pasquale a Giovanni a Salvatore….e agli altri ragazzi che ieri erano nella loro  fabbrica di Pozzilli  a patire il freddo…..da SOLI e lontani dalle loro famiglie, mentre nei centri commerciali c’era una folla di consumatori ancora illusi del benessere, a rimpinguarsi del consumismo natalizio!