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VATICANLEAKS/ Ior, nuove accuse di riciclaggio: spariti 40 milioni di euro

Mentre si cerca di contrastare l’evasione fiscale con il redditometro, tornano gli scandali finanziari del Vaticano. Sotto la lente della Procura di Roma finisce ancora una volta lo Ior, volgarmente definito la ‘banca del Papa’. La UIF – una costola di vigilanza di Bankitalia – riscontra delle anomalie: i soldi che passano attraverso Pos, carte di credito e bancomat intestate allo Ior presso la Deutsche Bank Italia non rispettano le norma antiriciclaggio della UE. In questo modo ben 40 milioni di euro sfuggono ai controlli: non se ne conosce la provenienza, né la destinazione. Il sospetto è che lo Ior possa coprire l’evasione e le frodi fiscali.

 

di Maria Cristina Giovannitti

Lungi ormai l’immagine di una Chiesa povera ed umile. Nel Vangelo di Matteo (6;19) leggiamo: ‘Non accumulatevi tesori sulla terra, dove tignola e ruggine consumano e dove ladri scassinano e rubano’. Questo dovrebbe essere il pane quotidiano degli uomini di chiesa, del Vaticano ed anche dello Ior – Istituto per le opere Religiose. Ed invece questa è la ‘rugginosa storia’ della Procura di Roma che indaga, di nuovo, sulle anomalie commesse dallo Ior.


FLUSSO DI DENARO – In una nota comunicativa la Banca d’Italia spiega perché dal 3 gennaio 2013 sono stati bloccati gli 80 Pos presenti sul territorio vaticano. Le norme europee permettono alle banche dei Paesi comunitari di poter fare movimenti in denaro con altri Paesi extra europei solo se quest’ultimi rispettano le regole di controllo bancario.

Bisogna evitare il riciclaggio di denaro: chi garantisce il rispetto di questa regola viene definito ‘Stato equivalente’ ed entra in una lista che viene data agli altri Stati. Fatte queste premesse, il Vaticano non è a norma perché non ha una regolamentazione bancaria e non ha ricevuto il riconoscimento europeo di equivalenza.

L’irregolarità del Vaticano sta anche nel fatto che tutti gli 80 Pos presenti sul territorio erano stati installati dalla Deutsche Bank Italia senza nessuna autorizzazione e, solo dopo un’ispezione, Bankitalia si è insospettiva e ha rigettato la richiesta di ‘sanatoria’.

Interviene allora la UIF Unità di Informazione finanziaria che da anni contrasta il riciclaggio e vigila sui sistemi bancari e boccia il sistema dello Ior, nonostante nel luglio del 2012 la Moneyval, organismo di controllo internazionale, avesse dato l’ok al sistema antiriciclaggio della banca vaticana.

Poca trasparenza nel flusso di denaro perché non si conosce chi è l’effettivo intestatario e neanche a chi sono destinati i soldi. Il sospetto degli inquirenti è che dietro questi conti bancari possano nascondersi frodi ed evasioni fiscali, tramite l’utilizzo di presta nomi, come del resto è già accaduto. Il procuratore Nello Rossi sta indagando su un buco economico di 40 milioni di euro. Dove sono questi soldi?

 

SCANDALI DELLO IOR – Già nel maggio del 2010 la Procura indaga su alcuni conti sospetti che legano lo Ior ad altre dieci banche, tra cui Unicredit e San Paolo. L’accusa per la banca vaticana è ancora una volta quella di riciclaggio perché utilizza conti, nella filiale Unicredit, in modo cumulativo sottraendosi ai controlli sul flusso di denaro.

Ma l’inchiesta procede a rilento perché la magistratura italiana è bloccata dalla burocrazia: il Vaticano è uno Stato autonomo e in quanto tale c’è bisogno di autorizzazioni internazionali per procedere con le indagini.

Nuova anomalia il 20 settembre 2010. La Procura sequestra 23 milioni di euro depositati sul conto della banca romana Credito Artigiano Spa intestati allo Ior. Il denaro sarebbe stato stato trasferito alla J.P Morgan di Francoforte – 20 milioni di euro – e alla Banca di Fucino – 3 milioni. Anche in questo caso lo Ior non avrebbe rispettato le norme antiriciclaggio. Risultato: vengono indagati Ettore Gotti Tedeschi, presidente dello Ior, e Paolo Cipriano, direttore generale.


CASO TREPPIEDI – Lo spauracchio del riciclaggio aleggia sul Vaticano da sempre. Secondo il giornalista Gianluigi Nuzzi il vero problema riguarderebbe proprio i conti intestati a suore e preti che, attraverso presta nomi, avrebbero accumulato cifre da capogiro senza nessuna vigilanza.

Qualcuno si ricorderà della storia di don Ninni Treppiedi, braccio destro del vescovo di Trapani, Francesco Micchichè e direttore amministrativo della Curia. Il prete spesso si recava a Roma perché, a suo dire, aveva una cattedra presso la LUMSA, la nota università pontificia, ma il tutto viene smentito ufficialmente dall’Ateneo romano.

In contemporanea sono state denunciate delle lacune economiche: il Vaticano chiede a don Ninni di giustificare il rendiconto del 2007-2009 della parrocchia di S.Silvestro Papa in Calatafimi-Segesta dove mancavano 11 immobili della Chiesa, per un valore di 1 milione di euro.

Durante le indagini si scoprono ben 16 milioni di euro che don Ninni Treppiedi aveva sul conto dello Ior, denaro che l’avvocato del prete ha giustificato come “guadagni per il suo insegnamento all’università”.

Peccato che l’Università abbia smentito la collaborazione…