SPRECHI RAI/ Sanremo? Ci costerà 18 milioni. E intanto l’azienda è in crisi e taglia posti di lavoro
Migliaia di lavoratori rischiano di vedersi abbassati gli stipendi. Altri verranno obbligati al prepensionamento. Manca un piano industriale e far quadrare il bilancio sembra impresa titanica. Eppure tra qualche giorno parte il Festival di Sanremo, un inutile carrozzone che ci costerà la bellezza di 18 milioni di euro. Fabio Fazio e Luciana Littizzetto, i conduttori, porteranno a casa – insieme – un totale 950mila euro per cinque serate. “E l’Italia giocava alle carte…” avrebbe sentenziato Gaber.
di Viviana Pizzi
La Rai dalla doppia faccia (quella della crisi e quella degli sprechi) la si può vedere soprattutto in questi giorni di “elezioni e musica”. Le politiche del 2013 sono alle porte e il direttore generale Luigi Gubitosi rischia.
Alla fine del 2012 o al massimo nelle prime settimane del 2013 il montiano doc avrebbe dovuto presentare il piano industriale 2013-2015. Lo aveva promesso in Commissione parlamentare di vigilanza e ai sindacati. Per ora però non c’è nulla di concreto mentre i tecnici sono a lavoro per far quadrare un bilancio indefinibile.
Che c’è invece dall’altra parte della bilancia. Un festival di Sanremo 2013 di cui si sa quasi tutto. In totale si spenderanno, udite udite, 18milioni di euro dei quali sette andranno alla Convenzione Rai Comune. E il conduttore Fabio Fazio oltre a essere uno dei presentatori più pagati con un contratto da due milioni di euro all’anno, per le cinque serate del festival che vanno dal 12 al 16 febbraio andrà un cachet da 600 mila euro che significa 120 mila euro a serata. Luciana Littizzetto invece prenderà 350 mila euro ossia 70 mila euro a serata. Cifre da capogiro per le serate in cui andranno in video. Cifre che gridano vendetta al cospetto di Dio anche se sono inferiori a quelle percepite gli scorsi anni da Baudo, Clerici e Morandi che arrivavano a 800 mila euro.
LA CRISI IN RAI, IL FALLIMENTO GUBITOSI E LO SPETTRO DELLA CASSA INTEGRAZIONE
Cosa accade intanto al bilancio della Rai mentre si investono 18 milioni di euro per organizzare il Festival di Sanremo? Succede che i calcoli del. Direttore generale nel gestire l’azienda sarebbero sballati e i conti della Rai sarebbero sempre più in passivo fino ad agitare lo spettro della cassa integrazione ai dipendenti.
La colpa, stando ai tecnici che stanno esaminando le carte, sarebbe della Sipra che avrebbe decretato, dal 1 luglio 2012 al 31 dicembre dello stesso anno il fallimento della gestione Gubitosi e indirettamente della linea Monti che aveva proposto in prima persona la nomina di questo dirigente.
Le cause del dissesto Rai sono relative innanzitutto dal mercato pubblicitario che ha perso il 7% in più delle previsioni dovuta non soltanto all’azzeramento dei vertici Sipra ma anche per la competizione intestina che lo stesso Gubitosi, con una gestione alquanto discutibile della cosa, ha alimentato tra l’amministratore delegato Lorenza Lei e il direttore generale Fabrizio Piscopo che, secondo l’organizzazione verticistica della Rai, risponde direttamente a lui del suo operato.
RISOLVERE LA CRISI? GUBITOSI VUOLE CAMBIARE I CONTRATTI DEI DIPENDENTI
Cosa ha in mente Gubitosi per risolvere la crisi di liquidità della tv di Stato? Il suo progetto interno si chiama “border line” e consisterebbe nel terminare l’efficacia degli attuali contratti ai dipendenti sia giornalisti che non e applicarne un altro meno oneroso. Al momento il disegno del direttore generale sembra essere congelato ma la paura dei dipendenti Rai resta. Di quelle persone che rischiano di vedersi ridotti i compensi a poco più di mille euro al mese.
Portare a termine questo disegno diventa fattibile per Gubitosi soltanto in un caso: qualora Mario Monti vincesse le elezioni oppure entrasse in un governo di salute pubblica grazie all’accordo con Pierluigi Bersani. Solo in questi due casi il direttore generale della Rai continuerebbe ad esercitare il suo potere in Rai con le spalle coperte dal governo potendo agitare anche lo spettro della cassa integrazione.
In caso contrario la soluzione proposta è legata al piano di esodi anticipati con premio tempestività per chi sceglierà di adeguarsi e accettare quello che in parole povere si chiama prepensionamento.
CHI RISCHIEREBBE DI PIÙ: I LAVORATORI A PARTITA IVA
Esiste tuttavia un altro tipo di contratto a cui viene sottoposto la metà del personale che lavora ai programmi Rai. Si tratta di quelli che non vengono registrati come dipendenti dell’azienda ma vengono assunti con contratto a partita Iva.
Sono lavoratori atipici che devono prestare, al pari dei dipendenti registrati, la propria opera all’interno dei programmi del servizio pubblico. Sono circa la metà di quelli che lavorano in Rai. Tra loro ci sono anche quelli che programmi milionari come il Festival di San Remo o gli show di Adriano Celentano magari li progettano. Autori, produttori, costumisti e chi più ne ha più ne metta. Tutti coloro che lavorano dietro alle quinte e che per farlo devono lavorare anche dieci anni per raggiungere la paga che Fabio Fazio a Sanremo percepisce in una serata.
I loro compiti sono uguali a quelli dei dipendenti veri e propri, quelli che hanno un contratto subordinato. Però vengono visti come autonomi e non hanno nemmeno il pass per entrare in ufficio. A differenza degli altri non hanno neanche giorni di malattia, di ferie o permessi per maternità. Oltre cinquantamila persone che, in caso di spending review potrebbero essere le prime a saltare proprio perché non hanno alcun rapporto di subalternità con l’azienda.
IL FESTIVAL DI SANREMO E I SUOI SPRECHI
La Rai non sembra essere un’azienda in salute, tutt’altro. Quando però si tratta di organizzare il festival di Sanremo che rappresenta per gli italiani il cosiddetto “panem et circenses” il denaro esce fuori. Con la conseguenza di dover compensare artisti di primo richiamo.
La Rai vorrebbe risparmiare circa un milione di euro per cinque serate ma i cachet di Fabio Fazio di 600 mila euro e della Littizzetto di 350 mila euro gridano comunque vendetta al cospetto di Dio se si pensa che migliaia di lavoratori dell’azienda pubblica tra giornalisti e autori di programmi tra dipendenti e Iva Party (quelli che rimangono dietro le quinte) rischiano di uscire fuori organico oppure di subire bruschi tagli agli stipendi. Per alcuni di loro con uno stipendio da duemila euro al mese per arrivare ai 600 mila euro di Fazio devono sgobbare per 25 anni. Chi invece ha l’onore di ottenere uno stipendio da 4 mila euro deve sempre lavorare 12 anni e 6 mesi per raggiungere il guadagno di cinque giorni di Fabio Fazio che guadagna in questo caso anche in 5 giorni 35 volte il corrispettivo di un politico pagato a 17mila euro al mese.
E se Fazio e la Littizzetto avessero rinunciato ai compensi? Il primo avrebbe permesso a 25 dipendenti da 2000 euro al mese e 24mila all’anno di assicurarsi la permanenza in Rai. La seconda avrebbe assicurato lo stesso tipo di posto ad altri 15 lavoratori. In totale sono 40 coloro che sarebbero sicuri di mantenere un contratto base da duemila euro al mese.
Previste le ospitate di Carla Bruni, Roberto Baggio passando per Caetano Veloso, Beppe Fiorello, Claudio Bisio, Asaf Avidan, Neri Marcorè, la sorpresa Antony Hegarty di Antony and the Johnsons e le due supertop Bar Refaeli e Bianca Balti. Tutti cachet sconosciuti per ora.
Poi ci sono i cosiddetti proclamatori di canzoni. Resteranno sul palco qualche secondo soltanto per annunciare il nome di un brano e chi la canterà. Si tratta di Marco Alemanno, compagno di vita di Lucio Dalla, fino alle sorelle Parodi, Ilaria D’Amico, Carlo Cracco, Roberto Giacobbo, Martina Stella, Filippa Lagerback, Flavia Pennetta. Questa categoria è tutta a rimborso spese. Per gli stranieri è previsto un compenso di ventimila euro solo per qualche secondo. Lo stipendio di dieci mesi di lavoro dei dipendenti a duemila euro al mese. Gli italiani diecimila euro, cinque mesi di stipendio di un normale lavoratore.
In tempi di spending review queste sono cifre che indignano. Soprattutto se si pensa che nel dopoguerra ci si divertiva lo stesso e per risparmiare si affidavano più canzoni anche allo stesso cantante. Celebre il primo festival del 1951 nel quale i primi tre posti andarono a Nilla Pizzi e Achille Togliani con le canzoni: Grazie dei Fiori (cantata solo dalla Pizzi), La luna si veste d’argento (interpretata da entrambi) e al terzo posto Serenata a nessuno (cantata da Togliani). In totale per venti canzoni ci furono soltanto 3 interpreti. Ai già citati si aggiunse soltanto il duo Fasano.
Il tutto svoltosi in tre serate dal 29 al 31 gennaio. Con un costo di pochi milioni di lire con la felicità di tutti dagli adulti ai bambini.
Oggi si parla invece di un budget totale si aggira sui 18-19 milioni (e qui si gioca il famoso milione di risparmio), dei quali 7 sono per la convenzione con il Comune di Sanremo.
Parte dei costi sarà coperta dagli introiti pubblicitari che dovrebbero aggirarsi intorno ai 16 milioni, il resto dal canone. Buon divertimento a tutti e come disse Totò: e io pago.