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EDITORIALE/ Muore Berlusconi, resta Iorio

di Pasquale Di Bello

Uno strano paradosso della Storia voluto che nel momento del commiato berlusconiano il berlusconismo trovasse il suo ultimo, fedele interprete: Michele Iorio, neopresidente della Regione Molise, rieletto di recente tra molti dubbi e altrettante ombre. I punti di contatto tra i due, dall’uso spregiudicato dei media alle vicende giudiziarie sino agli interpreti fedeli delle rispettive chiese sono numerosissimi. Da una lettura attenta dei punti di convergenza, il Molise risulta l’ultima enclave di Silvio Berlusconi che, non ha caso, ha deciso di farsi eleggere in questa piccola e inquietante regione.

Silvio Berlusconi e Michele Iorio

Che in Italia il più pulito c’abbia la rogna, qualora ve ne fosse bisogno, ce lo confermano gli avvenimenti delle ultime ore. Seppellito dal gossip, dallo sciacallaggio borsistico e dalle cancellerie plutocratiche di mezzo mondo, Berlusconi è uscito di scena. Il Cavaliere è caduto, e non tornerà mai più a palazzo Chigi, ma il berlusconismo va avanti, in forme, modi, mondi e luoghi oscuri. Uno di questi è il Molise, dove grazie ad un colpo di mano è tornato per la terza volta al governo Michele Iorio, uno dei più fedeli officianti della liturgia berlusconiana. Contrariamente alla scadenza naturale, e grazie ad una forzatura del Viminale, il Molise ha anticipato la propria scadenza elettorale di due settimane. Dai primi di novembre, alla metà di ottobre, due settimane che sono bastate a Michele Iorio per scampare al decreto “premi e sanzioni” che ne avrebbe sancito la incandidabilità dovuta al buco milionario nella Sanità. Il golpe Iorio/Viminalme ha quindi permesso l’insediamento di un presidente di regione che se si votasse oggi sarebbe  un abusivo a tutti gli effetti e che rappresenta, in questo momento, l’unico avamposto del berlusconismo in Italia. In nessuna delle regioni ancora amministrate dal centrodestra, tranne il Molise, può dirsi la stessa cosa. Pensiamo ad esempio alla Lombardia, dove lo stesso Formigoni rappresenta l’antitesi antropologica, oltre che politico-programmatica, di Silvio Berlusconi. Le similitudini tra il Cavaliere e Iorio, invece, sono inquietanti. A cominciare dalla proprietà dei mezzi di comunicazione. Se c’è un denominatore comune tra i due, tra il berlusconismo e lo iorismo, che è la degenerazione in chiave agro-pastorale del primo, è il possesso pressoché totale dei mezzi di informazione. Differentemente da Berlusconi, tuttavia, che ne detiene ufficialmente la proprietà (almeno per quel che riguarda Mediaset), Iorio esercita una proprietà di fatto, quindi un vero possesso, di larga parte dei mezzi di comunicazione presenti in Molise. Il metodo Iorio è grossolano, agro-pastorale appunto, e consiste nel foraggiare e sostenere ad arte il sistema dei media regionali attraverso un triplo meccanismo: quello della pubblicità ufficiale, cioè quella istituzionale (milioni di euro accumulati negli anni) assegnata per via diretta, senza regole preordinate o evidenza pubblica; quello della pubblicità surrettizia, ovvero sollecitata a imprenditori amici chiamati a manifestare a colpi di spot e manchette la propria “riconoscenza” al munifico governatore; quello del finanziamento diretto, operato attraverso una legge regionale di sostegno all’editoria costruita secondo modelli da dittatura sudamericana. La ditta Iorio, sul fronte dei media, è peggio della ditta Berlusconi. Se quest’ultimo in buona sostanza ci mette la faccia e il capitale, il primo agisce nell’ombra. L’uomo Iorio è furbo e la faccia non ce la mette mai, ma le impronte digitali sulla stampa partigiana sono le sue.

Le similitudini tra iorismo e berlusconismo non finiscono però alla proprietà palese o occulta dei mezzi di comunicazione. L’aspetto più inquietante, infatti, non sta nella proprietà di fatto dei mass media, ma nel suo corollario, cioè nell’uso spregiudicato degli stessi ai fini di depistaggio. Per anni, Iorio, grazie ad una manipolazione costante dell’informazione ha fatto credere ai molisani di vivere su un’isola felice. Il martellamento quotidiano, quello delle balle aerospaziali, autostradali, dei tagli di nastro a go go, delle imprese decotte contrabbandate per imprese salvate, della Sanità ad ususm familiae spacciata per eccellenza, della rapina clientelare post-sisma gabellata per ricostruzione, dello scialacquio ex art. 15 propalato come rilancio produttivo; su tutto questo, e su altro ancora, Iorio in Molise, come Berlusconi in Italia sulla crisi internazionale, a mentito “a mezzo stampa”. Non c’è, non esiste il Molise felix come non esiste l’Italia felix. Ora, mentre l’Italia si sta svegliando, seppur sotto lo scossone di un golpe istituzionale (sul quale ritorneremo a parte), il Molise rischia di addormentarsi definitivamente. La macchina del cloroformio (che in Molise coincide spesso con quella del fango) è già al lavoro. La proclamazione di Iorio a presidente della Regione Molise, avvenuta in condizioni a dir poco dubbie, è il primo passo verso un processo di normalizzazione che verrà completato attraverso l’uso narcotico dell’informazione.

Altra singolare quanto evidente coincidenza tra la vicenda berlusconiana e quella di Iorio la riscontriamo a Palazzo di Giustizia. Se il primo, grazie alla posizione parlamentare e, sino a qualche ora fa di capo del governo, è riuscito a farla sempre franca negli anni, il secondo, pur non godendo di una analoga condizione, è riuscito ugualmente a scampare di fatto ai numerosissimi giudizi pendenti a suo carico. Indagato e più volte imputato, Iorio non è giunto ancora a nessun giudizio definitivo e beneficiando di una lentezza della Giustizia che in Molise, rispetto all’Italia, non fa certo eccezione, galoppa a grandi falcate verso la prescrizione di ogni addebito. Va aggiunto che la Giustizia, in Molise, non è certo sostenuta da una pubblica opinione attenta e consapevole. Al contrario, e sempre grazie al cloroformio distribuito a mezzo stampa, inchieste e indagini vengono spesso ignorate se non bollate come fantasie di malpensanti. Gli esempi degli ultimi giorni, quelli riferiti alle evoluzioni delle indagini sulla nave Termoli Jet e sullo Zuccherificio del Molise, la dicono lunga sull’insabbiamento e l’oscuramento delle notizie a cui i molisani sono stati sottoposti in questi ultimi anni. Anni, non va dimenticato, di fango e di coraggio. Anni di giornalisti (pochi) coperti di liquame per aver denunciato anzitempo quello su cui i magistrati pongono la loro attenzione.

Ma se c’è un fatto, infine, che mostra tutte le similitudini tra lo iorismo e il berlusconismo, questo non è né la proprietà occulta dei media, né il loro uso spregiudicato né l’involontario beneficio derivante dalla lentezza della Giustizia. Se c’è un punto di contatto definitivo, quello sta nella spudoratezza di un sistema che perpetra se stesso nella tracotanza dei personaggi che lo rappresentano. Figure ufficiali e di complemento che della strafottenza, quella di chi sa di non rispondere a nessuna autorità, hanno fatto una regola di vita. Se il berlusconismo sul piano nazionale ha prodotto dei volti noti alle cronache, lo iorismo, in questo più pernicioso, ha sviluppato facce anonime. Il berlusconismo di Iorio (lo iorismo è questo), sta nelle facce sbidite di funzionari biechi e politicizzati, di insospettabili colleghi di lavoro oleosi e sfuggenti, di faccendieri addetti alle cucine del regime, di volti, in definitiva, mascherati dalla calzamaglia dell’anonimato, una mucillagine sociale che rischia di affogare il Molise. Stanno negli uffici, nelle aziende, negli ospedali, nelle fabbriche, nella pubblica amministrazione, nei partiti di maggioranza e d’opposizione (anche in questi), nei sindacati, nelle associazioni, nelle chiese, nelle cosche, nella caste, nelle logge e nelle camarille d’ordine e grado. Il Molise, oggi, è l’ultimo avamposto di un’Italia che non c’è più. Mentre il Paese si avvia ad un percorso di liberazione, il Molise, grazie a Iorio, è diventato una sorta di banca del seme berlusconiano. Se non era nell’aria, questa deriva era già nei fatti. Berlusconi, non dimentichiamolo, di tutte le centinaia di collegi elettorali che ne consentivano l’elezione ha optato per uno in particolare. Quello più sconosciuto, e quindi più semplice da colonizzare: il Molise. Berlusconi, politicamente, è morto. Restano gli zombi.