CRISI/ La soluzione? Rinegoziare il fiscal compact e ridimensionare la Bce
Che l’austerità non sia la soluzione per uscire dalla crisi lo ha sottolineato anche Edward Luttwak, attaccando Monti per le politiche messe in campo in materia di economia e tasse. Come fare, allora? Semplice: basta rinegoziare il fiscal compact, che ci opprime, e ridimensionare il peso della Bce recuperando quella sovranità persa negli ultimi anni.
di Viviana Pizzi
L’EUROPA DELLA MONETA: IN DIECI ANNI HA PRODOTTO SOLTANTO CRISI
Quella di oggi è un’Europa della moneta, della Finanza e delle banche. Un modello fallimentare dimostrato in ogni modo. L’unificazione dell’Euro avrebbe dovuto garantire a 500 milioni di cittadini europei condizioni di vita migliori.
Così però non è avvenuto: l’ingresso dell’Euro ha portato crisi in quasi tutti i paesi che hanno adottato la moneta unica. Tutto perché la Banca Centrale Europea ha imposto a tutti gli stati membri una politica di austerity condivise anche dalla Commissione Europea e dalle quali il Fondo Monetario Internazionale si sta dissociando soltanto di recente.
Politiche che hanno portato a disoccupazione di massa, smantellamento del welfare e all’eliminazione dei diritti dei lavoratori. Oggi l’Unione Europea si trova di fronte a una crisi dalla quale è difficile uscire chiedendo ancora sacrifici al popolo. Per farlo bisognerebbe chiedere, come ha pensato il Fondo Monetario internazionale, sacrifici a tutti e non soltanto alle classi sociali meno abbienti.
UNA CRISI PROVOCATA DA BERLUSCONI E MONTI
Chi ha contribuito in Italia a portare avanti queste politiche di austerity che hanno prodotto crisi al pari di quella di altri Paesi d’Europa?
Certamente i tecnici del Governo Monti ma insieme a loro anche il precedente Governo politico presieduto da Silvio Berlusconi senza il quale non sarebbe stato necessario commissariare l’Italia. Infatti con la lettera diktat dell’estate 2011 avevano già pensato a un cambio della guardia nella politica italiana. Questo però non è avvenuto perché Berlusconi non avesse mai obbedito agli ordini dell’Europa, ma semplicemente perché con un governo tecnico guidato da Mario Monti fosse stato più facile fare gli interessi del Governo delle Banche. Ed è andata talmente bene agli istituti di credito che tramite Bilderberg, Aspen Istitute e Trilaterale hanno chiesto all’economista di candidarsi e di continuare a portare avanti queste politiche.
Vogliamo ora ricordare alcuni dati prodotti dal Governo Monti: se alla fine del 2011, in piena fase di crisi, il Pil era già in flessione registrando – 0,7% dopo un anno di austerity e rigore siamo arrivati a – 2,1%. Il debito pubblico è passato da 1900 miliardi di euro a 2000 miliardi passando da un rapporto col Pil di 120,6% al 126,26%.
RINEGOZIARE E RIDIMENSIONARE: IL PIANO DI RIVOLUZIONE CIVILE
La ricetta di Ingroia e degli economisti non è certo il “Chicago Plan Revisited” ma prevede anch’essa il cambio di ruolo della Banca Centrale Europea. Che contro la speculazione dovrebbe operare soltanto come “prestatore di ultima istanza”. Dovrebbe comprare titoli di Stato sul mercato primario senza sottoporre gli Stati già in difficoltà a condizioni troppo generiche denominate “ capestro”. La finanza andrebbe regolata in questo modo: separando le funzioni delle banche con una separazione tra istituti di credito e istituti di investimento.
Ora invece lo scopo principale della Banca centrale europea è quello di mantenere sotto controllo l’andamento dei prezzi controllando il potere d’acquisto nell’area dell’euro. La Bce infatti esercita il controllo dell’inflazione nell’area dell’Euro badando a contenere, tramite opportune politiche monetarie, il tasso di inflazione di medio periodo a un livello inferiore prossimo al 2%.
Per superare la crisi è necessario anche investire sulla piena e sulla buona occupazione che deve diventare l’obiettivo prioritario delle politiche europee attraverso investimenti per la riconversione ecologica dell’economia.
Per farlo bisogna invertire la rotta sulle politiche fiscali e salariali. Rivoluzione Civile punta a rinegoziare il Fiscal Compact recuperando così parte di quei 47 miliardi di euro l’anno che per i prossimi anni verranno a pesare sui lavoratori e sulle fasce sociali. Con quel denaro è possibile non solo recuperare i posti di lavoro di un intero settore ma crearne anche degli altri.
Tagliare le tasse va bene ma come si fa poi a recuperare sul debito pubblico arrivato alla cifra più alta di tutti i tempi? La ricetta è affrontare il problema con scelte economiche e radicali finalizzate allo sviluppo partendo dall’abbattimento degli alti tassi di interesse pagati. Ridurre il debito significa anche agire attraverso serie politiche di contrasto alla corruzione, all’evasione fiscale, all’economia illegale. Facendo così si possono reperire risorse da destinare allo sviluppo economico diminuendo il rapporto tra debito e Pil. Bisogna ricordare in tal senso che se solo si recuperassero i soldi derivanti dalle politiche delle mafie il debito pubblico si ridurrebbe di 330 miliardi di euro. Non è certo questa l’unica soluzione ma è certo un passo in avanti.
La proposta è che accanto al Pil si crei un indicatore del benessere sociale e ambientale come criterio sul quale misurare lo sviluppo e il progresso umano.
Insomma un’inversione di tendenza che possa diminuire l’incidenza della crisi sull’economia degli italiani, strozzati dalle banche e da una disoccupazione che l’Istat da all11,2% mentre studi politici di Rivoluzione Civile attestano che quella reale sfiori il 13 %. Ciò significa che una persona su 8 non lavora: un problema da risolvere subito e non rimandare alle calende greche.