Storytelling su Lifestyle, Sport, Tech e Food

L’intelligence vista dall’intelligence: la “Storia dei Servizi Segreti italiani” di Vilasi farà discutere

È il primo libro sull’intelligence scritto da una donna, Antonella Colonna Vilasi, presidente del Centro Studi sull’intelligence (UNI), insegnante in numerose agenzie ed università nonché professore ordinario americano e visiting professor di intelligence a Atene, Bucarest, Londra, Madrid, Malta, Parigi e Tirana. L’abbiamo intervistata. Vilasi è una che sa il fatto suo e che legge la storia degli 007 nostrani con gli occhi di un insider: ecco perché oltre cento anni di fatti e accadimenti vengono raccontati in un modo che farà sicuramente discutere.

 

di Andrea Succi

Il centro Studi di cui sono Presidente si occupa di sviluppo della cultura dell’intelligence a 360° gradi, organizzando seminari, convegni e workshop”. Cultura dell’intelligence. Sono queste le prime tre paroline che ci fanno sobbalzare, abituati come siamo a vedere i servizi come deviati, cospiratori dello Stato e manovratori occulti delle peggiori nefandezze italiane.

Antonella Colonna Vilasi ci porta, invece, subito nel suo mondo, da studiosa ed esperta di intelligence internazionale e nazionale.

L’ultimo suo libro, “Storia dei Servizi Segreti italiani” (ed. Città del Sole), racconta l’evoluzione della sicurezza nostrana, sviluppando fatti e accadimenti che vanno dalla fine dell’Ottocento ai giorni nostri, con ben 13 interviste, realizzate dall’autrice, ad illustri protagonisti dei servizi d’informazione del nostro paese: ex direttori d’intelligence, tra cui Mario Mori (per il quale, proprio ieri, sono stati chiesti 9 anni di reclusione per favoreggiamento alla mafia , ndr), ex capi di Stato Maggiore e generali d’Armata, come Vincenzo Camporini, e infine politici ed esperti internazionali d’intelligence, Carlo Jean e Giuseppe De Lutiis in primis.

Abbiamo chiesto a Vilasi cosa pensa del caso, ad esempio, di Abu Omar e la risposta ricevuta è la quintessenza dell’Intelligence stessa: “Io dico che non si tratta di servizi segreti deviati: in quel momento storico l’America tutta era concentrata su un contrattacco alla minaccia terroristica scoppiata con l’11 settembre. Il caso di Abu Omar faceva parte di questa mission di limitare quelle che erano le eventuali possibilità di minacce terroristiche, visto che vi erano in Italia degli Imam che apertamente, a Milano in Viale Jenner come tutti sappiamo, propagandavano una missione contro l’Occidente. Quindi le extraordinary rendition, cioè operazioni che indubbiamente sono contrarie alle norme fondamentali di uno stato di diritto, erano però dettate da esigenze di sicurezza internazionali, da tenere al riparo dall’opinione pubblica e da attività giudiziaria in tal senso. Quindi io penso che tutto ciò che è successo faceva parte di un’esigenza di sicurezza che partiva dagli Stati Uniti ma interessava anche gli stati europei, tra cui l’Italia.”

Si può discutere o meno sull’aspetto etico e/o morale di questa risposta ma può suscitare indignazione solo in chi vive ancora nel paese dei balocchi o pettina le bamboline. Perché per comprendere appieno alcuni accadimenti chiave della nostra storia repubblicana, che Vilasi affronta nella “Storia dei Servizi Segreti italiani” (ed. Città del Castello), bisogna mettersi da entrambe le parti della “barricata” e provare a calarsi nei panni, scomodi, di uno 007.

Quindi in sostanza si possono giustificare metodi ortodossi o fuori dalle regole per situazioni di emergenza, questo intende dire Vilasi? La risposta è chiara, netta e lineare: “Se ci sono situazioni di estrema emergenza la sicurezza nazionale va al di sopra di tutto, visto che le agenzie di intelligence utilizzano spesso sistemi non ortodossi.”

Altro aspetto interessante del libro di Vilasi, da un punto di vista storico e sociale, è la ripetitività di certi schemi adoperati dai Servizi nel corso dei decenni: l’uso delle informazioni di sicurezza nazionale a fini politici, la schedatura di personalità “fuori dagli schemi”, il dossieraggio contro i “nemici”, la manipolazione dell’opinione pubblica, gli attentati, risultano pratiche utilizzate già dalla fine dell’Ottocento con la nascita dei primi, seppur rozzi, sistemi di spionaggio.L’evoluzione della specie, come in (quasi) tutti i casi, ha determinato un netto miglioramento qualitativo delle risorse umane e tecniche adoperate ma una conservazione pressoché totale dei metodi.

A partire da fine ‘800, passando per il periodo a cavallo delle due grandi guerre, fino al post-bellum e ai giorni nostri si ritrova un uso spregiudicato dei servizi da parte del Potere costituito. “La riflessione è calzante”, dice Vilasi, “ricordiamoci che c’è stato un periodo storico in cui in Italia esisteva un servizio ad uso e consumo del partito dominante del momento, cioè la Democrazia Cristiana, il famoso noto servizio chiamato anche l’Anello di cui si suppone che il capo fosse Andreotti.”

Calarsi nella storia repubblicana italiana significa, anche e soprattutto, saper leggere gli eventi legati alla “Storia dei Servizi Segreti italiani” (ed. Città del Castello) che Antonella Colonna Vilasi mette su carta con estrema lucidità. Anche se questo potrebbe far sobbalzare più di qualcuno dalla sedia.