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Stamina, tra promesse, affari e poteri forti ecco la parabola di Davide Vannoni

Lo sbarco in Svizzera. I soci misteriosi. Il business della terapia. E le accuse sul fallimento della cura. L’incredibile parabola del fondatore del discusso metodo, tra promesse e affari.

 

Un laboratorio che doveva rappresentare un pugno in faccia per i suoi detrattori. Una “fabbrica di cellule”, come la chiama lui, all’interno di una struttura d’avanguardia, il Cardiocentro del Ticino, prestigiosa clinica universitaria collegata all’Ospedale civico di Lugano. Una collaborazione da urlo, in barba a tutti quelli che, al di sotto delle Alpi, trattano il metodo Stamina e le sue promesse di curare malattie inguaribili come una truffa.

Un anno e mezzo fa Davide Vannoni era arrivato a un passo dal sogno. Una delle sue società svizzere, la Biogenesis Tech, aveva ricevuto una proposta per avviare un’attività nel rinomato Cardiocentro di Lugano, dove già oggi esiste un laboratorio per studiare nuove terapie cellulari, l’ultima frontiera della medicina rigenerativa.

Quando l’istituzione svizzera si fa avanti, il fondatore di Stamina, ci pensa. L’occasione è da non perdere: mentre in Italia il metodo è sotto attacco, sbarcare in Svizzera in una struttura di questo calibro sarebbe un bel colpo. Se non fosse che, negli stessi giorni in cui Vannoni incontra i dirigenti del Cardiocentro, arriva la mazzata: agli Spedali Civili di Brescia la somministrazione della terapia viene bloccata dagli ispettori del ministero. Un intoppo che a Lugano non passa inosservato. L’affare sfuma. Ma gli uomini di Stamina non si perdono d’animo. E individuano altri possibili sbocchi, dal Messico a Hong Kong.

Venticinquemila malati che lo considerano la loro ultima speranza, le accuse di spacciare illusioni a chi soffre di malattie terribili, un piano per esportare le sue terapie in Svizzera come negli angoli più lontani del pianeta: il racconto di come Davide Vannoni, 46 anni, sia arrivato al centro di una delle più grandi battaglie medico-politiche degli ultimi anni non smette di regalare sorprese. E di portare alla luce una serie di contraddizioni senza fine, come quelle sugli affari di Mr. Stamina.

RICERCA IN PORSCHE
«Se avessi voluto diventare ricco, mi sarebbe bastato portare i malati in Russia, prendendo in cambio una percentuale sull’operazione», ha ripetuto lui durante il programma “Presadiretta”. Una verità che, tuttavia, trascura quanto avvenuto attorno alle due società di Lugano rivelate a fine dicembre da “l’Espresso”, la Biogenesis Research e la gemella Biogenesis Tech. Un dettaglio, che solo a prima vista può sembrare irrilevante: in nessuna delle due Vannoni figura come consigliere d’amministrazione; quando però si regala una Porsche Carrera Cabrio, lo fa intestandola a una delle due società, che certamente potrebbero spendere le proprie risorse in modo più significativo per lo sviluppo delle staminali.

E ancora: alle due Biogenesis sono stati conferiti i “diritti esclusivi mondiali” del metodo Vannoni, così come la “licenza esclusiva” per la diffusione della terapia con staminali. Gli azionisti, però, sono in gran parte coperti dall’anonimato, al di là di pochi nomi ipotizzabili sulla base di documenti ufficiali. Chi ha comprato quelle quote, dunque, e a che prezzo? E ancora: se mai Stamina decollerà, chi saranno i soci misteriosi che beneficeranno dei suoi proventi? E che cosa ne sarà dei propositi del suo fondatore, che in ogni intervista ribadisce di operare senza scopi di lucro?

COMUNICAZIONE VINCENTE
Per capire come Vannoni è diventato l’uomo della discordia, bisogna tornare indietro a un momento che, oggi, non potrebbe apparire più lontano. All’inizio degli anni Novanta, infatti, il futuro Mr. Stamina non ha nulla a che fare con medici e malattie. Studia Scienze delle Comunicazioni a Torino con uno dei padri di quello che all’epoca era un nuovo e promettente corso di laurea, il semiologo Gian Paolo Caprettini. Termina l’università con slancio, e nel giro di due anni pubblica ben due volumi, entrambi sui meccanismi di funzionamento della pubblicità. Incappa però anche in qualche incidente, come quando si propone come autore a un editore notissimo, “Il Mulino”.

La risposta tarda, ma quando arriva – il 26 ottobre 1998 – è tanto cortese quanto implacabile: «Non vi sono le condizioni per dare seguito alla sua proposta di pubblicazione. Siamo spiacenti che questa decisione sia stata presa dopo un certo tempo (…). Questo accertamento sarebbe stato meno problematico se lei ci avesse segnalato fin da subito la sua indisponibilità a predisporre un capitolo del testo, o comunque la sua intenzione di riproporre nel nuovo libro un capitolo di quello già pubblicato da Giappichelli. Con la situazione che si è venuta a creare, e fermo restando che il Mulino pubblica solo lavori originali, preferiamo compiere un gesto di chiarificazione rinunciando a perseguire oltre il progetto».

A TUTTO MARKETING
Vannoni, però, non sembra doversi lamentare troppo del sospetto di voler riciclare i propri scritti. Si butta nel marketing e nelle ricerche di mercato, con successo. Brevetta una metodologia che battezza “3M”, ovvero Mental Model Monitor. Ottiene numerosi incarichi nel mondo delle mostre e del turismo. Lavora per Forza Italia ma trova ascolto anche in diversi esponenti del centrosinistra. Curioso un lapsus in cui incorre la Regione Piemonte, che nel 2000, affida un «incarico di consulenza al Prof. Davide Vannoni per la promozione e la comunicazione delle mostre di Palazzo Cavour». Lui, però, professore lo diventa formalmente solo nel 2004, quando vince il concorso da associato a Udine, dove insegna Psicologia della Comunicazione e Ergonomia cognitiva.

MAESTRO DI PERSUASIONE
Nelle sue attività di sociologo ed esperto di marketing ci sono aspetti che si riveleranno cruciali nel Vannoni 2.0, quello delle infusioni di staminali. Nel 2001, infatti, la casa editrice torinese Utet dà alle stampe il suo “Manuale di psicologia della comunicazione persuasiva”, un trattato che anticipa diversi passaggi utilizzati in alcune ricerche per l’assessorato piemontese alla Sanità e, poi, nelle strategie comunicative di Stamina. Un ruolo centrale è quello svolto dall’esperienza emozionale, «un elemento imprescindibile e spesso prevalente nell’elaborazione di qualunque forma di comunicazione persuasiva».

Una funzione altrettanto importante è quella del testimonial, che risulta più efficace se ha effettuato lui stesso l’esperienza che vuol proporre agli altri. Tanto più se l’azione di persuasione è attuata mediante «l’uso di molteplici registri ed elementi comunicativi», tra cui «le immagini di forte impatto visivo». Come quelle dei video che mostrerà ai primi pazienti, quando il comunicatore assumerà i panni del pioniere delle staminali. E che ritraggono un ragazzo, seduto su una sedia a rotelle: prima si muove a fatica; poi balla e riesce a eseguire qualche esercizio ginnico. Grazie alla terapia. Al metodo Stamina.

IL MIRACOLO UCRAINO
Il 2004 è un anno clou, in tutti i sensi. La storia l’ha più volte raccontata lui stesso. Viene colpito da un’emiparesi facciale. Si opera, inutilmente. Viene a sapere che un gruppo di biologi molecolari sta sperimentando in Ucraina un’innovativa terapia con cellule staminali mesenchimali. Arriva al laboratorio di diagnostica molecolare Virola, a Char’kov. Lì fa la conoscenza di Elena Schegel’skaya, una degli autori della ricerca, e si sottopone a carotaggio del midollo osseo. L’esito?

 Lui sostiene di aver recuperato il 50 per cento della funzionalità dei muscoli facciali, altri testimoni dichiareranno al quotidiano “la Stampa” che l’intervento è stato «tutt’altro che risolutivo». In ogni caso, il professore di Udine è ormai convinto: le mesenchimali funzionano. E la terapia va fatta sbarcare in Italia, dove torna portandosi dietro la Schegel’skaya e il collega Vyacheslav Klymenko.

IN CODA SPERANDO
Qui prende il via la parte per certi versi più cupa di tutta la vicenda, ormai di dominio pubblico. Negli uffici di Vannoni inizia un pellegrinaggio di malati, adulti e bambini, che vengono indirizzati in diversi laboratori per effettuare le infusioni di cellule. In questi giorni alcuni di loro hanno raccontato la propria storia in televisione e sui giornali. Hanno ricevuto la richiesta di pagare cifre elevate, anche 40 mila euro. Hanno effettuato versamenti a società di San Marino, dove da un certo punto in poi venivano dirottati per le infusioni. Alcuni dicono di essersi sentiti male. Altri di aver ricevuto pressioni perché non raccontassero ai loro medici a che cosa si erano sottoposti.

A suo pro, Vannoni può vantare il fatto che i genitori di alcuni bambini e alcuni medici hanno osservato benefici, sintetizzabili in genere come un maggior tono muscolare. E sostiene che non tutti erano costretti a pagare: lo faceva solo chi poteva. Aspetti su cui, però, è chiamata a esprimersi la magistratura, considerando che il pm di Torino, Raffaele Guariniello, indaga proprio su queste temi ormai da parecchio tempo.

PALADINO DEI MALATI
Quel che appare invece certo è che, nel 2009, quando l’inchiesta emerge per la prima volta, Vannoni inizia una nuova trasformazione. Lo staminologo da seminterrato diventa il paladino dei malati che le case farmaceutiche non vorrebbero guarire. Viene prontamente chiusa la Re-Gene Srl, la società che nel dicembre 2006 aveva fondato con i due biologi portati dall’Ucraina e che aveva, nel proprio oggetto sociale, la vendita di prodotti ottenuti dalla manipolazione di cellule staminali. E ogni iniziativa comincia a passare per la Stamina Foundation, che scolpisce nel proprio statuto il proposito «di assicurare a persone indigenti o non abbienti la possibilità di accedere a cure di medicina rigenerativa anche tramite aiuto economico».

ZERO DONAZIONI
Il debutto non è memorabile. La Fondazione nel 2010 si accredita per la prima volta per ricevere le donazioni del 5 per mille dell’Irpef riservate alle onlus. Stando ai dati pubblicati dall’Agenzia delle Entrate sul proprio sito web, nel primo anno non la sceglie neppure lo stesso Vannoni, visto che nessun contribuente la indica come destinataria della propria trattenuta.

Nel 2011 lo fa soltanto una persona, con una donazione di 9,66 euro. Un rebus, spiegabile forse con il fatto che, a quanto ha appreso “l’Espresso”, Vannoni si trascina dalla sua era di sociologo un forte contenzioso con il Fisco accumulando cartelle esattoriali di vario tipo per oltre 100 mila euro. Intanto, però, Vannoni ha fatto bingo. Le sue cure sono entrate in un ospedale pubblico, quello di Brescia. E vengono inizialmente autorizzate, pur con diverse condizioni e alcuni distinguo.

RACCOMANDATI IN CURA
È un passaggio cruciale, su cui si sprecano i retroscena e su cui indaga ora una commissione d’inchiesta del Senato. Il vice presidente di Stamina, Marino Andolina, ha suscitato un nuovo vespaio di polemiche per aver esplicitato il fatto che fra i primi curati c’erano alcuni «raccomandati». I fatti, in realtà, erano noti: il primo ad essere trattato a Brescia è ad esempio un alto funzionario della Regione Lombardia, Luca Merlino, direttore vicario della Sanità regionale.

Non mancano gli interrogativi: «Credo che sia il paziente che si avvicina di più al concetto di “curato”. Un paziente con una malattia degenerativa molto grave, una Sma 5», ha detto Vannoni in Parlamento. Le sue iniziali, però, non figurano tra le sigle dei malati che si sono sottoposti al metodo e le cui cartelle cliniche sono state portate all’esame dei commissari incaricati dal ministro della Salute, Beatrice Lorenzin.

ENIGMA BIOGENESIS
Quando le infusioni di Brescia vengono bloccate, si scatena la battaglia che è diventata la cronaca degli ultimi due anni. E qui c’è un nesso con gli affari di Vannoni. Perché Mr. Stamina, da allora, è diventato un personaggio pubblico, a cui si sono rivolte centinaia di famiglie, ognuna con la propria storia di dolore. Si è innescato un meccanismo in cui alcuni movimenti invitavano i malati a fare ricorso al Tar per ottenere l’accesso ai trattamenti di Brescia. Nel frattempo ha tovato un finanziatore, l’imprenditore farmaceutico Gianfranco Merizzi, proprietario del gruppo Medestea di Torino.

È proprio nel bilancio di una sua società, la Medestea Stemcells, che è emersa per la prima volta l’architettura delle società predisposte ad hoc in Svizzera per sfruttare i diritti del metodo Stamina. E qui fioccano le sorprese: Medestea Stemcells ha pagato a Vannoni 440.302 euro per rilevare una partecipazione in una delle due società, la Biogenesis Tech. E nei consigli di entrambe siedono due persone che, a vario titolo, hanno animato il dibattito pro Stamina, Luigi Bonavita e Mario Tetti. Chi sono gli azionisti delle due Biogenesis? “L’Espresso” lo ha chiesto a Merizzi: «Partners e amici. Ma non le dico nulla di più, siamo stufi di raccontare fatti che poi vengono riportati in modo distorto», ha risposto. Ma Vannoni è socio? «Ripeto: non le dico nulla di più».