TANGENTOPOLI IN MOLISE/ Quando la Dc dei vari La Penna, Santoro & Co. Si rivelò per quello che era…
Da sinistra: La Penna, Santoro e Fanfani
La corruzione in qualche modo è sempre stata presente nella vita degli italiani. Ma è nel 1992 che, grazie all’attivismo di un magistrato molisano, di origine contadine, gli italiani sembrano ribellarsi e riappropriarsi della propria rappresentatività e dignità. Il magistrato in questione è Antonio Di Pietro da Montenero di Bisaccia, il quale attraverso l’inchiesta “Mani Pulite” mette a soqquadro l’intera cartina geografica politica. Ma nella terra d’origine del magistrato contadino cosa successe? Chi venne coinvolto negli scandali giudiziari? Quali furono gli uomini che fecero la “tangentopoli molisana”?
Negli anni che vanno dal 1992 al 1994 i maggiori partiti dell’arco costituzionale (Dc –Psi e in tono minore il Pci) subiscono delle vere è proprie rivoluzioni copernicane attraverso scissioni e diaspore varie. Paradosso vuole che proprio mentre la politica politicante veniva messa a ferro a fuoco, nel 1994 al potere sale un imprenditore lombardo, proprietario tra l’altro di tre emittenti televisive e di varie testate giornalistiche, che segnerà e influenzerà la vita politica e sociale dell’intero Paese, Silvio Berlusconi.
Ma nella terra d’origine del magistrato contadino cosa successe? Chi venne coinvolto negli scandali giudiziari? Quali furono gli uomini che fecero la “tangentopoli molisana”?
Era il 17 Febbraio 1992 quando a Milano viene arrestato il socialista Mario Chiesa, Presidente del Pio Albergo “Trivulzio”: intasca 7 milioni da un fornitore dell’istituto che stanco di dovergli pagare le mazzette denuncia il fatto.
In Molise esattamente 18 giorni prima per la stessa motivazione e per la stessa somma, una mazzetta intascata da 7 milioni di vecchie lire, la Corte d’appello di Campobasso conferma la pena di 3 anni e 6 mesi di reclusione inflitta in primo grado a un dipendente della provincia di Campobasso il quale all’epoca era il segretario amministrativo regionale della Democrazia Cristiana. Pure coincidenze oppure l’onda lunga dello scandola che sta per travolgere l’intero panorama nazionale?
IL QUADRO POLITICO MOLISANO NEL 1992
Il 5 e il 6 aprile del 1992 si svolsero le consultazioni Politiche. La regione Molise seguì la scia nazionale dando continuità alla propria pattuglia di rappresentati. L’elettore molisano si trovò a scegliere tra 15 liste alla Camera e 7 lista al Senato. La Democrazia Cristiana, pur rimanendo il partito più votato perde in termini percentuali sia alla Camera che al Senato. Nel ramo basso del Parlamento perde il 5.5% dei consensi passando dal 58.8% del 1990 al 51.8%, conquistando i tre seggi disponibili con Fernando Di Laura Frattura, Florindo D’Aimmo e Girolamo La Penna.
Viceversa a Palazzo Madama il penta partito crolla di oltre 10%, raggiungendo solo il 46.5% e perdendo un seggio. Infatti se nel collegio di Larino vince Osvaldo Di Lembo in quello di Campobasso–Isernia l’ex sottosegretario alla giustizia Lello Lombardi lascia il passo all’ex consigliere regionale Luigi Biscardi, che viene sostenuto da una coalizione anti Dc composta da Pds, Psdi, Pri, Pli e Verdi.
E se la Democrazia Cristiana si mantiene a galla, gli ex comunisti del Pds – che precipita segnando un meno 6.6% e totalizzando un misero 13. 5% – riescono comunque ad eleggere alla Camera, seppur con i resti, Edilio Petrocelli. Mentre i socialisti, allora ancora uniti sotto il simbolo del Garofano rosso, ottengono un risultato eccezionale: 14.6% alla Camera, dove riescono ad eleggere per la prima volta un loro uomo, nella fattispecie è il segretario regionale del partito Angelino Sollazzo.
A livello regionale le consultazioni regionali del 1990 hanno visto trionfare la balena bianca e e incoronato Presidente il democristiano Enrico Santoro.
LO SCANDALO “ALBERGHI D’ORO”.
Non è ancora sbollito il post voto quando il 30 aprile del 1992 un funzionario regionale viene arrestato in riferimento alle indagini sui contributi pubblici destinati al potenziamento della rete ricettiva: viene accusato di concussione, truffa, abuso e falso per avere voluto una mazzetta del 10% sulla prima rata del contributo regionale di 600 milioni di lire, attribuito ad una coppia di operatori turistici. L’inchiesta della procura di Campobasso che coinvolge altri quattro imprenditori viene denominata “Alberghi d’oro”.
Ma per conoscere il primo nome eccellente caduto nella rete di Tangentopoli bisogna aspettare ancora qualche mese. È fine ottobre quando il Presidente del consorzio per lo sviluppo industriale del Basso Molise, Mario Di Pasquale, viene portato in carcere con l’accusa di concussione per aver preteso soldi da imprenditori interessati all’assegnazione di lotti terrieri. È il primo esponente di spicco del mondo manageriale molisano a finire dietro le sbarre. È il primo esponente della Democrazia Cristiana ad essere arrestato. E non sarà l’ultimo.
1993, L’ANNO DELLO SCUDO CROCIATO A SBARRE.
Il 1993 si apre con i botti. L’11 gennaio riceve un avviso di garanzia Enrico Santoro, che nel frattempo ha ceduto la sua carica da Presidente della Regione a Luigi Di Bartolomeo, attuale sindaco di Campobasso. L’ex Presidente è coinvolto nello scandalo “Alberghi d’oro” e viene accusato di truffa e abuso per ‘spinte’, ovvero raccomandazioni a imprenditori turistici nell’epoca in cui fu assessore. Verrà scagionato il 24 marzo 1993.
I problemi giudiziari affliggono il pentapartito molisano tanto che un primo vero segnale di logorio politico lo si avverte il 7 febbraio ’93, allorché si svolgono le consultazioni comunali ad Isernia. La Dc subisce una severa punizione dal suo elettorato: scende dal 61.4% del 1990 ad un misero 38.9%, per un totale di 16 seggi a fronte dei 40 di soli tre anni prima.
Ma i guai non vengono mai da soli. Il 17 febbraio, a circa un mese dall’avviso di garanzia ad Enrico Santoro, viene arrestato – dopo un’inchiesta della procura di Firenze – un funzionario dell’Asl di Campobasso. L’inchiesta viene denominata “Mense D’oro” per via delle mazzette date per conquistare gli appalti del servizio di ristorazione nell’ospedale e nelle scuole elementari di Campobasso.
Dopo le indagini di rito, in merito all’inchiesta “Mense D’oro”, la procura di Campobasso spicca un mandato d’arresto per i consiglieri regionali Dc Pietro Pasquale, 26 febbraio, e Pasquale Ioffredi, 4 marzo. Entrambi sono accusati di: corruzione, truffa, turbativa d’asta e abuso d’ufficio per favorito una ditta di Firenze quando erano assessore al comune di Campobasso il primo, e amministratore dell’Asl il secondo.
Ma appena 8 giorni dopo l’arresto di Ioffredi il mondo politico italiano e molisano, nella fattispecie quello democristiano, subisce uno scossone terrificante. Il 12 marzo del 1993 la procura della Repubblica di Larino fa recapitare all’onorevole Girolamo La Penna un avviso di garanzia con richiesta alla Camera dei Deputati per l’autorizzazione a procedere.
Il leader dei fanfaniani molisani è al centro dell’inchiesta sul traffico di mazzette del Consorzio industriale di Termoli. Gli vengono accreditati i seguenti reati: concussione e violazione della legge sul finanziamento dei partiti in concorso con l’allora Presidente del nucleo Mario Di Pasquale, il quale finisce di nuovo dietro le sbarre dopo aver usufruito degli arresti domiciliari.
Il continuo aggiornarsi del curriculum penale dei maggiori esponenti democristiani porta l’ente regione verso un’inesorabile crisi. Il 9 aprile del 1993 – è un venerdì santo – Gino Di Bartolomeo, Presidente in carica subentrato ad Enrico Santoro nell’agosto del 1992, si dimette. Gli esponenti regionali della Dc cercano un nuovo assetto e propongono un esecutivo al cui vertice siederà Michele Iorio, mentre tra gli assessori verrà segnalato anche l’ex Presidente Enrico Santoro.
Il nuovo esecutivo resiste agli attacchi della minoranza e della magistratura. Infatti se con i primi è facile controbattere la vera difficoltà la si ha nei confronti della giustizia.
Il 17 aprile del 1993 viene arrestato l’assessore regionale all’agricoltura Antonio Di Rocco, uomo di punta della Coldiretti. Di Rocco è accusato del reato di concussione per aver favorito prima un imprenditore agricolo nel prendere finanziamenti pubblici e poi preteso dallo stesso una mazzetta. Fatto curioso è che mentre Di Rocco viene portato in cella, assieme al cognato accusato di essere il cassiere, il suo compare esce. Infatti lo stesso imprenditore era stato dentro per aver ricevuto dalla Regione indebiti sostegni per le campagne del grano duro.
In quello stesso mese d’Aprile vanno di scena i referendum. I molisani, con un’affluenza del 61.6% sul totale degli aventi diritti al voto, cancellano il finanziamento pubblico dei partiti (per l’abrogazione votò l’86.2).
Questo intermezzo elettorale permette alla Dc di riprendersi dalla crisi regionale tanto che il 28 aprile viene formalizzato un nuovo ulteriore esecutivo che vede nuovamente al suo vertice il riconfermato Luigi Di Bartolomeo. Ma come nei migliori thriller la serenità dura poco. Ioffredi e Pasquale vengono rinviati a giudizio mentre Tonino Martino, esponente Dc di fanfaniana fede, deluso dalle proposte del segretario nazionale Martinazzoli, lascia il partito e fonda il Partito Popolare Progressista d’ispirazione cristiana.
È il 5 maggio e la Dc non ha più la maggioranza in seno al consiglio regionale. Numeri che scendono ancora, ora sono diventati 14.
Di Bartolomeo si presenta nuovamente dimissionario ma il gruppo Dc temporeggia, prende tempo nella speranza che i vari Di Rocco, Ioffredi e Pasquale si dimettano da consiglieri per far entrare in consiglio i primi dei non eletti in modo da ricomporre una nuovo maggioranza.
Ma la crisi continua e temporeggiare non servirà. A fine maggio si allontana dal partito anche Paolo Nuvoli, ex Presidente della Regione, ma non per questo lascia la presidenza dell’Ersiam ottenuta dopo l’esperienza in seno al consiglio regionale.
Il 18 giugno si dimette il segretario regionale Dc Giovanni Capirchio. Il 23 giungo torna in carcere l’ex assessore Antonio Di Rocco. Il mese prima, il 12 maggio, aveva ottenuto gli arresti domiciliari, ma la procura di Campobasso lo accusa di nuovi reati: peculato, falso, truffa ai danni del Consorzio agrario di cui era stato Presidente. Con le stesse accuse finisce agli arresti domiciliari anche Emilio Orlando, esponente della Coldiretti e soprattutto Presidente del Consorzio Agrario. La Dc con Orlando fa cinquina: infatti son ben cinque consiglieri regionali finiti sui registri della giustizia.
Il 6 luglio il tribunale di Campobasso condanna Ioffreddi e Pasquale a 3 anni di reclusione per lo scandalo “mense d’oro”. Beneficeranno di un anno di condono (Dopo uno sconto di pena in appello in Cassazione otterranno sentenza dichiarata della prescrizione dei reati). Stessa sanzione per l’imprenditore proprietario dell’impresa fiorentina.
Dopo due settimane esattamente il 20 luglio il Governo sospende Ioffreddi e Pasquale, fatto senza precedenti nella storia molisana.
In sostanza vengono interdetti dai ruoli nelle amministrazioni pubbliche.
L’estate trascorre con tentativi di alleanze tra Dc e Psi ma entrambe le formazioni, debellate dai rispettivi guai giudiziari, non riescono nel loro intento governativo.
L’autunno del 1993 è molto caldo. Nel Paese e in Molise si respira aria di elezioni anticipate e allora in tanti cercano di mettersi a posto con la giustizia. In Molise 15 di loro hanno debiti con la giustizia. Uno, Emilio Orlando, salda il conto. Versa un’assegno di 15 milioni di lire per risarcire il danno fatto al Consorzio agrario mentre davanti al Gip di Campobasso patteggia una pena di 13 mesi e 20 giorni di reclusione con i benefici della legge.
Il 22 dicembre Luigi Di Bartolomeo resosi conto delle oggettive difficoltà a comporre e tenere insieme un esecutivo credibile ufficializza una nuova crisi regionale. Sarà l’ultima crisi politica della ormai morente Democrazia Cristiana.