RIFORMA GELMINI/ Università pubblica (e diritto allo studio) sotto assedio
Assalto al Senato (guarda il video). Questa è stata, nella giornata di ieri, la durissima risposta di ragazzi, studenti, ricercatori, manifestanti tutti, alla volontà governativa di trasformare il popolo in un branco di pecorelle smarrite. Martedì mattina, infatti, la Riforma Gelmini è tornata alla Camera. Obiettivo? Discutere e votare la riforma dell’università , che il governo Berlusconi – pressato dalle lobby – vuole approvare a tutti i costi entro venerdì. Cosa sta succedendo?
di Giuseppe Macoretta
ASSALTO AL SENATO
Il DDL più che un riforma dell’università, che pure sarebbe necessaria, è un testo volto a distruggere l’università pubblica ed il diritto allo studio dei nostri giovani. L’articolo 3 della Costituzione resterà solo un vago ricordo, così come l’idea di un’istruzione pubblica e di un’università pubblica dove i capaci e meritevoli, anche se privi di mezzi, possano accedere a qualsiasi grado di istruzione e ricevere tutti i servizi necessari a garantire un diritto allo studio reale.
E’ uno scandalo che si cerchi di approvare di fretta una riforma che cambierà pesantemente l’università italiana, solo perché il governo vuole approvarla anche al senato a tutti i costi prima della discussione della sfiducia. Pur di approvarla in questi giorni, mentre viene discussa la finanziaria, i deputati della maggioranza venerdì scorso in commissione Cultura hanno cancellato tutti gli emendamenti che loro stessi avevano contribuito ad approvare nel mese di ottobre, dal momento che avrebbero comportato spese e finanziamenti per l’università.
Vediamo un po’ in dettaglio quali sono i 5 punti nodali della riforma: nessuna riduzione dei tagli previsti dalla legge 133/08 (la finanziaria 2009-2012), aziendalizzazione della governance degli atenei, introduzione del fondo per il merito e riforma del sistema di diritto allo studio, introduzione del ruolo del ricercatore a tempo determinato, senza prospettive vere di carriera ed abolizione del ricercatore a tempo indeterminato, una valutazione che, imbrigliata dalla troppa burocrazia e svuota dalla mancanza di fondi ulteriori e di incentivi per i docenti migliori, è solo propaganda.
L’articolo 2 prevede che le funzioni di indirizzo e di scelta delle linee di sviluppo dell’ateneo e della ricerca vengano affidate al Consiglio di Amministrazione dell’Ateneo; oggi queste funzioni sono proprie del Senato Accademico, l’unico organo con un ampia rappresentanza delle componenti dell’università e con funzioni di scelta sul futuro dell’ateneo, mentre il CDA attualmente ha perlopiù funzioni di amministrazione economica. Il nuovo CDA dovrà poi essere composto da almeno 3 consiglieri esterni all’università su 11 componenti totali, esterni che quindi potranno essere indicati da aziende private o dalle istituzioni, e quindi essere di nomina politica. Per di più, non è affatto chiaro come verranno scelti gli altri componenti del CDA, che potrebbero anche essere nominati dal rettore. Insomma il potere decisionale si concentrerà nelle mani degli esterni, del rettore, e dei professori ordinari.
L’articolo 21 introduce poi la figura del ricercatore a tempo determinato, con un contratto di 3 anni rinnovabile per altri 3, e pone ad esaurimento la figura del ricercatore a tempo indeterminato che attualmente c’è nelle università e che è alla base delle attività di ricerca. In questo modo si andrà ad incrementare solamente la precarietà dei ruoli di accesso alla carriere universitaria, che già è enorme e che non viene minimamente ridotta dal DDL, senza che le università debbano prevedere di avere le risorse necessarie per assumere i ricercatori al termine dei 6 anni. Ed in un’ottica di contrazione delle risorse per gli atenei, è assai probabile che non ci saranno le risorse per assumerli.
Arriviamo poi al punto dei finanziamenti e del diritto allo studio, dove da un lato si introducono norme che affidano servizi e scelte sul futuro dell’ateneo ai privati ed alle banche e dall’altro si confermano gli enormi tagli previsti dalla prima legge finanziaria di Tremonti; basti pensare che il testo “senza maggiori oneri a carico della finanza pubblica” è ripetuto per ben 15 volte su 25 articoli, un record!
Per il prossimo anno il governo aveva previsto un taglio di 1 miliardo di euro al Fondo di Finanziamento ordinario delle università ed un taglio del 90% dei fondi per le borse di studio. Dopo le proteste degli studenti e dei docenti di mercoledì scorso, per il prossimo anno i tagli all’ FFO sono stati ridotti a 300 milioni. Nel 2012 tuttavia si riproporrà una situazione ancora peggiore, con il Fondo nazionale per le borse di studio che passerà dai 250 milioni del 2009 ai 12,5 milioni del 2012, una riduzione del -95% !!!, e con il Fondo di finanziamento Ordinario che verrà ridotto di altri 300 milioni rispetto al 2011 (- 600 milioni rispetto a quest’anno, -1 miliardo rispetto al 2008). Queste sono le cifre di un attacco ignobile all’università pubblica ed al diritto allo studio di migliaia di ragazzi, che non potranno più ricevere la borsa di studio e non potranno studiare perché il governo decide scialacquare i fondi che pure ci sono.
Infatti nel mentre si tagliano le università pubbliche, vengono reintegrati tutti i tagli agli atenei privati, che continuano a ricevere un’enormità di fondi dallo stato, e si finanziano istituti di ricerca privati.
Questi tagli sono la vera e la prima riforma dell’università e del diritto allo studio portate avanti dal Governo Berlusconi sin dal primo giorno del suo insediamento, una riforma fatta solo di riduzione delle risorse e quindi della qualità della didattica, della ricerca e dei servizi agli studenti.
Mentre, la Germania e la Francia, che hanno una popolazione studentesca all’incirca uguale in numero alla nostra, investono in diritto allo studio 1,4 miliardi di euro l’anno, l’Italia si ferma all’incirca a 500 milioni ed ogni anno almeno il 20% degli aventi diritto non riceve la borsa di studio per mancanza di fondi; se questa è attenzione al futuro dei giovani e garanzia dell’accesso di tutti all’università e di pari opportunità…
L’art. 34 della Costituzione infatti recita: “I capaci e meritevoli, anche se privi di mezzi, hanno diritto di raggiungere i gradi più alti degli studi. La Repubblica rende effettivo questo diritto con borse di studio […].”
Il DDL Gelmini invece ribalta radicalmente il sistema di diritto allo studio attuale, che eroga borse di studio a studenti selezionati con criteri di reddito e di merito.
Da una parte si introduce il tanto propagandato Fondo per il Merito, destinato ad erogare prestiti d’onore a studenti scelti senza alcun requisito di reddito, prestiti che gli studenti dovranno restituire al termine degli studi, con il solo risultato che gli studenti meno abbienti si troveranno indebitati con una banca ancor prima di iniziare a lavorare.
Dall’altra all’art. 5 si dà una delega al governo affinché riformi il sistema attuale di diritto allo studio a proprio piacimento e senza alcuna possibilità di controllo parlamentare. Questo articolo è l’arma con cui il ministro potrà distruggere tutto il sistema di diritto allo studio, e senza rispettare nessun paletto, dato che le ultime modifiche di venerdì scorso hanno cancellato dai Livelli Essenziali delle Prestazioni da garantire per il diritto allo studio: borse di studio, trasporti, assistenza sanitaria, ristorazione, accesso alla cultura, alloggi. Cosa ci rimarrà?
Cosa ne sarà del futuro e del diritto allo studio di tanti giovani?