Crisi economica, ecco perché i prezzi delle sigarette stanno scendendo: Davide ha sfidato Golia
Il costo della vita aumenta, dalla benzina alle tasse fino ai gelati… ma il prezzo delle sigarette scende. Cosa succede? Come mai accade questo? Sembrerebbe che le multinazionali del tabacco stiano riducendo i loro profitti fuori mercato, e che in Italia sia scoppiata una «guerra» dei prezzi delle sigarette. Ecco quali saranno le conseguenze per la collettività in termini di entrate statali e nuovi posti di lavoro. E chi è il Davide che ha sfidato Golia.
Per capire perché ci troviamo davanti a questo strano fenomeno bisogna risalire a giugno del 2011, quando la Corte di Giustizia europea aboliva il “prezzo minimo” delle sigarette, che fino ad allora aveva impedito una concorrenza al ribasso. L’Italia, in seguito a pressioni della lobby del tabacco, aveva aggirato la sentenza con la “tassa minima”, introdotta proprio alla vigilia della decisione della Corte di Giustizia europea. La “tassa minima” impediva, a chi volesse beneficiare della sentenza europea, di scendere di prezzo, riuscendo a ritardare l’applicazione della sentenza europea di quasi un anno. La Yesmoke, azienda torinese produttrice di sigarette, prima azienda italiana costituita dopo l’abolizione del Monopolio di Stato, ricorreva al TAR del Lazio, che ad aprile del 2012 eliminava il provvedimento. Da quel momento il mercato è liberalizzato. Oggi un produttore di sigarette può vendere al prezzo che vuole (purché non venda in perdita, per esempio a scopo promozionale, cosa vietata dalla legge).
La Yesmoke è una piccola azienda che in questo momento detiene solo l’1% del mercato su scala nazionale e il 5% in Piemonte, ma è l’unica che cresce, e oggi è diventata l’ago della bilancia del mercato in Italia. Dopo la vittoria al TAR del Lazio contro la “tassa minima” ha messo in vendita le sue sigarette a 4 euro al pacchetto, 30 centesimi in meno della marca più competitiva della concorrenza, una enormità in questo mercato, dando una scossa al settore e iniziando a diffondersi in modo “preoccupante”.
Così l’Imperial Tobacco è scesa di 30 centesimi con le «JPS» portando il prezzo a 4 euro, la BAT è scesa con le «Rothmans» da 4.30 a 4 euro, e altri produttori minori sono scesi a 4 euro con le «Elisir», le «Che» e le «Austin». Nel frattempo la Philip Morris si è data da fare con le «Philip Morris», scese da 4.90 a 4.30, e da tempo ha messo sul mercato Marlboro al prezzo ridotto rispetto alle classiche “rosse”: le Marlboro “Compact”, le “Core flavor”, le “Goldo original” e le “Touch” a 4.60, le Marlboro “Flavor mix” e le “Gold” a 4.80 euro. L’Imperial ha tagliato anche sulle Davidoff, da 5 a 4.80, per poi ripensarci e scendere a 4.60.
Abbiamo fatto alcune domanda al responsabile marketing della Yesmoke.
Perché avete scatenato questa “guerra” dei prezzi delle sigarette?
La nostra strategia è vendere un prodotto di qualità al prezzo di costo, costringendo gli altri produttori a ridurre gli utili per mantenere i prezzi competitivi, creando la base affinché lo Stato possa incrementare le entrate fiscali. Ricreando un mercato concorrenziale l’utile dei produttori diminuisce e lo Stato può far risalire i prezzi (anche a 10 euro al pacchetto, se lo vuole) aumentando le tasse. Funziona così in tutta Europa e adesso, per merito nostro, dovrà funzionare così anche in Italia.
Come ha funzionato fino a ieri?
Fino a ieri con il «prezzo minimo» (e successivamente con la «tassa minima») che costringevano la concorrenza a salire a ruota degli aumenti di Big Tobacco, il cartello delle multinazionali era libero di aumentare i prezzi quando voleva aumentare gli utili. Tutti la chiamavano la «stangata» sulle sigarette, convinti che fosse lo Stato, affamato di entrate fiscali, a far salire i prezzi aumentando le tasse, ma non era così. È stata una vera presa in giro. In questo modo i guadagni dei produttori dal 2005, anno di introduzione del «prezzo minimo», sono saliti alle stelle: secondo i nostri calcoli Philip Morris fa un utile del 600% sulle Marlboro, BAT del 375% sulle MS e JTI del 430% sulle Camel. A rimetterci è lo Stato: in Italia l’aliquota dell’accisa è ferma al 58.5% dal 2004, mentre in Francia è al 64.5%. Perché Philip Morris deve guadagnare più in Italia che in Francia, e lo Stato italiano deve guadagnare meno di quello francese?
Cosa succederà adesso?
Adesso le multinazionali, accettando la nostra sfida, sono entrate in un circolo vizioso, o virtuoso, a seconda dei punti di vista. Facendosi concorrenza tra loro, esse non solo danno un drastico taglio ai loro utili, ma vanno verso il ricalcolo al ribasso dell’accisa minima (dovuto alla diminuzione del prezzo delle sigarette più vendute, oggi a 4,30 ma che presto potrebbe essere quello a 4 euro) che permetterà alla nostra azienda di scendere ulteriormente di prezzo. La situazione è perfetta: le multinazionali, grazie alla concorrenza al ribasso, non solo danno un drastico taglio ai loro utili, ma fanno concorrenza a se stessi: le Diana a 4 euro, per esempio, crescerebbero anche a scapito delle Marlboro, che costano 5 euro ma hanno il medesimo costo di produzione delle Diana, sulle quali Philip Morris fa l’utile maggiore. Senza contare che la vera «guerra» deve ancora iniziare: noi attualmente, vendendo a 4 euro abbiamo ancora buoni utili, ma cosa farà Big Tobacco quando aumenteranno l’IVA e l’aliquota dell’accisa, e la nostra azienda, che non vede l’ora che questo accada, resterà imperterrita a 4 euro, mentre tutti aumenteranno i prezzi per continuare a guadagnare come prima?
Facciamo un po’ di conti: come cambierà il mercato?
Big Tobacco sta andando incontro al disastro. Prendiamo, per esempio, una marca che ha il 5% del mercato italiano, corrispondente a circa 200 milioni di pacchetti da 20 sigarette all’anno: se il prezzo scende di 30 centesimi, a parità di pacchetti venduti, sono 40 milioni di euro di utili in meno all’anno. Quando sommeremo la riduzione degli utili su tutte le marche scese di prezzo potremmo avvicinarci al miliardo di euro all’anno.
Fino ad oggi lo Stato non ha aumentato le tasse, i prezzi restano bassi e le associazioni per la tutela della salute protesteranno, come si esce da questa situazione?
È una situazione chiaramente transitoria. La lobby delle multinazionali del tabacco ha sempre lavorato contro l’aumento della pressione fiscale, permettendo a Big Tobacco di effettuare i suoi aumenti tariffari. Ma ora, con la Yesmoke a 4 euro che non solo impedisce alle multinazionali di salire ma le fa anche scendere con i prezzi, questo lavoro è del tutto inutile. Comunque la situazione, così come è adesso, non ci dispiace, perché in attesa che lo Stato aumenti le tasse sulle sigarette, che farebbero risalire i prezzi, sono i consumatori i beneficiari del mercato concorrenziale. In un anno essi potrebbero risparmiare, tutti assieme, una cifra miliardaria, sottratta agli utili delle multinazionali. La cosa certa è che dal mercato concorrenziale uscirà un solo vincitore, lo Stato, che guadagnerà di più perché, presto o tardi, dovrà compensare la discesa dei prezzi aumentando le tasse. Non c’è altra soluzione.
Cosa ci guadagnate voi da tutto questo?
Noi vogliamo riportare in Italia la produzione di sigarette. Fino al 2004 le sigarette vendute in Italia erano prodotte per il 98% in Italia (l’Ente Tabacchi Italiano produceva anche le Marlboro per Philip Morris) prima che la situazione si invertisse con la svendita dell’intero mercato alle multinazionali. Oggi il 98% delle sigarette vendute in Italia è di proprietà di un cartello di società straniere, che hanno licenziato gli operai, chiuso le fabbriche e spostato tutta la produzione all’estero. Noi produciamo in Italia, e quando avremo il 5, il 10, il 20%… del mercato italiano, potremo dire di aver riportato a casa il 20% della produzione italiana, una bella soddisfazione.
Il problema non è di facile soluzione per Big Tobacco. È chiaro che le multinazionali non si trovano davanti un avversario ordinario, uno di quelli che puoi comperare e tutto è risolto. È spiegato nella «Mission» dell’azienda:«La Yesmoke è una nave da guerra, pronta a destinare tutte le sue risorse al danneggiamento finanziario del cartello dei produttori di sigarette, a beneficio della collettività. Il fine è estirpare il bubbone Big Tobacco dalla società. La Yesmoke ha un vantaggio: la sua esistenza e le sue strategie di mercato non sono finalizzate al profitto ma al divertimento».