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Elezioni comunali 2013, la verità è nei numeri: il Pd crolla (- 43%), il Pdl sprofonda (- 65%)

Diceva Malcom X che “se non state attenti, i media vi faranno odiare le persone che vengono oppresse e amare quelle che opprimono.” E nel Truman Show in cui siamo finiti, dove niente è reale e la verità viene distrutta, manipolata e sputata fuori per l’esatto contrario di quello che invece è, l’unico appiglio cui possiamo aggrapparci resta il freddo cinismo dei numeri. Che dipingono uno scenario da brividi per i partiti della Seconda Repubblica. Abbiamo analizzato quanto accaduto nei sedici comuni capoluogo di provincia in cui si è votato. Ebbene, al di là di ogni fantasia, il Pd ha perso – rispetto alla tornata precedente – 295.160 voti, segnando un -43%. Il Pdl si eclissa: spariti 457.935 voti, sprofondo rosso del 65%.

 

di Andrea Succi

Nonostante quanto blaterato dai commentatori della domenica, dai disinformatori di professione e dagli osservatori da bar – tra cui annoveriamo anche autorevoli pennivendoli – la realtà delle comunali 2013 è una (e una sola): rispetto alle amministrative precedentiperché il paragone così va fatto, le politiche hanno tutt’altre dinamiche – Pd e Pdl crollano, la Lega scompare quasi definitivamente e il M5S, il cui confronto può essere fatto solo nei casi di Siena e Ancona, raddoppia i suoi consensi.

 

CROLLO CAPITALE: A ROMA È UN MASSACRO

Il calcolo è presto fatto: il Pd raggranella 267.605 preferenze (26,26%), mentre il Pdl ne ottiene 195.749 (19,21%). La differenza rispetto alle comunali del 2008 è illuminante: all’epoca i democratici presero 520.723 voti (34,03%) e i berluscones 559.559 voti (36,57%). Se la matematica non è un’opinione il partito guidato da Epifani perde circa la metà degli elettori (-48,5% ) mentre Alemanno viene abbandonato da oltre due terzi dei suoi (-65%).

Chi parla di trionfo per Ignazio Marino o è un idiota o è in totale malafede. O, forse, entrambe.

Il Movimento 5 Stelle, che per la prima volta si è presentato nella corsa al Campidoglio, si è fermato al 12,82%. Vi sembra poco per un “esordiente”? Non lo è. Poteva fare di più? Certamente, ma non si può certo parlare di flop.

 

EFFETTO MPS: SIENA BARCOLLA (MA NON MOLLA)

Dopo lo scandalo del Monte Paschi di Siena ci si aspettava una totale débâcle dei principali competitors politici. E così è stato. Il Pd, artefice del kaos bancario, è passato dal 38,49% (11.723) del 2008 al 25,29% (6.483 ) del 2013, segnando un “ottimo” -45%.

Peggio ancora ha fatto il Pdl: dal 14,27% (4.346 ) del 2008 al 8,07% (2.071) attuale, significa una perdita secca del 52% dei voti.

Ma forse per gli autorevoli osservatori nazionali questi crolli pazzeschi non sono da annoverare tra i flop, anzi, bisogna (stra)parlare di successo del Governissimo e figuraccia dei 5 Stelle.

Che però, proprio a Siena, possono mostrare un netto miglioramento, rispetto al 2008 in cui erano presenti alla tornata elettorale: sono balzati dal 2,73% (833) del 2008 al 8,55% (2.194) del 2013, con un +150% circa di preferenze in più. Un “fiasco” clamoroso, secondo chi la matematica non sa nemmeno dove sta di casa. Un “insuccesso” senza precedenti, secondo gli schiavi del Sistema “che ci vuole tutti quanti allineati e sorridenti a lavorare nella grande catena di montaggio sociale”.

 

SILVIO “SORRIDE” ANCHE AD ANCONA: BATOSTE SENZA PRECEDENTI

Quanto accaduto nelle Marche è qualcosa che dovrebbe essere insegnato a scuola, mostrato ai bambini elettori del futuro e raccontato – in tutte le salse – dai media nazionali. E invece l’ordine è quello di censurare, tacere e deviare le informazioni provenienti da Ancona. Dove il Pd, che nel 2008 aveva preso il 28,31% (15.885), stavolta si è fermato al 26,20% (10.652). Ma la percentuale, che sembra buona, non inganni. I professionisti dell’inciucio hanno infatti perso oltre 5mila voti: che significa un -33%. Meno traumatico rispetto ai casi di Roma e Siena, ma certamente non si tratta di una “buona performance”.

E il partito di Silvio? Qui ha mostrato davvero di cosa è capace, riuscendo a perdere – in soli 5 anni – oltre 13mila voti, con uno sprofondo rosso che segna -75%. Perché Silvio domina ancora la scena. Perché Silvio vola nei sondaggi. Perché Silvio forever sarà. Non riusciamo nemmeno a immaginare cosa sarebbe potuto accadere se Silvio non fosse Silvio. L’estinzione della specie pidiellina, probabilmente. Che Ancona sia un laboratorio per il futuro?

Nel ridente capoluogo marchigiano il Movimento 5 Stelle, presente anche nelle scorse amministrative, è volato dal 4,67% al 14,05%: in termini di voti, passare da 2.625 preferenze alle 5.711 attuali significa far segnare un +125% circa. Praticamente un “fallimento”.

 

I 16 DELL’AVE MARIA: CAPOLUOGHI “INGRATI”

Su 16 comuni capoluogo dove si è votato in 11 casi si va al ballottaggio: si tratta di Avellino, Viterbo, Roma, Imperia, Brescia, Lodi, Ancona, Barletta, Iglesias, Siena e Treviso. Di questi 11 comuni circa la metà, 5, avevano una precedente amministrazione di centrosinistra. Se non è una bocciatura poco ci manca.

Nei cinque comuni dove invece si è vinto al primo turno (Sondrio, Isernia, Massa, Pisa e Vicenza), ha trionfato – per modo di dire – il candidato di centrosinistra. Niente di straordinario, visto che si tratta in tutti e cinque i casi di “semplice” riconferma.

Quello che tocca evidenziare, con forza assoluta, sono i numeri generali nei 16 comuni capoluogo di Pd e Pdl, presunti vincitori – secondo i media – delle amministrative.

Il Pd è passato da 682.830 preferenze alle attuali 387.670, perdendo 295.160 e con un crollo percentuale che segna un -43%.

Il Pdl, rispetto alla tornata precedente, ha subito un calo di 457.935 consensi e in termini percentuali è sprofondato del 65% (dai 707.123 voti  del 2008 ai 249.188 del 2013).

Numeri secchi, chiari, netti, oggettivi e che non possono essere messi in discussione da analisi arronzate, frettolose e prive di logica. Perché, al di là degli indiscutibili errori del Movimento 5 Stelle, è chiaro che la propaganda mediatica vuole farci credere quello che non è con un unico obiettivo: aumentare a dismisura il tasso di astensionismo e giocarsi le poltrone grazie ad un clientelismo spinto, vero male dell’Italia, che “costringe” l’elettore tra le braccia dei suoi aguzzini.

Benvenuti nel Truman Show, dove i tramonti sono perfetti, stupendi, “merito del pennello del capo”. Dove tutto è controllato, dove la falsità non esiste, perché tutto è verosimile. Perchè tra il “simile al vero” e la verità non debba esistere più alcuna differenza sostanziale.