Storytelling su Lifestyle, Sport, Tech e Food

ILVA/ Dal Pd al Pdl, da Bersani a Berlusconi, fino al governo Monti. Tutti nella rete di Emilio Riva

Dopo l’annuncio della famiglia Riva di chiudere l’acciaieria, l’intervento del governo non si è fatto attendere con un decreto ad hoc “salva Ilva” tramite cui “è in ogni caso autorizzata la prosecuzione dell’attività” per 24 mesi dall’entrata in vigore del decreto. Insomma, la politica è entrata in soccorso ponendosi al di sopra di quanto disposto dalla magistratura. Nessuna sorpresa, in realtà. Patron Riva, negli anni, è riuscito a legarsi alle persone giuste. Dal Pdl al Pd. Da Pier Luigi Bersani a Silvio Berlusconi passando per l’ex ministro dell’ambiente Stefania Prestigiacomo finendo all’attuale, Corrado Clini. Senza dimenticare, peraltro, anche Corrado Passera.

 

di Carmine Gazzanni

Sono bastati solo due giorni all’esecutivo per impacchettare un decreto “salva Ilva”. Secondo quanto riferito dal ministro Corrado Clini, il testo stabilisce che “per 24 mesi, a decorrere dall’entrata in vigore del presente decreto”, l’Aia, rilasciata il 26 ottobre 2012 alla società Ilva con decreto del ministro dell’Ambiente, “da considerarsi parte integrante del presente decreto, esplica in ogni caso effetto”. Quindi, come diretta conseguenza, a decorrere dall’entrata in vigore del decreto, “è in ogni caso autorizzata la prosecuzione dell’attività nello stabilimento della società Ilva di Taranto, per tutta la durata stabilita al periodo precedente (ovvero due anni, ndr) salvo che sia riscontrata l’inosservanza anche ad una sola delle prescrizioni impartite nel provvedimento stesso”.

Insomma, il decreto – che potrebbe essere approvato già venerdì – accontenta i desiderata di Riva, prescindendo da quanto stabilito dalla magistratura. Un decreto ad Ilvam (anzi, ad Rivam) ed extra legem. Ma non c’è da sorprendersi. Negli anni, infatti, l’imprenditore dell’acciaieria –  “Il padrone delle ferriere”, come lo chiama Gianni Dragoni nel suo libro-inchiesta – è riuscito a costruirsi importanti amicizie che, probabilmente, hanno avuto un peso nell’atteggiamento odierno della politica italiana. Amicizie che spaziano da sinistra a destra, dal Pd al Pdl. Senza dimenticare, ovviamente, i tecnici del governo Monti.


BERSANI: 98 MILA EURO DA RIVA E 110 MILA DA FEDERACCIAI. PERCHÉ NON RESTITUIRLI? – Campagna elettorale 2006. Come documentato da Marco Lillo prima su L’Espresso e poi su Il Fatto, il segretario Pd Pier Luigi Bersani, oggi in gara con Matteo Renzi per la leadership del centrosinistra, riceve da Emilio Riva ben 98 mila euro. Una bella sommetta che già allora fece clamore perché accettati nonostante il padrone dell’Ilva avesse già subito una condanna (per reati più lievi di quelli che oggi lo hanno portato agli arresti domiciliari) e fosse finito nuovamente sotto processo per inquinamento. Diventano oggi un macigno dato che il giudice per le indagini preliminari di Taranto ha disposto gli arresti domiciliari per Riva.

Non solo. Secondo quanto ricostruito sempre da Lillo, Bersani ha ricevuto negli anni altri corposi finanziamenti da Federacciai, l’associazione di categoria della quale – ovviamente – fa parte il gruppo Riva: 20 mila euro nel 2004, 50 mila nel 2006, 40 mila nel 2008. Totale: 110 mila euro in 4 anni che si vanno ad aggiungere ai 98 mila euro direttamente offerti dai Riva a Bersani. Un modo come un altro per accattivarsi il segretario Pd per poi chiedergli favori e cortesie. Cosa che, nei fatti, è avvenuta. Tra le carte acquisite dai magistrati, infatti, spunta anche una lettera del 30 settembre 2010 inviata proprio a Bersani da Emilio Riva. “Mi scusi lo sfogo“, scrive il patron dell’Ilva chiedendo, in virtù della “reciproca conoscenza”, di intervenire sul parlamentare democratico e ambientalista Roberto Della Seta per alcune sue interrogazioni che lo avevano “sconcertato”. È bene precisare, però, che Della Seta ha immediatamente chiarito di non aver mai ricevuto pressioni dal suo segretario. Ma il discorso non cambia: Riva paga e si sente in diritto di scrivere a Bersani chiedendo un suo intervento. Non converrebbe che il segretario Pd, specie in piena corsa per la candidatura a premier, restituisca tutti i soldi per scagionarsi da qualsiasi accusa?

PRESTIGIACOMO: OMERTÀ E DECRETO AD HOC – L’abbiamo appena detto: Della Seta, nel periodo agosto–settembre 2010, era solito intervenire con forti interrogazioni in merito a questioni ambientali. Perché? Semplice: in quel periodo l’ex ministro dell’ambiente Stefania Prestigiacomo (sulle cui responsabilità e sui cui silenzi in merito all’Ilva abbiamo già scritto) aveva confezionato un decreto ad hoc – non a caso ribattezzato, anche questo, “salva Ilva” – tramite cui, in pratica, si rinviava di due anni il termine entro cui lo stabilimento di Taranto doveva rispettare i requisiti ambientali sul benzo(a)pirene.

CHE L’ARPA STIA ZITTA! – Era, quello, proprio il periodo in cui i controlli cominciavano a smascherare il disastro ambientale per cui oggi sono indagati anche i Riva. La Prestigiacomo, però, già da tempo cercava in qualche modo di sviare. Due anni prima – l’otto agosto del 2008 – il ministro scrisse all’Arpa Puglia che le analisi attestanti il rischio ambientale a causa dell’alta percentuale di diossina fossero da cestinare. “Le campagne di rilevazione effettuate – si leggeva nella nota del ministero – non possono essere ritenute valide ai fini dell’individuazione di specifiche criticità ambientali e per imporre limiti più elevati rispetto a quelli definiti dalle norme o raggiungibili con le migliori tecniche disponibili”. Peccato, però, che i dati raccolti in questi anni dicano tutt’altro. Stando a quanto emerso, ad esempio, dal progetto “Sentieri” (studio epidemiologico nazionale dei territori e insediamenti esposti a rischio inquinamento), coordinato dall’Istituto Superiore di Sanità e dall’Organizzazione mondiale della Sanità, si riscontrano “eccessi significativi di mortalità per tutte le cause e per il complesso delle patologie tumorali”. Addirittura nei quartieri attorno allo stabilimento si tocca anche il 30% in più di incidenza tumorale. “Incrementi significativi della mortalità rispetto al resto della Puglia – si legge ancora – si verificano per tutte le cause e per tutti i tumori”. Dalle neoplasie ai linfomi, dalle demenze alle malattie ischemiche del cuore. Numeri impressionanti, così come lo sono quelli relativi al tasso di mortalità per malattie respiratorie (+10 %), per malattie all’apparato digerente (addirittura +40% per le donne) o per malformazioni congenite (+15%). Una situazione, dunque, “molto critica” per via – si legge ancora nel dossier nero su bianco – “di un ambiente di vita insalubre”.


SOLDI PER TUTTI. ANCHE PER IL PDL – Così come per il Pd, il “padrone delle ferriere” ha curato i suoi rapporti anche a destra. In che modo? Con lo stesso identico trattamento riservato al Pd. Pagando. Ecco allora che scopriamo che il gruppo Riva ha donato a Forza Italia 575 mila euro in due anni, dal 2004 al 2006, più 50 mila euro nel 2006 versati da Federacciai a Forza Italia di Imperia, feudo indiscusso dell’ex ministro Claudio Scajola.

BERLUSCONI E RIVA: INSIEME PER IL CAI – Un altro particolare interessante riguarda direttamente Silvio Berlusconi. Nel 2008, proprio quando la Prestigiacomo si opponeva ai rilevamenti dell’Arpa Puglia e cominciava a lavorare per il decreto legislativo tramite cui, come detto, si rinviava di due anni il termine entro cui lo stabilimento di Taranto doveva rispettare i requisiti ambientali, avvenne un’operazione per la quale il governo Berlusconi si spese molto: il salvataggio di Alitala, tramite la cordata CAI, sponsorizzata proprio dal Cavaliere. E chi ritroviamo tra i soci italiani? Proprio Riva che, con un investimento di 120 milioni di euro, è, tra tutti, quello che mise più soldi. In pratica, il principale azionista tra gli italiani. Non solo: il figlio di Emilio Riva, Angelo, siede ancora oggi nel cda della nuova Alitalia.

“CORRADO CLINI È UN UOMO NOSTRO” – Un altro nome che spunta dalle intercettazioni è quello di Corrado Clini. È ancora Archinà ad essere beccato al telefono mentre si gongola: “Corrado Clini è un uomo nostro”. Proprio lui, l’attuale ministro dell’ambiente, all’epoca direttore generale del ministero. È lui, d’altronde, che nell’agosto 2010 rilascia l’Aia che consente all’Ilva di continuare a produrre. E oggi è proprio uno di quelli che più si è scaldato contro la decisione del Gip di bloccare i lavori e di porre sottosequestro il prodotto. Clini, in un impeto d’ira, ha parlato di “conflitti” tra magistratura e suo ministero, tirando in ballo addirittura “una grave violazione della deontologia processuale”.

CARIPLO, INTESA, PASSERA. E RIVA – Clini, però, non è l’unico ministro legato a Riva (almeno da quanto detto da Archinà). Anche Corrado Passera lo è stato. Secondo quanto ricostruito da Gianni Dragoni nel suo libro-inchiesta, infatti, la banca di riferimento di Riva è sempre stata la milanese Cariplo. Lo è stata, peraltro, anche nell’operazione di acquisto dell’Ilva (comprata dallo Stato a prezzo stracciato). Alla fine degli anni novanta la Cariplo confluisce in Banca Intesa, oggi Intesa San Paolo, di cui – com’è noto – Passera è stato amministratore delegato. Non solo. Sono stati proprio Banca Intesa e Passera ad organizzare la cordata CAI per l’Alitalia nel 2008 alla quale, come detto, partecipava anche Riva.