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ARRESTO ZAGARIA/ Casapesenna non esulta. Il rischio? Una nuova guerra di camorra

di Carmine Gazzanni

I Casalesi perdono pedine. E perdono quelle importanti. Dopo O’ninno, al secolo Antonio Iovine, ieri è stato arrestato Michele Zagaria, il re del cemento, come l’ha definito l’antimafia. Ma i loro non sono solo nomi. Sono simboli di un potere che comincia a vacillare. Ma ora, senza più un boss, il rischio è che scoppi una guerra interna sanguinosa.

Lo hanno trovato a casa sua. A Casapesenna. Un piccolo comune di sei mila abitanti vicino a Casal di Principe. E, d’altronde, non poteva essere altrimenti. Anche Iovine, quando venne arrestato lo scorso 17 novembre, venne sorpreso mentre si nascondeva in un covo di Casal di Principe. I boss non fuggono mai dal loro territorio, perché è proprio lì che si sentono protetti. Il capo della Procura Nazionale Antimafia Piero Grasso, all’indomani dell’arresto di o’ninno, spiegò bene il concetto: “uno dei precetti di mafia è: nessuno è un re se non vive nel suo territorio, a riprova della propria autorevolezza, perché si fa proteggere dall’ambiente in cui vive. Il rischio è quello di perdere potere: stare lontano dalla propria terra significherebbe nominare un “vice re” che presto acquisirebbe potere mettendo a rischio quello indiscusso del boss.

Ed è per questo che anche Michele Zagaria si lasciava proteggere dalla sua terra. E infatti, sebbene siano stati tanti ad applaudire le gesta dei 300 uomini della squadra mobile di Caserta, di quella di Napoli e dello Sco (servizio centrale di protezione), Casapesenna non ha esultato. Per gli abitanti del piccolo comune casertano è andato via l’uomo che dava protezione, che dava lavoro, sempre disponibile per chiunque gli chiedesse favori.

Ora, senza alcuna protezione, il rischio è che si scateni una guerra interna per il controllo dell’area. E, soprattutto, per il controllo della cupola camorristica. Sono molti, infatti, i clan, affiliati fino a ieri ai Casalesi, che sono cresciuti molto in questo periodo e che certamente non rimarranno a guardare. Di contro le famiglie storiche dei Casalesi, che nell’ultimo periodo sono rimaste nell’ombra per lo strapotere di Iovine e Zagaria, potrebbero approfittarsene  per recuperare il tempo perso. Stiamo parlando delle famiglie Schiavone e Bidognetti, che già in passato – con Francesco Schiavone (Sandokan) e Francesco Bidognetti (Ciccio o’mezzanotte) – sono state distinte da un’alleanza più che duratura. Questa è una prima, possibile ipotesi. Che non è affatto da sottovalutare, anche perché la presenza soprattutto degli Schiavone è certa. Gli ultimi arresti – quello di Nicola Schiavone (figlio maggiore di Francesco e acerrimo rivale propio di Michele Zagaria) il 15 giugno 2010 e di Francesco Barbato (o’ sbirro), considerato reggente del clan dopo l’arresto di Nicola – lo confermano. Diverso il discorso per i Bidognetti che certamente dopo l’arresto di Setola, allora reggente del gruppo, si sono certamente indeboliti.

Non è detto, tuttavia, che questo accada. Capiamoci meglio. Secondo le ultime indiscrezioni, trapelate prima dell’arresto di Zagaria, al vertice di quell’impero economico costruito dai Casalesi sembra rimanga ancora lui, Antonio Iovine, o’ninno. Dopo 15 anni di latitanza e l’arresto lo scorso novembre, sembrerebbe sia ancora lui a macchinare tutto il sistema. Secondo gli inquirenti, infatti, tutte le imprese create ad hoc dai Casalesi, sparse su tutto il territorio italiano, fungerebbero da “bancomat” per periodici prelievi degli uomini vicini a Iovine. Una sorta di holding occulta a disposizione per chiunque riceva il placet da Iovine, che, dunque, sembrerebbe ancora distinto da un’assoluta leadership all’interno della camorra. Chiaramente, qui si parla di una leadership indiretta. Una leadership esercitata tramite la presenza sul territorio del figlio, Oreste, e della moglie, Enrichetta Avallone, anche se lei ora con l’obbligo di residenza a Venafro, in provincia di Isernia. Se l’indiscrezione risultasse veritiera, allora ci potremmo aspettare che il potere dei Casalesi rimanga all’interno della famiglia di o’ninno. E il gruppo facente capo a Zagaria? Certamente negli ultimi giorni si è indebolito. E non solo per l’arresto del boss. Soltanto pochi giorni fa, infatti, sono stati arrestati sette Casalesi e, tra questi, anche due fratelli di Michele Zagaria, Pasquale e Carmine, il cugino Pasquale Fontana e l’attuale reggente della fazione che fa capo a capastorta, Michele Fontana.

Ma è la terza ipotesi, non meno trascurabile delle precedenti, che fa più timore. Non possiamo dimenticare, infatti, che, secondo gli ultimi rapporti, i Casalesi sono considerati la mafia italiana più ricca e potente sotto il profilo economico nel mondo. È improbabile che gli altri gruppi criminali rimangano a guardare. Soprattutto quelli partenopei. Famiglie importanti e influenti come i Di Lauro, i Nuvoletta, i Giuliano potrebbero avanzare mire di controllo in un’area, quella casertana, per troppo tempo a loro preclusa per lo strapotere casalese. D’altronde sono i rapporti dell’antimafia stessi che ci dicono di come, negli ultimi anni, anche alcuni clan partenopei siano cresciuti e abbiano cominciato a creare un impero che va oltre la Campania e tocca quegli stessi interessi forti, politici ed economici, che hanno reso grandi i Casalesi.

Come ad esempio il clan Sarno-Mazzarella, gruppo referente della camorra non solo a Napoli, ma anche, e soprattutto, nel Lazio, lungo il litorale. Secondo gli inquirenti, è ipotizzabile anche la nascita di alleanze. Al fine proprio di soppiantare gli altri clan presenti sul territorio campano. Uno scenario che non è affatto trascurabile e che potrebbe portare a lotte interne, di fazioni diverse. Non è da escludere, ad esempio, che possa ripresentarsi lo scenario che si era prospettato alcuni anni fa, precisamente nel 2008, quando i clan napoletani Sarno, Misso e Mazzarella erano giunti a un’alleanza (o per lo meno a uno stato di non belligeranza) per contrastare proprio le famiglie dell’Alleanza di Secondigliano. O come accadde con i Di Lauro nella ormai famosa “faida di Scampia”.

Nessuna ipotesi, dunque, è da sottovalutare. Anche perché l’impero costruito dai Casalesi è un impero economico di proporzioni decisamente vaste. Nato dal kalashnikov e dalle stragi di sangue e che ora, invece, si alimenta con appalti, traffici e corruzione.

L’arresto di ieri, dunque, ha smantellato un sistema costruito ad hoc e mantenuto con una politica imprenditoriale che poteva contare, anche e soprattutto, sulle connivenze politiche. E a riguardo – lo sappiamo bene – i Casalesi erano imbattibili. Non è da escludere, allora, che anche gli altri clan intendano imboccare la stessa strada per assumere quel controllo che li renderebbe degni del periodo post Casalesi. Semmai ci sarà.