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“Bandiera Isis a Roma? Siamo pronti a combattere in Libia”: il Ministro degli Esteri suona la carica

“Non possiamo accettare che a poche miglia da noi ci sia una minaccia terroristica attiva”, ha spiegato il Ministro degli Esteri Paolo Gentiloni. Il problema è molto serio: l’avanzata dell’Isis in Libia è un dato di fatto, tanto che i nostri connazionali residenti lì sono stati richiamati a casa. La Sicilia dista solo poche centinaia di miglia dalle coste libiche e le minacce dei terroristi continuano: “Porteremo la bandiera dell’Isis a Roma”. Pronta la replica dell’Italia: “Siamo pronti a combattere”. Ecco cosa sta succedendo.

 

L’Italia è pronta a combattere, nel quadro della legalità internazionale“. La dichiarazione del Ministro degli Esteri Paolo Gentiloni è arrivata ai microfoni di Sky TG24.

Nelle ultime ore la situazione si è fatta incandescente e il paese è di fatto fuori controllo: i jihadisti dell’Isis hanno anche conquistato la città di Sirte, importante centro strategico della Libia.

I proclami Isis sono farneticazioni che non vanno sottovalutate”, ha ribadito il ministro Gentiloni, che “sostiene la mediazione dell’Onu” ma fino a un certo punto. “Se non riusciamo nella mediazione, credo che bisogna porsi il problema, con le Nazioni Unite, di fare qualcosa di più“.

Fino’ora la minaccia terroristica era abbastanza circoscritta alla città costiera di Derna e in alcune zone del sud, ma ora dopo la conquista di Sirte da parte dell’Isis, la situazione si sta deteriorando” ha continuato il ministro, secondo cui “non possiamo accettare che a poche ore di navigazione dall’Italia ci sia una minaccia terroristica attiva“.

La Sicilia e Lampedusa sono a un tiro di schioppo (o di missile) dalla Libia: l’isola dove sbarcano i migranti in fuga dista appena 200 miglia marine da Tripoli, la capitale libica sotto assedio da giorni.

“Per ora sono farneticazioni propagandistiche quelle che parlano della bandiera dell’Isis su San Pietro, ma sono farneticazioni che non possiamo sottovalutare”, ha concluso Gentiloni. Tanto è vero che durante la giornata di ieri la Farnesina, insieme con i servizi e la Difesa, ha pianificato degli incontri per valutare la fattibilità di mantenere aperta l’ambasciata italiana a Tripoli. La stessa Ambasciata ha rivolto un appello a tutti i nostri connazionali di lasciare il Paese perchè “nessuno può più sentirsi al sicuro”. E secondo fonti ben informate “la chiusura della sede diplomatica dovrebbe essere ormai questione di ore”.

La conquista di Sirte, a 500 chilometri a est di Tripoli, da parte dell’Isis rappresenta un segnale di pericolo assoluto: è proprio questo che ha scatenato la “grande fuga” dal paese.

Già nei giorni scorsi si era espresso anche il Premier Renzi riguardo alla questione libica, usando toni molto duri e allarmistici e definedo la Libia come la “nuova Somalia”: “Il problema più importante è la Libia, il 97% degli sbarchi che arrivano da noi proviene dalla Libia. La mancanza di controllo politico della Libia è un problema enorme”. A fargli eco il Ministro Gentiloni: “Dalla Libia sono arrivati sulle nostre coste 132.000 rifugiati dei 162.000 totali arrivati in Italia: ecco perchè è necessario fermare le violenze, per evitare che il Paese sprofondi nuovamente nella guerra civile”.

Come racconta l’Huffpost, “l’avanzata delle milizie di al-Baghdadi sembra inarrestabile: dopo aver conquistato Derna, i guerriglieri dell’Isis si sono insediati nella regione di Bengasi. Poi, continuando la marcia verso ovest, nella zona di Sirte e quindi di Misurata, quella che fino a poco tempo fa era un vitale centro di commerci e di affari anche per gli stranieri. Infine, scavalcata, almeno per ora, la capitale Tripoli, truppe di jihadisti hanno occupato Sabrata e, infine, il porto di Harat az Zawiyah, ai tempi di Gheddafi scalo di una certa importanza per le rotte petrolifere verso la Turchia e l’Asia. Quello che si sta imponendo è un Califfato a 800 chilometri di mare dalle coste italiane. Oggi, dallo specchio di mare che va da Sabrata fino a Zawiyah e di lì fino a Zuara, piccolo porticciolo di pescatori, partono quasi tutte le imbarcazioni di migranti diretti a Lampedusa, verso la Sicilia o verso Malta. Ed è proprio dalle aree controllate dalle milizie fedeli all’Is che è sono partiti i gommoni inabissatisi nel Mediterraneo con quel carico di umanità sofferente”.

Ma la situazione è drammatica in tutta l’area mediorentale, tanto è vero che l’ambasciata italiana nello Yemen è già stata chiusa, come riporta un comunicato ufficiale del Ministero: “Il Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale ha deciso la chiusura temporanea dell’Ambasciata d’Italia a Sana’a a seguito del precipitare degli eventi nel paese e del progressivo aggravarsi delle condizioni di sicurezza. La decisione è stata presa nel quadro di un coordinamento internazionale che ha portato diversi paesi a chiudere le loro Ambasciate. L’Ambasciatore Galli e tutto il personale stanno facendo rientro in Italia in sicurezza in queste ore. Il Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale auspica che gli sforzi di mediazione condotti dall’Inviato delle Nazioni Unite Jamal Benomar permettano al più presto il ripristino delle condizioni di sicurezza necessarie al ritorno in Yemen del personale delle rappresentanze diplomatiche che hanno lasciato il paese”.

Iraq, Siria, Yemen, Libia. Il sud del Mediterraneo è diventato territorio Isis. E dall’Italia si può anche vedere la bandiera nera sventolare.

Siamo pronti a combattere.

TANK SIRIANI INGAGGIANO UNA DURISSIMA BATTAGLIA CONTRO L’ISIS – GUARDA IL VIDEO