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Expo 2015, relazione al Parlamento del 2013 già parlava di “massiccia infiltrazione di imprese mafiose”

Expo 2015

Nella relazione alla Commissione parlamentare, presentata da Francesco Paolo Tronca lo scorso dicembre 2013, già si dava per acquisito l’ingresso dei clan nei lavori dell’Expo 2015, come scriveva Il Fatto Quotidiano. Perchè solo ora si accorgono del danno fatto e procurato? Perchè hanno lasciato che le mafie avessero vita facile e ora cercano di mettere qualche pezza qua e là?

 

Infiltrazioni mafiose in Expo. Per la prima volta e in maniera diretta le ha svelate il Prefetto di Milano Francesco Paolo Tronca il 14 dicembre 2013 davanti alla Commissione parlamentare antimafia, quando davanti al presidente Rosi Bindi ha parlato esplicitamente “di una tendenza, che si sta delineando e sempre più consolidando, di una penetrazione nei lavori Expo di imprese contigue, se non organiche alla criminalità organizzata”. Un dato di cronaca che secondo il capo dell’antimafia milanese Ilda Boccassini diventa, oggi, un vero e proprio allarme. “In mancanza di opportuni controlli – dice il magistrato ai deputati e senatori – e in considerazione del tempo ormai limitato che separa la situazione attuale da Expo 2015 è molto forte il rischio di infiltrazioni da parte delle associazioni mafiose”.

Quando il magistrato milanese parla di monitoraggi si riferisce, soprattutto, agli episodi d’intimidazione, registrati nelle inchieste passate e in particolar modo in Crimine-Infinito del 2010. Sarà quindi creata una grande banca dati dentro la quale confluiranno le segnalazioni della polizia giudiziaria “relative alle imprese operanti negli appalti e nei sub-appalti pubblici”. Questo orientamento ha portato, nell’aprile 2013, alla firma di un protocollo d’intesa “finalizzato alla realizzazione del monitoraggio”.

E che l’Esposizione universale resti un obiettivo primario delle cosche, lo dimostrano i numeri snocciolati dal Prefetto sempre davanti alla commissione parlamentare. Alla data del 14 dicembre 2013 sono stati trattati 2.171 fascicoli tutti inerenti ad attività legate all’Expo. Di questi ben 506 solo nell’ultimo quadrimestre. Mentre sulla cifra totale, 1.702 sono relativi a lavori per la realizzazione delle opere di Expo o direttamente collegate. Il risultato di tutto questo monitoraggio sta in 29 interdittive antimafia, in 10 interdittive atipiche (che non implicano l’immediata estromissione dell’azienda dai lavori), 6 bocciature per l’iscrizione alla White List e una cancellazione. Cifre che dimostrano quanto l’attenzione debba sempre restare altissima. Da qui il dato di un’infiltrazione già in atto. E questo senza che ad oggi un’inchiesta giudiziaria abbia ancora fotografato lo stato dell’arte.

Da qui, prosegue il Prefetto, la necessità “di un approfondito esame dei rapporti societari e d’affari delle imprese per le quali emergono criticità”. Una necessità primaria perché “spesso la trama dei rapporti d’affari esistenti tra le imprese non appaiono subito evidenti”. Tanto più, ragiona sempre Tronca, “che molte società per le quali stanno ora emergendo criticità antimafia non risultano censite dalle Prefetture competenti per territorio”. Il che significa una sola cosa: “In maniera elusiva, le imprese colluse hanno sempre lavorato in una zona grigia” in modo “da sottrarsi alla richiesta d’informazioni antimafia”.

La tendenza segnalata dal Prefetto diventa poi un dato di cronaca quando si parla delle opere “non inerenti la realizzazione del sito espositivo” ma “delle opere connesse” per la natura dei cantieri “difficilmente controllabili”. Su questa linea l’allarme rosso riguarda i lavori della Tem (Tangenziale esterna di Milano). L’opera pubblica, ad oggi, detiene il record delle aziende interdette. Sette nell’ultimo periodo, oltre a due già segnalate. Nove in totale.

Dopo mesi di ipotesi e scenari, oggi il binomio Expo-crimine organizzato diventa cronaca. Con un occhio di riguardo per gli interessi della ‘ndrangheta, la mafia su cui fissa la sua attenzione il procuratore aggiunto Ilda Boccassini e che nella sua relazione ai parlamentari definisce come una struttura caratterizzata da “un’anarchia organizzata” capace di intrattenere relazioni interne e soprattutto esterne con il mondo politico, imprenditoriale e giudiziario.

Insomma, in attesa di risvolti penali e dato per certa, ormai, l’infiltrazione in atto, il caso Expo, oltre agli interessi delle cosche, inizia a mostrare falle anche sul fronte della corruzione. Ad oggi, infatti, risulta indagato Dario Comini, funzionario di Metropolitana milanese, nonché incaricato da Expo spa di coordinare la sicurezza nel cantiere dell’esposizione universale. Secondo la Procura di Milano ha incassato alcuni benefit da parte del direttore lavori della Cmc (società di Ravenna che ha vinto l’appalto per la rimozione delle frequenze) Lorenzo Fiorentino. Comi avrebbe avuto “in uso personale ed esclusivo” un’Alfa Romeo Giulietta, una scheda carburante impiegata per circa 4mila euro e un apparato telepass su cui sono stati spesi 358 euro.

Tutto scritto già da mesi. Ma per il signor Premier Renzi l’emergenza è iniziata solo ieri l’altro. Quando avremo un Presidente del Consiglio degno di questo nome, che sia sveglio e preparato?